franz ha scritto:Per quanto riguarda la polverizzazione delle imprese continuo a ritenere che LA causa sia quella e avevo letto a questo proposito che c'era un abnorme addensamento di aziende attorno a 12, 13, 14 dipendenti (indipendentemente dal fatto che la media generale sia 4) mentre molte di meno ne hanno 10, 11, 16 o 17. Tipico effetto causato da una soglia. Le soglie hanno sempre effetti strani sul comportamento, soprattutto se uno pensa che sia negativo superarla.
che la dimensione media sia di 4 addetti è il risultato del fatto che il 95% delle nostre imprese rientra nella categoria della micro impresa (<10 addetti). all'interno di quetsa categoria la dimensione media è di circa 3 addetti.
ora come si possa ritenere che quetsa condizione sia determinata dallo Statuto dei Lavoratori rimane un mistero, visto che è difficile sostenere che un impresa per evitare di superare la soglia di 15 dipendenti decida di rimanere con 3 addetti.
per quanto riguarda la categoria 10-19 addetti , questa rappresenta poco più del 3% del totale delle imprese nel 2007 (in valiori assoluti, poco meno di 150 mila imprese su quasi 4,5 milioni) con uan dimensione media intorno ai 13 dipendenti.
ora di tutte quelle che sono appena sotto la soglia quante ci rimangono a causa dello Statuto dei lavoratori?
non possono esserci altre cause?
non può essere che per molte imprese quella sia la loro dimensione ideale?
che per crescere debbano affrontare investimenti cospicui?
per es. un azienda manifatturiera con 13 dipendenti, per poter passare a 16 dipendenti potrebbe aver necessità di investimenti elevati che per essere fatti richiederebbero un aumento del fattura consistenete e ragionevolmente durevole nel tempo.
oppure un proprietario di un albergo di Roma che impiega 14 dipendenti, lo potrebbe fare perchè la struttura a sua disposizione non gli consente di impiegarne di più e un'aumento dei suoi dipendenti vorrebbe dire l'apertura di un altro albergo (un investiemnto che va attentamente valutato).
franz ha scritto:I casi per me veri di reintegro sono rari e sono casi che normalmente sono molto gravi e rari (es sindacalisti, casi di mobbing). Invece noto che ci sono mi pare quasi un milione di cause pendenti in tema di lavoro (non tutte riguardano il licenziamento, naturalmente) e che il tempo medio è piu' di due anni: 898 giorni in primo grado e 911 in appello. (vedere
http://www.istat.it/salastampa/comunica ... lavoro.pdf )
Da notare che emerge da quelle statistiche un grande contenzioso al centro-sud e soprattutto nel pubblico impiego.
Quelle sulla fine rapporto sono alcune migliaia ogni anno. Tutti sindacalisti licenziati da padroni con le braghe bianche?
Tutti padroni che si svegliano la mattina col piede storto e licenziano a caso, cosi' per divertirsi?
guardo velocemente i dati che hai indicato e vedo, come riporti anche tu, che i contenziosi per fine rapporto sono, nel 2004, qualche migliaio.
di questi quelli riconducibili a imprese con più di 15 dipendenti sono solo una parte, e mi viene da chiedere dove sono tutte queste storture dell'obbligo di reintegro. un migliaio o poco più di cause imputabili, ogni anno, a imprese sopra la soglia su i milioni di rapporti di lavoro che esse hanno nello stesso periodo, che distorsione generano al sistema?
tenendo conto poi che non è che i giudici diano sempre ragione al lavorotore.
certo che i datori di lavoro non licenziano tanto per divertirsi, ma non è che licenziano solo perchè trovano sempre un Giovanni migliore di un Pippo o perchè hanno sempre una giusta causa.
franz ha scritto:Chango si domanda: qual è il messaggio che si lancia? aziende fate come volete con il vostro personale che intanto dei costi dei vostri comportamenti se ne fa carico la collettività?
Non è la collettività. Essenzialmente tutti sistemi di sussidio di disoccupazione sono pagati del mondo del lavoro stesso, quindi dai lavoratori e dai datori di lavoro, normalmente in parti uguali, tramite aliquote di prelevio sullo stipendio lordo (che alla fine è come dire che fisicamente è la ditta che paga). Eventualmente gli stati intervengono in periodi di crisi a ripianare gli eventuali debiti che il sistema (tra premi incassati e prestazioni erogate) dovesse generare.
Diciamo quindi che le aziende non è che ci possano poi marciare su molto e licenziano una persona solo se è strettamente necessario. Proprio perché sanno che non ci sono pasti gratis (non sono finiti! Non ci sono mai stati) e che un eccesso di licenziamenti si riflette poi sugli oneri da pagare all'interno del costo del lavoro.
In Italia mi pare che tuttavia il sistema generi costi ben piu' elevati, visti che la conflittualità costa (i tribunali che devono smaltire le causa non sono gratis) e che i tempi di definizione della pratica arrivano fino a 1020 giorni nel meridione.
il problema è cosa significa per un'azienda un licenziamento strettamente necessario.
e perchè di un costo evitabile si deve fare carico il sistema.
franz ha scritto:Ricordo le parole di un sindacalista, legge su un giornale ai tempi della commissione Onofri, rispetto all'ipotesi di introdurre anche in Italia i sussidi di disoccupazione come in germania, UK, Francia etc in cambio di una minore tutela dei licenziamenti. Lui disse che il mondo sidacale preferiva la protezione del licenziamento e non avere sussudi di tipo europeo. Ebbene, della commissione Onofri, istituita da Prodi, non se ne fece nulla. Se oggi il lavoro continua a mancare ed è inoltre estremamente precario per una grande parte di lavoratori, mentre è molto piu' rigido dall'altra parte e se mancano in Italia quegli ammortizzatori che ci sono altrove (a pare la CIG che anche qui è solo per alcune categorie e quindi non essendo universale è una forma di protezionismo) tutto questo è causato anche da scelte sbagliate (ideologiche e protezionistiche) come quelle. Ed anche da tutto il resto che ho già elencato.
Franz
questo non implica che ci debba essere necessariamente una scelta.
non c'è nulla che impedisca la coesistenza dell'obbligo di reintegro con la presenza di ammortizzatori sociali di livello europeo.
perchè si deve accettare uno scambio senza che vi sia una ragione plausibile?
capirei se si proponesse uno scambio CIG con un vero sussidio di disoccupazione, ma perchè il reintegro?
quel è il nesso logico?