La Comunità per L'Ulivo, per tutto L'Ulivo dal 1995
FAIL (the browser should render some flash content, not this).

Il lavoro

Forum per le discussioni sulle tematiche economiche e produttive italiane, sul mondo del lavoro sulle problematiche tributarie, fiscali, previdenziali, sulle leggi finanziarie dello Stato.

Re: Il lavoro

Messaggioda pierodm il 16/08/2010, 15:05

Tutto quello che le sostanzialmente due parti in conflitto su questo tema potevano dire è stato detto.

Io con ogni evidenza sto dalla parte di chi dice che lo Statuto non è certamente la causa principale dei mali dell'imprenditoria italiana, e nemmeno tra le prime cinque o dieci, e per la verità nemmeno che sia un male.
Quello che noto è che dal tema "il lavoro" si sia riusciti - come al solito - a spostare il discorso su una contrapposizione degna dei discorsi al bar tra affaristi di mezza tacca: l'equivalente "imprenditoriale" di quelli che in fila alla posta si lamentano che non ci sono più le mezze stagioni.

Io proporrei anche di lasciare da parte le esemplificazioni con la Germania e altri paesi europei, se dev'essere fatta nel modo in cui è stata fatta: se non altro perché la diversità tra l'imprenditoria italiana e quella germanica era notevole in qualità, vocazione e quantità già qualche secolo prima che qualcuno cominciasse solo a immaginare uno Statuto dei lavoratori.
Discorso analogo vale per il tema dell'emigrazione.

Infine, per essere sicuro della pallosità del mio post, voglio riportare un brano molto breve dell'intervista di Vendola sull'Unità, e un altro dall'articolo di Zucconi su Obama.

Vendola - Se anche un grande realista come Alfredo Reichlin invita a un nuovo, più alto orizzonte, a una nuova antropologia e ci domanda se interessi ancora la sinistra come nicchia e bottega o se non di debba piuttosto riprendere in mano la missione per il destino di un paese... E invece qual è la discussione oggi: chi tra i protagonisti della politica sia vecchio e chi nuovo? La domanda è un’altra: come si fa a liberare il castello dalla presenza ingombrante del sovrano senza misurarsi col guasto morale che infetta tutto il regno? E come si chiude il ciclo del berlusconismo: con un colpo di palazzo o di teatro, o piuttosto con un rendiconto, anche aspro, su ciò che è accaduto nella società?

Zucconi - In un momento orribile per la sua popolarità che comincia ad avvicinare gli abissi della "zona Bush" e dunque per le fortune del Partito Democratico avviato a una mazzata elettorale storica in novembre, prudenza, opportunismo e astuzia gli avrebbero dovuto consigliare silenzio, su una vicenda che non riguarda direttamente la Casa Bianca e dalla quale lui non ha nulla da guadagnare e dunque tutto da perdere....
...La sua storia personale, la sua natura, la sua aspirazione a essere un leader etico e non soltanto un amministratore, gli ha impedito di guardare dall'altra parte come i suoi stessi consigliori gli raccomandavano. La sua è esclusivamente una religione civile, una fede nell'America della storia e della Costituzione come soltanto i cittadini di prima generazione, quale lui è, e di minoranza etnica che hanno conosciuto il sapore amaro della marginalizzazione, coltivano. Quando l'occasione per un discorso alto, nobile, laico, come sempre magnificamente pronunciato, si presenta, non sa resistere.


Queste sono le differenze vere, con ricadute politiche, tra nazioni e tra culture "liberali".
Non i discorsi al bar tra affaristi di mezza tacca, che pure ci sono dappertutto e dappertutto votano.
pierodm
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 1996
Iscritto il: 19/06/2008, 12:46

Re: Il lavoro

Messaggioda franz il 16/08/2010, 18:48

pierodm ha scritto:Io proporrei anche di lasciare da parte le esemplificazioni con la Germania e altri paesi europei, se dev'essere fatta nel modo in cui è stata fatta: se non altro perché la diversità tra l'imprenditoria italiana e quella germanica era notevole in qualità, vocazione e quantità già qualche secolo prima che qualcuno cominciasse solo a immaginare uno Statuto dei lavoratori.
Discorso analogo vale per il tema dell'emigrazione.

Possiamo lasciar perdere tutto (tanto a cosa serve?) ma chi vuole emigrare (persone e società) lo fanno lo stesso.
Ma una volta lasciato perdere tutto (l'europa, la germania, perché siamo troppo diversi) cosa ci rimane, che soluzioni ci sono sul tavolo? Io non ne leggo nemmeno una, qui. E se veramente gli altri paesi sono cosi' diversi, perché mai a milioni di italiani vogliono andarci a lavorare? Ed in questi decenni, la diversità è aumenta o dimunuita? Perché non abbiamo milioni di americani, tedeschi, francesi, inglesi, che vendono a cercare lavoro in Italia? Forse che oltre alla diversità (che dice poco) dovremmo anche vedere chi sta meglio e chi sta peggio?
Per quanto riguarda il lavoro, l'Italia è un eldorado?
Possiamo migliorare? Come?
E forse che chi propone di lasciar perdere il confronto con chi sta meglio (teso migliorare la nostra situazione) e non propone nulla è perché tutto sommato critica questo sistema ma ci è affezionato o teme il cambiamento; teme che peggiori e quindi meglio che non cambi nulla. Io vedo che in 20 anni la Cina ha voluto cambiare, con un'inversione di marcia di 180 gradi ed ora marcia per superare giappone (forse questo anno) ed USA, nei prossimi. Quindi cambiare si puo' (e non ditemi che la Cina non poteva anche lei usare la scusa che sono diversi, che il confronto non si puo' fare...).

Cambiare si puo', se si vuole.
Ma a sinistra ci sono troppi conservatori.
Questo è chiaro, anche leggendo questo thread.

Franz
“Il segreto della FELICITÀ è la LIBERTÀ. E il segreto della Libertà è il CORAGGIO” (Tucidide, V secolo a.C. )
“Freedom must be armed better than tyranny” (Zelenskyy)
Avatar utente
franz
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 22077
Iscritto il: 17/05/2008, 14:58

Re: Il lavoro

Messaggioda annalu il 16/08/2010, 19:11

franz ha scritto: E se veramente gli altri paesi sono cosi' diversi, perché mai a milioni di italiani vogliono andarci a lavorare?

La risposta mi sembra ovvia: proprio perché sono così diversi, molti desiderano andarsene dall'Italia. E sempre per lo stesso motivo pochi stranieri vengono a lavorare in Italia da democrazie avanzate, dove la vita e le condizioni di lavoro sono ben diverse (e migliori).
franz ha scritto: Possiamo migliorare? Come?

Ovvio che possiamo migliorare, e credo che qui ciascuno di noi abbia chiarito quali sono i punti che considera cruciali al miglioramento. Tu privilegi l'abolizione dell'art.18, che pensi il fattore primario a disincentivare l'imprenditoria italiana.
Io personalmente non desidero fare un feticcio dell'art.18, ma in nessun senso. Penso che lo Statuto dei Lavoratori debba venir aggiornato, ma penso anche che la competitività del paese non si migliori se si guarda solo al costo del lavoro. Penso che prima vengano i problemi legati alla mafia ed alla criminalità organizzata in genere (che rappresenta oltretutto un grosso balzello che si aggiunge agli altri balzelli italici), poi le incertezze burocratiche legate all'uso sistematico della raccomandazione e del privilegio, infine il forte cuneo fiscale, e solo in ultimo la rigidità sindacale, che finisce con l'arroccarsi sulla difesa di privilegi, non riuscendo a far valere i veri diritti.

Che a sinistra ci siano parecchi conservatori (ed anche "rivoluzionari" velleitari) è certo vero, ma come mai non vedi anche i reazionari della destra (che se fossero solo conservatori il dialogo sarebbe possibile)?

annalu
annalu
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 1387
Iscritto il: 17/05/2008, 11:01

Re: Il lavoro

Messaggioda franz il 16/08/2010, 19:42

annalu ha scritto:Ovvio che possiamo migliorare, e credo che qui ciascuno di noi abbia chiarito quali sono i punti che considera cruciali al miglioramento. Tu privilegi l'abolizione dell'art.18, che pensi il fattore primario a disincentivare l'imprenditoria italiana.

No, veramente (e devo stranamente ripeterlo per la terza volta) le cause sono tante (e le ho elencate qui) e l'art 18 era stato introdotto da me solo come esempio sbagliato di regolamentazione, insieme all'equo canone. Si parlava di leggi che pongono vincoli all'ingresso o all'uscita dei nuovi soggetti o impongono prezzi al di fuori delle leggi di mercato. Ma anche l'art 18 (tanto discusso e contestato ed oggetto di un referendum fallito - non ha raggiunto il quorum ma i favorevoli erano comunque piu' dell'80%) ha avuto il suo impatto e sarebbe strano negare che una legge tanto importante non lo abbia avuto. Ora capisco che a sinistra, soprattutto quella piu' radicale, ci siano totem e tabu sul lavoro, ma prima o poi ogni legge, dopo 40 anni, va aggiornata e non sono pochi coloro che indicano nella soglia dei 15 dipendenti un errore che ancora oggi il sistema industriale italiano paga. E sarebbe un errore anche una soglia di 20, 50, 2500 oppure 7. Dovrebbe essere - per me - una disposizione uguale per tutti. In teoria mi va bene che la stessa norma valga per tutti. O tutti licenziabili o nessuno. Ma se qualcuno sostiene che è assurda o inadatta una soglia per le piccole aziende (15 dip) allora per me è assurda o inadatta per tutte.
Quindi niente soglia, secondo me.

Io comunque sono ancora fermo qui ed attendo risposte.

Franz
“Il segreto della FELICITÀ è la LIBERTÀ. E il segreto della Libertà è il CORAGGIO” (Tucidide, V secolo a.C. )
“Freedom must be armed better than tyranny” (Zelenskyy)
Avatar utente
franz
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 22077
Iscritto il: 17/05/2008, 14:58

Re: Il lavoro

Messaggioda chango il 16/08/2010, 21:22

franz ha scritto:
annalu ha scritto:Ovvio che possiamo migliorare, e credo che qui ciascuno di noi abbia chiarito quali sono i punti che considera cruciali al miglioramento. Tu privilegi l'abolizione dell'art.18, che pensi il fattore primario a disincentivare l'imprenditoria italiana.

No, veramente (e devo stranamente ripeterlo per la terza volta) le cause sono tante (e le ho elencate qui) e l'art 18 era stato introdotto da me solo come esempio sbagliato di regolamentazione, insieme all'equo canone. Si parlava di leggi che pongono vincoli all'ingresso o all'uscita dei nuovi soggetti o impongono prezzi al di fuori delle leggi di mercato. Ma anche l'art 18 (tanto discusso e contestato ed oggetto di un referendum fallito - non ha raggiunto il quorum ma i favorevoli erano comunque piu' dell'80%) ha avuto il suo impatto e sarebbe strano negare che una legge tanto importante non lo abbia avuto. Ora capisco che a sinistra, soprattutto quella piu' radicale, ci siano totem e tabu sul lavoro, ma prima o poi ogni legge, dopo 40 anni, va aggiornata e non sono pochi coloro che indicano nella soglia dei 15 dipendenti un errore che ancora oggi il sistema industriale italiano paga. E sarebbe un errore anche una soglia di 20, 50, 2500 oppure 7. Dovrebbe essere - per me - una disposizione uguale per tutti. In teoria mi va bene che la stessa norma valga per tutti. O tutti licenziabili o nessuno. Ma se qualcuno sostiene che è assurda o inadatta una soglia per le piccole aziende (15 dip) allora per me è assurda o inadatta per tutte.
Quindi niente soglia, secondo me.

Io comunque sono ancora fermo qui ed attendo risposte.

Franz


veramente sull'articolo 18 e sullo Statuto dei lavoratori hai fatto affermazioni un "pochino" più azzardate, senza portare evidenze empiriche delle tue affermazioni.
hai per esemipo ritenuto lo Satuto dei lavoratori come LA causa della ridotta dimensione delle aziende.
altre cause non ne hai indicate se non nello spirito santo, mi pare.

per quanto riguarda le risposte che attendi, quel tuo post è talmente generale che non può essere che condiviso in larga parte.
il problema è che tu sembri ritenere qualunque forma di protezione come protezionismo.
l'obbligo di reintegro in caso di licenziamento illegittimo non impedisce nulla di quelle liberalizzazioni e riforme del welfare che ritieni necessarie.
non è incompatibile con quantio indichi e non si vede perchè debba essere considerato come una specie di merce di scambio: ti do il sussidio di disoccupazione se rinunci all'obbligo di reintegro.
perchè?
perchè il lavoratore non dovrebbe riottenere il posto di lavoro che ha illegittimamente perso?
solo perchè l'azienda non vuole?
qual è il messaggio che si lancia?
aziende fate come volete con il vostro personale che intanto dei costi dei vostri comportamenti se ne fa carico la collettività?
ma i pasti gratis non dovevano essere finiti?
chango
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 656
Iscritto il: 30/12/2008, 13:06

Re: Il lavoro

Messaggioda Robyn il 16/08/2010, 21:36

Non è vero che in Italia il lavoro è rigido.In Italia è possibile licenziare per giusta causa ,non è possibile licenziare senza giusta causa.Nella giusta causa il ccnl prevede che si possa licenziare per litigio,scarso impegno nel lavoro,furto e assenteismo.Non è vero che se un'azienda naviga in brutte acque non si possa licenziare.Il ccnl prevede che in caso di crisi permante che comporta esuberi,si possano gestire gli esuberi con il reimpiego su un'alta azienda con la formazione etc altrimenti non sarebbe stato possibile gestire gli esuberi Telecom.Se invece la crisi aziendale è temporanea c'è la cassa integrazione.Anche la flessibilità nell'orario di lavoro"7,9 ore" permette di gestire le crisi temporanee e permette un minor utilizzo della cassa integrazione a patto che il reddito sia lo stesso.Il problema sorge se uno va via da un'azienda ed ha ore da recuperare.In quel caso non si deve niente così come non si deve niente nel caso che la perdita di lavoro non dipenda dal lavoratore,perche i lavoratori acconsentono ad una regolata flessibiltà del lavoro e non possono stare a pagare anche gli imprenditori.Basta semplicemente applicare il contratto collettivo nazionale
PS Ho perso il manuale del ccnl e non ne trovo un'altro.Questo manuale è importante affinche i lavoratori si rendano conto dei loro diritti e dei loro doveri.Un tempo c'era Marx che diceva "lavoratori di tutto il mondo unitevi".Oggi c'è Pannella che dice "lavoratori di tutto il mondo svegliatevi che vi stanno fregando" Ciao Robyn
Locke la democrazia è fatta di molte persone
Avatar utente
Robyn
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 11370
Iscritto il: 13/10/2008, 9:52

Re: Il lavoro

Messaggioda pierodm il 16/08/2010, 22:11

Io proporrei anche di lasciare da parte le esemplificazioni con la Germania e altri paesi europei, se dev'essere fatta nel modo in cui è stata fatta: se non altro perché la diversità tra l'imprenditoria italiana e quella germanica era notevole in qualità, vocazione e quantità già qualche secolo prima che qualcuno cominciasse solo a immaginare uno Statuto dei lavoratori:questo avevo detto.
Lasciare da parte le esemplificazioni, se sono fatte come sono state fatte: non in assoluto, ma solo se fatte in un determinato modo - il modo che ho sintetizzato nelle righe successive.
Quindi aggiungo: lasciamo da parte anche queste capziose lamentazioni fondate su una lettura a dir poco approsimativa di ciò che è stato detto.

Quanto al fatto che sia da considerare iniqua una norma che fissa una soglia (i famosi 15 dipendenti) siamo ovviamente d'accordo: ma nel senso che le garanzie dovrebbero essere estese a tutti, sia pure calibrandone bene la casistica e le modalità di applicazione.
Una volontà questa che però non mi era affatto sembrata evidente nel corso della discussione, nella quale invece si tessevano le lodi dell'abolizione della "rigidità", ossia della possibilità di licenziamento libero e senza vincoli, questo sì esteso a tutti senza tante distinzioni.

In ogni caso, non basta ammassare insieme in poche righe una serie di paragoni e di esempi su come sono organizzate le cose in altri paesi e continenti, per dire di "aver proposto soluzioni": queste sono chiacchiere, magari anche interessanti, ma da considerare chiacchiere nel momento in cui hanno la pretesa appunto di essere "soluzioni".
Soluzioni sarebbero - eventualmente - quelle legate alla specificità del caso, che tengano conto di tutte le variabili reali del paese reale, e della natura reale dei diversi attori politici ed economici.
Per esempio, il fenomeno enorme del lavoro nero e dell'evasione fiscale, e dell'economia sommersa, in Italia, sta a significare che esiste una vasta area imprenditoriale assolutamente svincolata dalle rigidità sindacali e da qualunque statuto di chicchessia: vogliamo dire che questo genere d'imprenditoria sia più vitale, più qualitativamente selettiva, più "laica ed europea" di quella emersa e regolata (quella che ancora esiste come tale)?
Nel sud dominato dalle mafie e dal caporalato possiamo immaginare cosa diventa una deregulation in materia di diritti: semplicemente una legittimazione di ciò che già adesso, anzi da sempre, è una sistematica illegalità, una schiacciante prevaricazione.
Immaginare di proporre "soluzioni" settoriali, senza tener conto dell'intero "sistema Italia", significa fare l'ennesimo esercizio vano che in tanti hanno fatto - in perfetta buona fede - nella prima repubblica.
Non esiste, per esempio, sistema economico "laico ed europeo", sia cattolico sia protestante, che possa coesistere con una giustizia civile che ha tempi decennali di funzionamento, cioè praticamente inutilizzabile.
pierodm
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 1996
Iscritto il: 19/06/2008, 12:46

Re: Il lavoro

Messaggioda franz il 17/08/2010, 9:29

chango ha scritto:veramente sull'articolo 18 e sullo Statuto dei lavoratori hai fatto affermazioni un "pochino" più azzardate, senza portare evidenze empiriche delle tue affermazioni.
hai per esemipo ritenuto lo Satuto dei lavoratori come LA causa della ridotta dimensione delle aziende.
altre cause non ne hai indicate se non nello spirito santo, mi pare.

per quanto riguarda le risposte che attendi, quel tuo post è talmente generale che non può essere che condiviso in larga parte.
il problema è che tu sembri ritenere qualunque forma di protezione come protezionismo.
l'obbligo di reintegro in caso di licenziamento illegittimo non impedisce nulla di quelle liberalizzazioni e riforme del welfare che ritieni necessarie.
non è incompatibile con quantio indichi e non si vede perchè debba essere considerato come una specie di merce di scambio: ti do il sussidio di disoccupazione se rinunci all'obbligo di reintegro.
perchè?
perchè il lavoratore non dovrebbe riottenere il posto di lavoro che ha illegittimamente perso?
solo perchè l'azienda non vuole?
qual è il messaggio che si lancia?
aziende fate come volete con il vostro personale che intanto dei costi dei vostri comportamenti se ne fa carico la collettività?
ma i pasti gratis non dovevano essere finiti?

Per quanto riguarda la polverizzazione delle imprese continuo a ritenere che LA causa sia quella e avevo letto a questo proposito che c'era un abnorme addensamento di aziende attorno a 12, 13, 14 dipendenti (indipendentemente dal fatto che la media generale sia 4) mentre molte di meno ne hanno 10, 11, 16 o 17. Tipico effetto causato da una soglia. Le soglie hanno sempre effetti strani sul comportamento, soprattutto se uno pensa che sia negativo superarla.

Per quanto riguarda il mio post in cui ho fatto il punto, sarà talmente generale ma è già positivo che sia condiviso nei suoi termini generali.
Ovviamente (lo dico a Piero) non contiene soluztioni operative ma un percorso, una serie di obbietitvi generali.
Condivisibili o no. O ci possono essere altre proposte generali alternative, che attendo.

Per quanto riguarda il protezionisimo, ritengo che ogni individuo vada protetto ma se è una categoria intera (che siano tassisti o metalmeccanici o lavoratori del pubblico impiego, che sono i piu' illicenziabili, direi che in linea di principio dovrebbe essere lo stesso) allora è protezionismo. Il singolo lavoratore ha diritto al reintegro in caso di licenziamento illegittimo ma se è solo una categoria (quelli che lavorano in aziende di una certa dimensione) allora è protezionismo. I casi per me veri di reintegro sono rari e sono casi che normalmente sono molto gravi e rari (es sindacalisti, casi di mobbing). Invece noto che ci sono mi pare quasi un milione di cause pendenti in tema di lavoro (non tutte riguardano il licenziamento, naturalmente) e che il tempo medio è piu' di due anni: 898 giorni in primo grado e 911 in appello. (vedere http://www.istat.it/salastampa/comunica ... lavoro.pdf )
Da notare che emerge da quelle statistiche un grande contenzioso al centro-sud e soprattutto nel pubblico impiego.
Quelle sulla fine rapporto sono alcune migliaia ogni anno. Tutti sindacalisti licenziati da padroni con le braghe bianche?
Tutti padroni che si svegliano la mattina col piede storto e licenziano a caso, cosi' per divertirsi?

Chango si domanda: qual è il messaggio che si lancia? aziende fate come volete con il vostro personale che intanto dei costi dei vostri comportamenti se ne fa carico la collettività?
Non è la collettività. Essenzialmente tutti sistemi di sussidio di disoccupazione sono pagati del mondo del lavoro stesso, quindi dai lavoratori e dai datori di lavoro, normalmente in parti uguali, tramite aliquote di prelevio sullo stipendio lordo (che alla fine è come dire che fisicamente è la ditta che paga). Eventualmente gli stati intervengono in periodi di crisi a ripianare gli eventuali debiti che il sistema (tra premi incassati e prestazioni erogate) dovesse generare.
Diciamo quindi che le aziende non è che ci possano poi marciare su molto e licenziano una persona solo se è strettamente necessario. Proprio perché sanno che non ci sono pasti gratis (non sono finiti! Non ci sono mai stati) e che un eccesso di licenziamenti si riflette poi sugli oneri da pagare all'interno del costo del lavoro.
In Italia mi pare che tuttavia il sistema generi costi ben piu' elevati, visti che la conflittualità costa (i tribunali che devono smaltire le causa non sono gratis) e che i tempi di definizione della pratica arrivano fino a 1020 giorni nel meridione.

Ricordo le parole di un sindacalista, legge su un giornale ai tempi della commissione Onofri, rispetto all'ipotesi di introdurre anche in Italia i sussidi di disoccupazione come in germania, UK, Francia etc in cambio di una minore tutela dei licenziamenti. Lui disse che il mondo sidacale preferiva la protezione del licenziamento e non avere sussudi di tipo europeo. Ebbene, della commissione Onofri, istituita da Prodi, non se ne fece nulla. Se oggi il lavoro continua a mancare ed è inoltre estremamente precario per una grande parte di lavoratori, mentre è molto piu' rigido dall'altra parte e se mancano in Italia quegli ammortizzatori che ci sono altrove (a pare la CIG che anche qui è solo per alcune categorie e quindi non essendo universale è una forma di protezionismo) tutto questo è causato anche da scelte sbagliate (ideologiche e protezionistiche) come quelle. Ed anche da tutto il resto che ho già elencato.

Franz
“Il segreto della FELICITÀ è la LIBERTÀ. E il segreto della Libertà è il CORAGGIO” (Tucidide, V secolo a.C. )
“Freedom must be armed better than tyranny” (Zelenskyy)
Avatar utente
franz
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 22077
Iscritto il: 17/05/2008, 14:58

Re: Il lavoro

Messaggioda chango il 17/08/2010, 10:59

franz ha scritto:Per quanto riguarda la polverizzazione delle imprese continuo a ritenere che LA causa sia quella e avevo letto a questo proposito che c'era un abnorme addensamento di aziende attorno a 12, 13, 14 dipendenti (indipendentemente dal fatto che la media generale sia 4) mentre molte di meno ne hanno 10, 11, 16 o 17. Tipico effetto causato da una soglia. Le soglie hanno sempre effetti strani sul comportamento, soprattutto se uno pensa che sia negativo superarla.


che la dimensione media sia di 4 addetti è il risultato del fatto che il 95% delle nostre imprese rientra nella categoria della micro impresa (<10 addetti). all'interno di quetsa categoria la dimensione media è di circa 3 addetti.
ora come si possa ritenere che quetsa condizione sia determinata dallo Statuto dei Lavoratori rimane un mistero, visto che è difficile sostenere che un impresa per evitare di superare la soglia di 15 dipendenti decida di rimanere con 3 addetti.

per quanto riguarda la categoria 10-19 addetti , questa rappresenta poco più del 3% del totale delle imprese nel 2007 (in valiori assoluti, poco meno di 150 mila imprese su quasi 4,5 milioni) con uan dimensione media intorno ai 13 dipendenti.
ora di tutte quelle che sono appena sotto la soglia quante ci rimangono a causa dello Statuto dei lavoratori?
non possono esserci altre cause?
non può essere che per molte imprese quella sia la loro dimensione ideale?
che per crescere debbano affrontare investimenti cospicui?
per es. un azienda manifatturiera con 13 dipendenti, per poter passare a 16 dipendenti potrebbe aver necessità di investimenti elevati che per essere fatti richiederebbero un aumento del fattura consistenete e ragionevolmente durevole nel tempo.
oppure un proprietario di un albergo di Roma che impiega 14 dipendenti, lo potrebbe fare perchè la struttura a sua disposizione non gli consente di impiegarne di più e un'aumento dei suoi dipendenti vorrebbe dire l'apertura di un altro albergo (un investiemnto che va attentamente valutato).

franz ha scritto:I casi per me veri di reintegro sono rari e sono casi che normalmente sono molto gravi e rari (es sindacalisti, casi di mobbing). Invece noto che ci sono mi pare quasi un milione di cause pendenti in tema di lavoro (non tutte riguardano il licenziamento, naturalmente) e che il tempo medio è piu' di due anni: 898 giorni in primo grado e 911 in appello. (vedere http://www.istat.it/salastampa/comunica ... lavoro.pdf )
Da notare che emerge da quelle statistiche un grande contenzioso al centro-sud e soprattutto nel pubblico impiego.
Quelle sulla fine rapporto sono alcune migliaia ogni anno. Tutti sindacalisti licenziati da padroni con le braghe bianche?
Tutti padroni che si svegliano la mattina col piede storto e licenziano a caso, cosi' per divertirsi?


guardo velocemente i dati che hai indicato e vedo, come riporti anche tu, che i contenziosi per fine rapporto sono, nel 2004, qualche migliaio.
di questi quelli riconducibili a imprese con più di 15 dipendenti sono solo una parte, e mi viene da chiedere dove sono tutte queste storture dell'obbligo di reintegro. un migliaio o poco più di cause imputabili, ogni anno, a imprese sopra la soglia su i milioni di rapporti di lavoro che esse hanno nello stesso periodo, che distorsione generano al sistema?
tenendo conto poi che non è che i giudici diano sempre ragione al lavorotore.

certo che i datori di lavoro non licenziano tanto per divertirsi, ma non è che licenziano solo perchè trovano sempre un Giovanni migliore di un Pippo o perchè hanno sempre una giusta causa.

franz ha scritto:Chango si domanda: qual è il messaggio che si lancia? aziende fate come volete con il vostro personale che intanto dei costi dei vostri comportamenti se ne fa carico la collettività?
Non è la collettività. Essenzialmente tutti sistemi di sussidio di disoccupazione sono pagati del mondo del lavoro stesso, quindi dai lavoratori e dai datori di lavoro, normalmente in parti uguali, tramite aliquote di prelevio sullo stipendio lordo (che alla fine è come dire che fisicamente è la ditta che paga). Eventualmente gli stati intervengono in periodi di crisi a ripianare gli eventuali debiti che il sistema (tra premi incassati e prestazioni erogate) dovesse generare.
Diciamo quindi che le aziende non è che ci possano poi marciare su molto e licenziano una persona solo se è strettamente necessario. Proprio perché sanno che non ci sono pasti gratis (non sono finiti! Non ci sono mai stati) e che un eccesso di licenziamenti si riflette poi sugli oneri da pagare all'interno del costo del lavoro.
In Italia mi pare che tuttavia il sistema generi costi ben piu' elevati, visti che la conflittualità costa (i tribunali che devono smaltire le causa non sono gratis) e che i tempi di definizione della pratica arrivano fino a 1020 giorni nel meridione.


il problema è cosa significa per un'azienda un licenziamento strettamente necessario.
e perchè di un costo evitabile si deve fare carico il sistema.

franz ha scritto:Ricordo le parole di un sindacalista, legge su un giornale ai tempi della commissione Onofri, rispetto all'ipotesi di introdurre anche in Italia i sussidi di disoccupazione come in germania, UK, Francia etc in cambio di una minore tutela dei licenziamenti. Lui disse che il mondo sidacale preferiva la protezione del licenziamento e non avere sussudi di tipo europeo. Ebbene, della commissione Onofri, istituita da Prodi, non se ne fece nulla. Se oggi il lavoro continua a mancare ed è inoltre estremamente precario per una grande parte di lavoratori, mentre è molto piu' rigido dall'altra parte e se mancano in Italia quegli ammortizzatori che ci sono altrove (a pare la CIG che anche qui è solo per alcune categorie e quindi non essendo universale è una forma di protezionismo) tutto questo è causato anche da scelte sbagliate (ideologiche e protezionistiche) come quelle. Ed anche da tutto il resto che ho già elencato.

Franz


questo non implica che ci debba essere necessariamente una scelta.
non c'è nulla che impedisca la coesistenza dell'obbligo di reintegro con la presenza di ammortizzatori sociali di livello europeo.
perchè si deve accettare uno scambio senza che vi sia una ragione plausibile?
capirei se si proponesse uno scambio CIG con un vero sussidio di disoccupazione, ma perchè il reintegro?
quel è il nesso logico?
chango
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 656
Iscritto il: 30/12/2008, 13:06

Re: Il lavoro

Messaggioda franz il 17/08/2010, 12:40

chango ha scritto:per quanto riguarda la categoria 10-19 addetti , questa rappresenta poco più del 3% del totale delle imprese nel 2007 (in valiori assoluti, poco meno di 150 mila imprese su quasi 4,5 milioni) con uan dimensione media intorno ai 13 dipendenti.
ora di tutte quelle che sono appena sotto la soglia quante ci rimangono a causa dello Statuto dei lavoratori?
non possono esserci altre cause?
non può essere che per molte imprese quella sia la loro dimensione ideale?
che per crescere debbano affrontare investimenti cospicui?
per es. un azienda manifatturiera con 13 dipendenti, per poter passare a 16 dipendenti potrebbe aver necessità di investimenti elevati che per essere fatti richiederebbero un aumento del fattura consistenete e ragionevolmente durevole nel tempo.
oppure un proprietario di un albergo di Roma che impiega 14 dipendenti, lo potrebbe fare perchè la struttura a sua disposizione non gli consente di impiegarne di più e un'aumento dei suoi dipendenti vorrebbe dire l'apertura di un altro albergo (un investiemnto che va attentamente valutato).

Considerazioni giuste e che si applicano non solo all'albergo di roma o all'industria manifatturiera di Biella ma anche a quelle di tutta europa. Eppure non si capisce perché proprio da noi ci sia proporzionalmente piu' micro che nel resto dell'europa. Ovvero, io lo capisco e ne trovo una ragione che tu non condividi. La realtà rimane quella: abbiamo il doppio di micro e piccole della germania. Anche da loro nascono piccole e poi crescono. Da noi nascono piccole e ci rimangono.
Vero che le cause sono molteplici ma negare che l'art 18 abbia un influsso rilevante (anche solo psicologico) è veramente singolare.
chango ha scritto:guardo velocemente i dati che hai indicato e vedo, come riporti anche tu, che i contenziosi per fine rapporto sono, nel 2004, qualche migliaio.
di questi quelli riconducibili a imprese con più di 15 dipendenti sono solo una parte, e mi viene da chiedere dove sono tutte queste storture dell'obbligo di reintegro. un migliaio o poco più di cause imputabili, ogni anno, a imprese sopra la soglia su i milioni di rapporti di lavoro che esse hanno nello stesso periodo, che distorsione generano al sistema?
tenendo conto poi che non è che i giudici diano sempre ragione al lavorotore.

Che distorsione generalo? Costi legali, tempi di attesa della sentenza, incertezza sulle deisioni da prendere ora che il conflitto viene risolto. Bisognerebbe calcolarli ma non ho idea.
chango ha scritto:il problema è cosa significa per un'azienda un licenziamento strettamente necessario.
e perchè di un costo evitabile si deve fare carico il sistema.

La risposta alla prima domanda va posta all'azienda, caso per caso.
È comunque noto che in Italia licenziare è piu' difficile che in altri paesi. O vogliamo negare anche questo?
Ora se l'azienda licenzia perché diminuisce l'organico, capisco che ci sia un costo a carico del sistema (inevitabile e come spiego dopo, giusto) ma se licenzia pippo per assumere giovanni, a livello aggregato non c'è costo, assumendo che giovanni fosse a carico della disoccupazione (quella di tipo europea). Ora se invece di essere a carico del sistema fosse a carico dell'azienda, essa avrebbe perdite che potrebbero essere non sopportabili, potrebbero metterla fuori mercato (per eccesso di costi o debiti) e farla fallire. Coinvolgendo gli altri lavoratori. meglio che sia quindi il sistema di tutele, a carico del mondo del lavoro e non della fiscalità, a prendersi carico di quella parte di forza lavoro che non trova impiego.
Cosi' hanno scelto di fare tutti i paesi occidentali, sia quelli piu' socieldemocratici (svezia) sia i piu' liberisti (UK, CH, USA).
chango ha scritto:questo non implica che ci debba essere necessariamente una scelta.
non c'è nulla che impedisca la coesistenza dell'obbligo di reintegro con la presenza di ammortizzatori sociali di livello europeo.
perchè si deve accettare uno scambio senza che vi sia una ragione plausibile?
capirei se si proponesse uno scambio CIG con un vero sussidio di disoccupazione, ma perchè il reintegro?
quel è il nesso logico?

Forse perché, nel confronto internazionale, si nota che da noi, a causa delle leggi (ed i giudici a quella si rifanno) esistono interpretazioni piu' rigide e restrittive rispetto ad altre realtà. Quindi vanno anche cambiate le leggi, oltre ad avere i sussidi di disoccupazione di tipo europeo, universali per tutti i dipendenti, indipendentemente dal settore e dal numero di dipendenti. Lo scambio si rende necessario perché un sussidio di disoccupazione costa (le aziende devono pagarlo) e quindi occorre ridurre altri costi, come quelli legali legati ai conflitti sulla perdita di lavoro. Non dico di eliminarli del tutto (una certa conflittualità è presente ovunque) ma di portarla su livelli standard, possibilmente con tempi piu' ragionavoli nella determinazione della causa. Innegabile che tutti questi fattori pesino sul sistema italia e rendano sempre piu' difficile trovare lavoro in Italia. Quando un'azienda decide di trasferirsi lo fa esaminando un mucchio di variabili, non solo quelle fiscali e del costo lordo del lavoro. Tra le variabili oltre alla qualificazione della manodopera (che da noi è un grave problema) e gli aspetti logistici, ci sono anche le considerazioni sui conflitti legali in merito al lavoro, la flessibilità in ingresso ed uscita. Insomma non me lo sto inventando io che le aziende scappano.
La germania riprende a tirare e noi invece siamo messi così

http://a.imageshack.us/img714/2930/prodindbdi.gif

Franz
“Il segreto della FELICITÀ è la LIBERTÀ. E il segreto della Libertà è il CORAGGIO” (Tucidide, V secolo a.C. )
“Freedom must be armed better than tyranny” (Zelenskyy)
Avatar utente
franz
forumulivista
forumulivista
 
Messaggi: 22077
Iscritto il: 17/05/2008, 14:58

PrecedenteProssimo

Torna a Economia, Lavoro, Fiscalità, Previdenza

Chi c’è in linea

Visitano il forum: Nessuno e 7 ospiti

cron