franz ha scritto:1) in effetti alla tua affermazione che l'inflazione fosse fisiologica, ho contrapposto un "non credo, caso mai è fisiologica la deflazione", intesa come (speculare all'inflazione) un "calo generale e continuo dei prezzi".
Se ci limitiamo ai prezzi, per me la tendenza di un sistema produttivo che ha sufficente innovazione e concorrenza è verso l'aumento di produttività che a sua volta si riflette in una diminuzione del numero di ore lavorate per produrre il prodotto, in un minor uso di materie prime e quindi da un lato una riduzione dei prezzi ed un aumento della qualità, dall'altro un aumento dei salari (poi vediemo se nominali o reali). Aumenta comunque il potere d'acquisto dei lavoratori.
Ad assere piu' precisi pero' fintanto che non diminuisce la massa monetaria, avremo calo dei prezzi ma non deflazione, cosi' come un aumento dei prezzi non significa inflazione, Per esserlo (inflazione) deve aumentare la massa monetaria mentre per avere deflazione deve sparire massa monetaria dal sistema. Per esempio con il fallimento delle banche. E qui non è tanto un problema di essere d'accordo oppure no. Possiamo discuterne all'infinito ma se le varie scuole economiche, classiche, neocalssiche, austricache, monetariste, keynesiane etc non sono d'accordo su come definire l'inflazione, probabilmente ci sono problemi di fondo che noi semplici forumisti non possiamo risolvere.
l'inflazione , così come intesa anche dai principali istituti di statistica e dalle organizzazioni internazionali, è un aumento generale e continuo dei prezzi. non mi pare quindi che ci sia chissà che difficoltà nel definire l'inflazione. se poi la scuola austriaca ha un idea diversa di cosa sia inflazione, il problema (sempre che sia un problema) è della scuola austriaca.
prendendo però seriamente in considerazione l'inflazione e la deflazione come andamento della massa monetaria, il fatto che la deflazione ci possa essere solo con il fallimento delle banche (e il ritorno al baratto, immagiono) rende di fatto la deflazione un risultato da
non perseguire.
Se ci limitiamo ai prezzi, il problema è definire cosa voglia dire per un sistema produttivo avere sufficiente concorrenza e innovazione.
quanto sono realistiche la concorrenza e l'innovazione che sono necessarie per realizzare quanto descrivi?
altra questione: hai precedentemente citato l'esempio dei computer o dei cellulari, però l'economia non si riduce solo a questi settori.
per esempio in ambito agricolo esistono fattori esterni (il tempo, per es.) che influiscono sull'offerta di prodotti e di conseguenza sui prezzi praticati.
se si discute di inflazione/deflazione come aumento generale e continuo dei prezzi, è l'insieme della produzione dei beni o servizi che deve essere preso in considerazione (o almeno un insieme rappresentativo della spesa dei consumatori), non solo alcuni settori.
franz ha scritto:2) la concorrenza, pur imperfetta, puo' far scendere i prezzi, ma meno di quanto scenderebbero in un sistema leggermente piu' vicino alla perfezione (che poi vuol dire nessun ostacolo alla concorrenza salvo quelli alla concorrenza sleale). Oltre alla concorrenza pero' occorre, e lo avevo ben indicato, anche innovazione tecnologica. Chiaro che in un sistema di monopoli la concorrenza è nulla e la spinta all'innovazione è scarsa. A cosa serve l'innovazione se nessun concorrente mi sfida? Posso fare quello che voglio sia ai prezzi sia ai salari, quindi l'innovazione è solo un costo inutile. Continuo a vendere il solito prodotto senza fare alcuno sforzo per migliorarlo.
Concorrenza + innovazione = aumenti della qualità, della produttività, dei salari e diminuzione dei prezzi.
Si puo' discutere se l'aumento dei salari sia solo relativo al potere d'acquisto (con lo stesso salario compro sempre piu' beni e servizi) o anche reale (da un salario di 1000 passo ad un salario di 1010). Se in questo secondo caso le politiche monerarie decidono di iniettare troppa carta (M1) ecco che l'inflazione è possibile, annullando il calo dei prezzi. Ma l'inflazione si porterebbe via in pochi mesi quei 10 in piu', che sarebbero quindi solo un'illusione.
Qui si potrebbe aprire un interessante ramo della discussione.
perché in un sistema di monopoli l'innovazione è nulla?
un monopolista può essere spinto ad innovare per prevenire l'ingresso sul mercato di nuovi concorrenti. quindi innova per mantenere la sua posizione di monopolio.
poi bisogna chiarirsi. si presuppone che l'economia sia un economia reale,quindi dinamica e con una molteplicità di fattori che interagiscono tra di loro, o l'economia è quella dei manuali di microeconomia?
nel tuo ragionamento sembra che la concorrenza sia fatta sullo stesso prodotto. eppure non esiste un solo modello di scarpe o di pantaloni. la differenziazione dei prodotti fa sì che le imprese concorrenti di fatto si comportino da monopolisti e la concorrenza sul prezzo sia più contenuta rispetto al caso in cui vendano lo stesso identico bene.
per quanto riguarda l'innovazione, mi pare che presupponi che tutte le imprese abbiano accesso alla stessa tecnologia. ma è vero? o meglio è vero anche nell'immediato?
altro chiarimento necessario : si discute di breve o lungo periodo?
franz ha scritto:3) le politiche monetarie fanno parte del sistema economico ma non sono dettate da logiche di mercato, come invece la produzione di beni e servizi. Se la determinazione dei tassi di interesse fosse basata sulla domanda e sull'offerta e non sulle decisioni della banca nazionale (di nomina politica, pur con una certa indipendenza, anche se non in tutti i paesi) che alzano e abbassano il tasso di interesse sulla base di considerazioni politiche, allora le cose cambierebbero. Se la decisione su quanta massa monetaria (M1) iniettare nel paese fosse legata solo alla domanda ed all'offerta, e non a considerazioni di carattere politico, allora le cose cambierebbero. Sono relativamente sicuro che in questo contesto non avremmo inflazione e deflazione (per come la definscono monetaristi ed austriaci) ma solo aumenti e diminuzioni dei prezzi a seconda della domanda e dell'offerta e dell'aumento o diminuzione del volume di beni e servizi sul mercato. C'è un terzo aspetto di politica monetaria che pero' sfugge alle decisioni della politica. È lo scambio di beni a livello internazionale. La bilancia commerciale (import-export) se sbilanciata influisce sul valore della valuta, perché ad uno sbilanciamento della domanda/offerte di beni da importare/esportare corrisponde un pari sbilanciamento del volume di moneta interna e delle altre, da vendere e comprare).
E qui lo stato non puo' decidere il volume dell'export e dell'import (almeno uno stato occidentale libero, aderente agli accordi del commercio internazionale) ma a farlo sono milioni di consumatori di tutti i paesi e di uffici aquisti nelle aziende di tutto il mondo. Tuttavia le politiche monetarie stataliste e protezioniste possono fregarsene della cosa e lo vediamo da decenni in USA (che hanno uno squilibrio notevole nella bilancia internazionale) e anche in Cina, che si rifiuta di adeguare il valore dela sua moneta sulla base di parametri di mercato. In pratica agendo su massa monetaria (quella del dollaro è elevatissima, sia perché è moneta di scambio internazionale sia per un grande volume di dollari falsi) e sui tassi di iteresse, oppure solo per decisione d'imperio, come in Cina, una nazione puo' gestire politicamente - bene o male poi si vede sempre dopo, spesso quando è troppo tardi - la sua politica monetaria. Al limite puo' generare inflazione anche quando i prezzi scendono. Basta immettere carta nel sistema ed i prezzi tenderanno a salire, invece di scendere. Qui si dovrebbe aprire un'altra discussione, sulla differenza tra prezzo e valore ma credo sia oltre la mia portata.
le politiche monetarie fanno parte del sistema economico. non sono dettate da logiche di mercato?
e perchè dovrebbero esserlo?
non tutto può essere ricondotto a logiche di mercato e non tutto deve essere ricondotto a logiche di mercato.