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In Italia stipendi più bassi della Grecia

Forum per le discussioni sulle tematiche economiche e produttive italiane, sul mondo del lavoro sulle problematiche tributarie, fiscali, previdenziali, sulle leggi finanziarie dello Stato.

Re: In Italia stipendi più bassi della Grecia

Messaggioda chango il 27/02/2012, 15:52

franz ha scritto:Flussi migratori anche piu' importanti si sono avuti in tutta europa, negli ultimi 10-15 anni.
Soprattutto in germania, francia e UK. E non hanno inficiato la loro produttività.
No, credo proprio che la causa sia il crescente debito pubblico statale (con realtivi interessi) che distoglie risorse dall'economia privata per convertirle in sprechi, malafare, pensioni di anzianità, cattedrali nel deserto. Invece di valore aggiunto si alimentano mafie, caste, gilde.


molto più importanti di quelli registrati in Italia negli ultimi 15-20 anni in Europa direi che sono pochi, visto che passiamo da paese con pochi immigrati a paese con un'incidenza superiore alla media europea (nel 1996 i residenti, secondo al Caritas, erano circa 924.500, all'inzio del 2011 erano oltre 4,5 milioni; si è passati da un'incidenza della popolazione straniera del 2,4% nel 2002 ad un'incidenza del 7,5% nel 2011).
comunque il punto non è la rilevanza del flusso migratorio rispetto agli altri paesi UE, ma il fatto che le imprese italiane hanno avuto a disposizione manodopera a basso/bassissimo costo per continuare a competere sui mercati tramite la il contenimento dei costi. una strategia che ha funzionato insieme e poi in sostituzione alle svalutazione della lire per sorreggere la competitività delle imprese.soprattutto in quei settori più tradizionali e a basso valore aggiunto che caratterizzano la struttura industriale italiana.
Le nostre imprese hanno preferito puntare sul contenimento dei costi piuttosto che realizzare investimenti innovativi, spostare la produzione verso beni a più alto valore aggiunto e investire e valorizzare la formazione dei lavoratori.
esempio è anche il tipo di flessibilità che si è scelto: tutta concentrata sulla flessibilità esterna (in entrata/uscita) e non sulla flessibilità interna (organizzazione interna all'azienda).

se l'economia privata funziona male (la bassa produttività è un indicatore) i problemi potranno venire anche dal soggetto pubblico, ma andranno ricercati anche e soprattutto nell'economia privata e tra tutti i soggetti che la costituiscono (imprese incluse).
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Re: In Italia stipendi più bassi della Grecia

Messaggioda franz il 27/02/2012, 16:59

Si, abbastanza convincente. È possibile che sia cosi' ma non so se le imprese italiane a metà degli anni 90 avessero altre scelte. Investimenti, ok, ma con quali soldi? Erano gli anni in cui da tempo si tirava la cinghia per entrare nell'euro e questo comprimeva un po' tutto, venendo da periodi in cui i BOT avevano interessi a 2 cifre e quindi un po' tutti prefereivano investire nel debito pubblico piuttosto che rischiare nelle imprese private.
Piuttosto, una volta agganciato, l'euro erano da fare finalmente le riforme che sta facendo ora Monti.
E che il governo Prodi ebbe l'occasione di impostare nel 1997-1998 ma che furono affossate come sappiamo.

Nota Aggiuntiva: sempre a proposito di immigrazione, il paese con la maggiore immigrazione si chiama USA.
Un'immigrazione (regolare e non) che è esplosa proprio negli ultimi 10-15 anni.
Li' 70 milioni di lavratori (anche in questo caso ho tolto le micro) producono circa 72'000€ di VA procapite (malgrado l'immigrazione di manodopera a basso costo) e ci avviciniamo ai 29'000€ di salario lordo. Pero' c'è dietro una conversione dollaro euro non PPP (fatta sempre da Eurostat) che lascia il tempo che trova. La produttività USA pero' cresce (vedi grafico) e quindi l'immigrazione non è, da sola, una scusa.
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Re: In Italia stipendi più bassi della Grecia

Messaggioda chango il 27/02/2012, 18:03

franz ha scritto:Si, abbastanza convincente. È possibile che sia cosi' ma non so se le imprese italiane a metà degli anni 90 avessero altre scelte. Investimenti, ok, ma con quali soldi? Erano gli anni in cui da tempo si tirava la cinghia per entrare nell'euro e questo comprimeva un po' tutto, venendo da periodi in cui i BOT avevano interessi a 2 cifre e quindi un po' tutti prefereivano investire nel debito pubblico piuttosto che rischiare nelle imprese private.
Piuttosto, una volta agganciato, l'euro erano da fare finalmente le riforme che sta facendo ora Monti.
E che il governo Prodi ebbe l'occasione di impostare nel 1997-1998 ma che furono affossate come sappiamo.

Nota Aggiuntiva: sempre a proposito di immigrazione, il paese con la maggiore immigrazione si chiama USA.
Un'immigrazione (regolare e non) che è esplosa proprio negli ultimi 10-15 anni.
Li' 70 milioni di lavratori (anche in questo caso ho tolto le micro) producono circa 72'000€ di VA procapite (malgrado l'immigrazione di manodopera a basso costo) e ci avviciniamo ai 29'000€ di salario lordo. Pero' c'è dietro una conversione dollaro euro non PPP (fatta sempre da Eurostat) che lascia il tempo che trova. La produttività USA pero' cresce (vedi grafico) e quindi l'immigrazione non è, da sola, una scusa.


l'immigrazione non è una scusa, ma un'accusa.
le imprese hanno smesso di investire, soprattutto in innovazione, prima per l'ampia disponibilità di manodopera rappresentata dagli immigrati poi cercando e ottenendo una flessibilità del mercato del lavoro la cui unica finalità è il contenimento dei costi.
le nostre imprese, concentrate in settori a basso valore aggiunto, che fino agli anni novanta erano abituate ad essere le "rumene" o le "cinesi" di europa e che la disponibilità di svalutazione della lira aiutava a rimanere competitive, hanno cercato di adeguarsi ai cambiamenti (euro, paesi emergenti fortemente competitivi direttamente nei loro settori) trovando elementi che permettessero loro di continuare come se nulla fosse successo.
prima è arrivato il lavoro immigrato, poi la flessibilizzazione del mercato del lavoro con l'unico obiettivo di continuare ad essere un sistema produttivo "low cost" (ma a basso VA), quando l'euro e la globalizzazione avrebbero dovuto far capire che il sistema doveva evolvere verso un sistema produttivo "high cost" (ma ad alto VA).

ciò che sarebbe servita, con l'ingresso nell'euro, era un politica industriale degna di questo nome, che aiutasse e valorizzasse le imprese più innovative e sostenesse i settori ritenuti strategici. il che poteva (può) anche voler dire ampliare e sviluppare la terziarizzazione dell'economia a discapito della dimensione industriale, per esempio.

per quanto riguarda gli investimenti, molti di quelli che investivano in BOT a due cifre piuttosto che investire nelle imprese private erano proprio gli imprenditori. piuttosto che fare innovazione meglio godersi la rendita del titolo di stato.
vedi il caso dei Benetton ,che hanno risorse finanziare o comunque sono in grado di recuperarle, che hanno investito in mercati protetti e scarsamente innovativi come autostrade o aeroporti piuttosto che in settori maggiormente innovativi e più aperti alla competizione.
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Re: In Italia stipendi più bassi della Grecia

Messaggioda franz il 27/02/2012, 18:45

Non è sbagliato cio' che dici.
Rimane il fatto che l'innovazione si fa con gli investimenti, con i soldi. Non si fanno nozze coi fichi secchi ed in Italia di soldi ce ne sono pochi. Dall'estero non arrivano ed i pochi che ci sono internamente li attira lo stato, in modo crescente (i numeri sono nell'analisi di Zanella).
Quindi le industrie per sopravvivere hanno scelto la strada unica che avevano (sbagliata, sono d'accordo).
La domanda chiaramente è se avevano alternative.
Naturalmente per chi non è imprenditore è facile rispondere ... siamo tutti allenatori, presidenti del consiglio, arbitri e pure imprendotori, con i soldi degli altri. Qui ci sarebbe un altro proverbio ma per oggi basta ;)
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Re: In Italia stipendi più bassi della Grecia

Messaggioda chango il 27/02/2012, 20:33

franz ha scritto:Non è sbagliato cio' che dici.
Rimane il fatto che l'innovazione si fa con gli investimenti, con i soldi. Non si fanno nozze coi fichi secchi ed in Italia di soldi ce ne sono pochi. Dall'estero non arrivano ed i pochi che ci sono internamente li attira lo stato, in modo crescente (i numeri sono nell'analisi di Zanella).
Quindi le industrie per sopravvivere hanno scelto la strada unica che avevano (sbagliata, sono d'accordo).
La domanda chiaramente è se avevano alternative.
Naturalmente per chi non è imprenditore è facile rispondere ... siamo tutti allenatori, presidenti del consiglio, arbitri e pure imprendotori, con i soldi degli altri. Qui ci sarebbe un altro proverbio ma per oggi basta ;)


in Italia i soldi non mancano e soprattutto non mancavano.
i soldi sono finiti in titoli di stato e soprattutto proprietà immobiliari. oltre che in molti conti in Svizzera.
Visco tramite DIT e super-DIT aveva dato incentivi all'investimento, che un governo ampiamente sostenuto dalle imprese ha abolito per poi dover reintrodurre uno strumento simile nel 2011 (ACE).
la nostra classe imprenditoriale ha ritenuto più interessante la possibilità di intestare il SUV all'azienda o la possibilità di creare una società apposita a cui conferire la barca per poi "affittarla".
per anni abbiamo tassato (e in parte continuiamo a tassare) la rendita meno del reddito da lavoro.
abbiamo un evasione e un elusione fiscale elevati.
il tutto con l'appoggio delle associazioni delle imprese.

certo è facile fare gli imprenditori con i soldi degli altri. però con un argomento di questo tipo si giustificano le caste, le lobby varie.
perché se è vero che non esiste più il posto fisso per i lavoratori dipendenti, non vedo perché dovremmo tollerare che rimangano sul mercato chi non è in grado di fare l'imprenditore e di competere rispetto alle mutate condizioni.
perché dovremmo consentirgli di scaricare il rischio solo sul lavoro dipendente senza che essi si assumano le responsabilità che l'essere imprenditore implica.
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Re: In Italia stipendi più bassi della Grecia

Messaggioda flaviomob il 28/02/2012, 17:53

Italia, paese dai bassi salari: una lettura ragionata

Posted by keynesblog on 27 febbraio 2012 in Europa, Italia, Lavoro

Siamo tra i paesi europei che pagano meno i lavoratori, mentre abbiamo gli orari di lavoro più lunghi. Nonostante ciò la competitività delle nostre imprese è tra le più basse. Il quadro di un paese che ha sbagliato obiettivi e che si appresta a commettere ulteriori errori.


Ieri e oggi i quotidiani hanno riferito la diffusione dei dati Eurostat sui salari medi lordi nei paesi dell’Unione. Tuttavia i dati diffusi, per ciò che riguarda l’Italia, si riferiscono al 2006, mentre per altri paesi si arriva al 2009. Inoltre i dati italiani riguardano le aziende con più di 10 dipendenti, mentre per altri paesi il campione è l’intero mondo del lavoro. Evitiamo quindi di riportare statistiche così disomogenee e ci affidiamo invece all’OCSE che fornisce dati più aggiornati e uniformi.

Salari medi lordi

Questo grafico rappresenta la situazione al 2002:

Immagine


OCSE: salari medi anno 2002, in US$ 2009 a parità di potere d'acquisto, prezzi correnti
Come si può notare l’Italia è una posizione defilata, ben lontana dal “centro” dell’Europa e vicina ai paesi meno ricchi.

La situazione al 2010 è invece questa:

Immagine


OCSE: salari medi anno 2010, in US$ 2009 a parità di potere d'acquisto, prezzi correnti
Si può notare che la situazione è peggiorata negli 8 anni trascorsi. L’Italia viene scavalcata dalla Spagna e dalla Finlandia e viene avvicinata dalla Slovenia. In sostanza, l’Italia da ultimo paese dell’Europa “ricca” nel 2002 passa ad essere il secondo dell’Europa “povera”. Da notare anche il modesto incremento dei redditi da lavoro in Germania, paese che ha adottato una politica di stabilità salariale, ma che continua a mantenere un differenziale importante con l’Italia e il resto dei “Pigs”.

Ore lavorate

Mentre i lavoratori italiani sono tra i peggio pagati d’Europa, il numero di ore di lavoro per anno per addetto risulta fra i più alti.

Immagine

OCSE: ore lavorate per addetto in un anno, anno 2010
Anche qui, si può notare come il nostro paese risulti vicino alle nazioni meno sviluppate d’Europa, piuttosto che alle maggiori economie. Si noti inoltre come la Grecia, spesso dipinta come paese di “fannulloni” risulti invece in testa tra i paesi considerati.

Costo del lavoro

Il costo del lavoro in Italia, inteso come retribuzione, oneri sociali e altre spese, risulta minore rispetto alle grandi economie europee, come si evince da questo grafico:

Immagine

Eurostat: costo del lavoro totale orario, anno 2010
L’Italia si colloca al di sotto della media della zona Euro. E’ quindi privo di fondamento l’assunto che le imprese italiane paghino il lavoro più di quelle delle economie avanzate europee, ad eccezione della sola Gran Bretagna (dove è particolarmente bassa la componente degli oneri sociali).

Produttività

Il quadro è ribaltato invece quando si considera la produttività. Qui mostreremo la produttività come calcolata dall’OCSE, Prodotto interno lordo (in Euro) per ora lavorata:

Immagine

OCSE: Produttività (Pil in euro / ore di lavoro) a prezzi costanti
Come si può notare, la produttività italiana risulta bassa in valore assoluto e stagnante, quella Greca è addirittura calante, mentre tutte le altre sono crescenti, sia pure con inclinazioni differenti.

In altre parole, l’Italia è un paese fermo da molti anni. La sua produzione, intesa nel senso più generale, è rimasta poco remunerativa, mentre i partner europei hanno saputo migliorare la capacità di produrre reddito.

Da notare che nel 2003 è intervenuta una significativa modifica del mercato del lavoro, con l’introduzione di nuove forme di lavoro flessibile, ampiamente sfruttate dalle imprese. Ciò però non ha avuto effetti significativi sulla produttività del lavoro.

Conclusioni

Mentre il dibattito pubblico appare tutto concentrato sulla riduzione delle tutele del lavoro, le cui conseguenze più immediate sono il contenimento salariale e l’aumento delle ore di lavoro effettive, i dati mostrano invece che le politiche sinora adottate in questa stessa direzione non hanno avuto l’effetto di ridurre il gap di produttività rispetto alle potenze economiche europee e si sono pertanto dimostrate del tutto inefficaci rispetto agli obiettivi enunciati.

Come abbiamo già evidenziato, il problema della bassa produttività italiana non può addebitarsi al fattore lavoro, che anzi risulta maggiormente a buon mercato che altrove.

Secondo l’UE “la crescita della produttività dipende dalla qualità del capitale fisico, dal miglioramento delle competenze e della manodopera, dai progressi tecnologici e dalle nuove forme di organizzazione.”

Le cause probabili delle scarse performance italiane andrebbero ricercate nella scarsa “produttività del capitale”, vale a dire dei mezzi di produzione, intesi nel senso più ampio, obsoleti o sottoutilizzati, così come nella frammentazione del capitale in moltissime microimprese che non riescono a realizzare quelle economie di scala e quell’innovazione di processo e di prodotto che permettono una maggiore competitività delle stesse e nella specializzazione produttiva. Non sorprende quindi la bassa qualificazione dei lavoratori richiesta nel nostro paese dal tessuto produttivo, che abbiamo già evidenziato in passato.

La discussione pubblica si sta quindi svolgendo sul lato sbagliato dei fattori produttivi. Riforme che tendessero a precarizzare ulteriormente il lavoro e/o ridurre i salari effettivamente percepiti, non avrebbero probabilmente impatti positivi sulla produttività, come non li hanno avuti in passato, mentre risulterebbero nocive sul lato della domanda aggregata.

http://keynesblog.wordpress.com/2012/02 ... /#more-537


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Re: In Italia stipendi più bassi della Grecia

Messaggioda franz il 28/02/2012, 18:22

Con buona pace di OCSE, calcolare la produttività come PIL / ore lavorate mi sembra fortemente sbagliato.

Nel PIL viene incluso anche il comparto pubblico, di cui non si inserisce il valore aggiunto (difficilemente calcolabile, in alcuni casi impossibile) ma solo il salario lordo, cosa ben diversa dal valore aggunto. Inoltre. si aggiunge anche parte del lavoro sommerso, che nel PIL viene introdotto a forza per ragioni di contabilità europea.

Non vengono pero' calcolate da nessuna parte le ore lavorate nel sommerso ed il risultato è quindi una comparazione distorta tra paesi con poco stato (dove lo stato occupa il 30% del PIl e non il 50% come da noi) e dove il sommerso è basso (10% e non 27 come da noi o il 28% greco).

Sulle cause dubito della scarsa “produttività del capitale" e sono invece piu' propenso, come emerso poco fa al convegno NFA, che il problema sia il capitale umano (il know-how dei lavoratori, impiegati, quadri e dirigenti compresi). Abbiamo una bassissima professionalità (dipomati e laureati pochi e nelle materie sbagliate) mentre c'è abbondanza di manodopera non qualificata. Chiaramente anche il tema della produttività del capitale è importante ma quando il 60% degli utili va in tasse rimane poco per reinvestire in impianti moderni e per usarli dovresti avere manodopera qualificata.
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Re: In Italia stipendi più bassi della Grecia

Messaggioda chango il 28/02/2012, 18:38

franz ha scritto:Con buona pace di OCSE, calcolare la produttività come PIL / ore lavorate mi sembra fortemente sbagliato.

Nel PIL viene incluso anche il comparto pubblico, di cui non si inserisce il valore aggiunto (difficilemente calcolabile, in alcuni casi impossibile) ma solo il salario lordo, cosa ben diversa dal valore aggunto. Inoltre. si aggiunge anche parte del lavoro sommerso, che nel PIL viene introdotto a forza per ragioni di contabilità europea.

Non vengono pero' calcolate da nessuna parte le ore lavorate nel sommerso ed il risultato è quindi una comparazione distorta tra paesi con poco stato (dove lo stato occupa il 30% del PIl e non il 50% come da noi) e dove il sommerso è basso (10% e non 27 come da noi o il 28% greco).

Sulle cause dubito della scarsa “produttività del capitale" e sono invece piu' propenso, come emerso poco fa al convegno NFA, che il problema sia il capitale umano (il know-how dei lavoratori, impiegati, quadri e dirigenti compresi). Abbiamo una bassissima professionalità (dipomati e laureati pochi e nelle materie sbagliate) mentre c'è abbondanza di manodopera non qualificata. Chiaramente anche il tema della produttività del capitale è importante ma quando il 60% degli utili va in tasse rimane poco per reinvestire in impianti moderni e per usarli dovresti avere manodopera qualificata.


ne abbiamo talmente pochi laureati nelle materie giuste che emigrano pure...
seriamente, pensare che sia un problema principalmente di capitale umano è assolutamente limitante.
se c'è abbondanza di manodopera non qualificata e scarsa si manodopera qualificata è perché il sistema produttivo questo richiede. ed è difficile avere una domanda diversa quando il paese è specializzato in settori a basso valore aggiunto.
sta storia poi che le tasse sugli utili impediscano l'investimento regge veramente poco. soprattutto quando gli utili che si portano a casa vengono poi reinvestiti in macchine, immobili e conti in Svizzera.
il problema è che in Italia troppe imprese pretendono di competere sulla contrazione dei costi (soprattutto del costo del lavoro) con prodotti a basso VA su mercati dove è forte la concorrenza di paesi che hanno dei costi di produzione "naturalmente" più bassi dei nostri.
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Re: In Italia stipendi più bassi della Grecia

Messaggioda franz il 28/02/2012, 19:12

chango ha scritto:ne abbiamo talmente pochi laureati nelle materie giuste che emigrano pure...

Emigrano perché guadagnano il doppio (come minimo) e fanno crescere la famiglia dove scuole e sanità funzionano.
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Re: In Italia stipendi più bassi della Grecia

Messaggioda chango il 28/02/2012, 19:19

franz ha scritto:
chango ha scritto:ne abbiamo talmente pochi laureati nelle materie giuste che emigrano pure...

Emigrano perché guadagnano il doppio (come minimo) e fanno crescere la famiglia dove scuole e sanità funzionano.


appunto.
emigrano dove la domanda di lavoro qualificato è alta e retribuita in modo adeguato.
emigrano in paesi in cui il sistema produttivo è forte in settori che producono beni (industria o servizi) ad alto valore aggiunto.
emigrano da un paese in cui gli imprenditori invece che investire in capitale (anche umano) preferiscono competere sul contenimento dei costi (a partire dal costo del lavoro, pure della manodopera qualificata).
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