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Pubblica Amministrazione: tra riforme e tagli

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Re: rapporti tra personale scolastico e studenti

Messaggioda pinopic1 il 01/08/2008, 23:02

I dati riportati nel post precedente sono dati reali di una scuola reale negli anni 90. Ridotti all'osso. Evidentemente esistono eccezioni a questa regola. Oltre all'osso ci sarà dell'altro. Già allora c'erano tante realtà diverse. Comunque puoi sincerartene chiedendo lumi a chi nella scuola ci lavora su come è distribuito l'orario degli insegnanti in relazione agli alunni e alle classi.
Se tutte le scuole fossero organizzate come quella del post e non ci fossero altre attività avremmo una media di 1 a 10.
Tu dici che il rapoporto è di 1 a 4? Bene, allora bisogna vedere come ci si arriva a questo rapporto e se ci si arriva anche per colpa di sprechi e distribuzione irrazionale di scuole e docenti.
Insomma vorrei sapere cosa c'è dietro quel dato se confermato. Dove si annidano gli sprechi e dove sta l'organizzazione irrazionale.
A questo punto i tagli sarebbero mirati e non peggiorerebbero la qualità dell'istruzione.
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Re: rapporti tra personale scolastico e studenti

Messaggioda franz il 02/08/2008, 8:47

pinopic1 ha scritto:....Se tutte le scuole fossero organizzate come quella del post e non ci fossero altre attività avremmo una media di 1 a 10.
Tu dici che il rapoporto è di 1 a 4? Bene, allora bisogna vedere come ci si arriva a questo rapporto e se ci si arriva anche per colpa di sprechi e distribuzione irrazionale di scuole e docenti.
Insomma vorrei sapere cosa c'è dietro quel dato se confermato. Dove si annidano gli sprechi e dove sta l'organizzazione irrazionale.
A questo punto i tagli sarebbero mirati e non peggiorerebbero la qualità dell'istruzione.

Non è che lo dico io ..... lo dice la matematica.
Vorrei sapere anche io dove stanno le irrazionalità.
È chiaro che non lo so.
Ma è chiaro che ci sono e che una volta individuate possiamo migliorare la qualità dell'istruzione.
Oggi, ritengo (con l'appoggio di quei dati) che tra le pieghe della burocrazia scolastica si nascondano molti docenti che sono in carico al servizio ma non insegnano. È l'unico modo per far quadrare i conti che parlano di un teorico uno a otto, uno a dieci, mentre in pratica è uno a quattro. Tu capisci che mettendo a posto le cose sarebbe possibile dimezzare le unità e raddoppiare gli stipendi.
Da cosa nasce tutto questo? Lo sappiamo. Nella scuola degli anni 70, prima del calo delle nascite, c'era un certo numero di insegnanti adeguato e con un elevato turn over grazie al pensionamento dopo 15 anni sei mesi ed un giorno. ma poi con gli anni 80 e 90 sono successe due cose:
a) il calo delle nascite che ha dimezzato il numero degli studenti.
b) lo stop alle baby pensioni.
Visto che in Italia non si possono licenziare i docenti (all'estero si) in caso di mancanza di classi, l'organico scolastico si è gonfiato a dismisura ed è anche diventato "vecchio" dal punto di vista dell'eta' media. Questo pero' ha anche creato una grande massa di precari in attesa da decenni di poter entrare in una scuola già piena di docenti. Alle elementari hanno inventato i moduli per fare in modo che piu' insegnanti lavorassero insieme nella stessa classe oppure è stato sperimentato il tempo pieno (con un altro insegnante). Se negli anni 60 erano normali classi elementari di 30 con un solo docente, ora sono molto piu' piccole e con vari docenti, e questo è un vantaggio. Ma se compariamo questa situazione con i sistemi scolasti esteri scopriamo che il motto "lavorare tanti anche se pagati poco" non paga come qualità finale (l'educazione data agli studenti) e qui il PISA parla chiaro. Tra l'altro per le famose domande PISA fatte ai ragazzzi delle medie, sono state fatte le stesse domande ad un campione di insegnanti, ottenendo le stesse (!!!!!) percentuali.
Segno che tra i troppi insegnanti ce ne sono molti che fanno danni e che sarebbe meglio lasciare a casa.
Ecco perché ritengo che arrivare veramente al rapporto un docente per otto o dieci studenti (in luogo dell'attuale rapporto uno a quattro che emerge dai dati generali) significhi la possibilità di migliorare la qualità dell'insgnameento, se veramente sapessimo fare le giuste scelte (e scegliere significa tenere qualcosa e scartare altro).

Tra l'altro, ecco le medie OECD per il rapporto "quanti studenti per un insegnante" (in termini Full Time Equivalente)
nel già a suo tempo citato rapporto OECD 2000 "education at a glance"
16.2 per la scuola dell'infanzia (23 in germania, 21 in UK, 18 in USA)
18 per le elementari (21.6 in germania)
15.4 per le medie inferiori
15.1 per le media superiori
15.8 per tutta le scuole secondarie
14.8 per l'istruzione terziaria (università A e B).

I dati piu' bassi sono quelli dell'Austria (9.5) e della norvegia (tra otto e dieci).
dati italiani e francesi, non pervenuti!!!!
Ma noi sappiamo fare i calcoli generali e dividere il numero degli studenti (ISTAT) per il numero di docenti a cui si paga lo stipendio (dato RGS).

Ciao,
Franz

PS: mi pare necessario spostare questo ramo del thread (dal punto in cui pinopic1 mi ha risposto "rispondo solo sulla scuola" nel thread in cui già era stata posta la prima scintilla (o sasso nello stagno) sul rapporto studenti / insegnanti.
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Re: Pubblica Amministrazione: tra riforme e tagli

Messaggioda franz il 02/08/2008, 11:30

In tre anni il personale dovrà essere ridotto di 129.5000 unità
Previsti interventi strutturali, leggi accorpamenti o tagli di istituti

A rischio circa 2000 scuole
dei comuni più piccoli

La maggior parte dei centri con meno di 5.000 abitanti si trovano al Nord
Ipotizzabili pesanti ripercussioni sulla vita quotidiana delle famgilie
di SALVO INTRAVAIA

A RISCHIO le scuole dei piccoli comuni. Nel giro di tre anni circa 2 mila istituzioni scolastiche potrebbero "chiudere o essere accorpate". Risultato: per gli alunni dei centri con meno di 5 mila abitanti frequentare la scuola potrebbe diventare una specie di rompicapo: sveglia all'alba e trasferimento in pullman (bene che vada) a scuola. Se i comuni e le province non potranno mettere a disposizione nessun mezzo di trasporto, del tutto si dovranno far carico le famiglie. E' uno dei tanti effetti del decreto legge 112, collegato alla manovra finanziaria per il 2009, già varato dalla Camera e in attesa soltanto dell'ok da parte del Senato.

Un comma dell'articolo 64, dall'innocuo titolo "Disposizioni in materia di organizzazione scolastica", parla chiaro: "Nel caso di chiusura o accorpamento degli istituti aventi sede nei piccoli comuni, lo Stato, le Regioni e gli enti locali possono prevedere specifiche misure finalizzate alla riduzione del disagio degli utenti". Possono. Ma se non possono, l'eventuale chiusura del plesso scolastico si ripercuoterà sul menage familiare. Come la prenderà il leader della Lega, Umberto Bossi - che nel giro di pochi giorni ha tuonato prima contro il ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini, e successivamente contro gli insegnanti meridionali - questa volta? Già perché le regioni nelle quali il provvedimento rischia di stravolgere la vita a milioni di persone sono proprio quelle del Nord.

Ma andiamo con ordine. Nei prossimi tre anni, per alleggerire la spesa della Pubblica amministrazione, la scuola dovrà lasciare sul campo 87 mila posti di insegnante e 42 mila e 500 di Ata (personale amministrativo, tecnico e ausiliario). Sono previsti alcuni interventi strutturali non ben definiti (il ritorno al maestro unico alle elementari?) e non viene esclusa una nuova "razionalizzazione della rete scolastica italiana" che tradotto dal burocratese significa tagliare e accorpare scuole. L'obiettivo è quello risparmiare riportando all'interno del "intervallo virtuoso" il numero di alunni delle singole scuole: tra 500 e 900 alunni, appunto. Per via della situazione geografica italiana sono parecchie le scuole dei piccoli centri che assicurano il servizio a "pochi alunni": basti pensare a Ustica.

Nel 2002, l'allora ministro dell'istruzione, Letizia Moratti, fece compilare una "lista nera" di 2 mila istituzioni scolastiche fortemente sottodimensionate (con meno di 500 alunni) che suscitò le vibranti polemiche dei sindacati e delle associazioni. Non se ne fece nulla, ma questa volta il governo Berlusconi sembra più deciso.

In Italia, secondo l'ultimo censimento, i piccoli comuni sono 5.836: il 72 per cento del totale. Sono poco più di 10 milioni gli abitanti che risiedono nei piccoli centri e nella maggior parte di essi (nel 60 per cento, secondo un calcolo di Legambiente) c'è almeno un plesso di scuola primaria (elementare) e di scuola media che rendono la vita meno complicata a milioni di famiglie. Ma in futuro potrebbe non essere più così perché per ridurre drasticamente le cattedre occorre tagliare le classi e alcune scuole potrebbero appunto chiudere.

Anche la distribuzione dei piccoli comuni lungo lo Stivale non è omogenea. La maggior parte (il 59 per cento) si addensa nelle otto regioni del Nord. Quelli ubicati nelle regioni del Centro sono appena 642 (l'11 per cento) e al Sud se ne contano poco meno del 30 per cento (1.740 per la precisione). Il provvedimento, così, rischia di penalizzare soprattutto le regioni settentrionali che, essendo le più "montuose", sono più ricche di piccoli centri.
(1 agosto 2008)
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Re: Pubblica Amministrazione: tra riforme e tagli

Messaggioda pinopic1 il 02/08/2008, 11:48

Intanto un plauso alla ministro Gelmini per i propositi manifestati relativamente al bullismo e al recupero di autorità degli insegnanti, e per il richiamo alle famiglie.
Meno per le motivazioni con le quali intende rispristinare il grembiulino: purtroppo ci saranno i grembiulini griffati.

Vediamo se avremo meno insegnanti meglio pagati.
Il ministro (Tremonti) pensa di non sostituire i docenti di ruolo che vanno in pensione con altri docenti di ruolo se non nel rapporto di 10 a 1. Questo non vuol dire che gli insegnanti diventeranno 80 mila, vuol dire che diminuiranno quelli di ruolo e il loro posto sarà preso da precari. Cosa cambia? I precari costano molto meno.
Lo stipendio iniziale di un insegnante è una miseria, ma per gli insegnanti di ruolo cresce con l'anzianità con scatti ogni due-tre anni. Lo stipendio di un insegnante prossimo alla pensione non è affatto disprezzabile.
I precari rimangono sempre allo stipendio iniziale e hanno anche meno diritti. Tutti gli insegnanti di ruolo percepiscono lo stipendio nei mesi estivi, non è così per molti precari.
Se anche con il prossimo rinnovo del contratto il governo generosamente concedesse un aumento diciamo di 150 euro, un precario con 20 anni di precariato alle spalle guadagnerebbe sempre meno di un insegnante di ruolo con la stessa anzianità.
Quindi (egoisticamente s'intende) ad un insegnante precario converrebbe passare di ruolo che avere un aumento di stipendio.
Questo naturalmente vale per tutti i dipendenti pubblici.


I piccoli comuni.
L'altro giorno ho letto dell'intenzione di chiudere scuole dei comuni con meno di 5000 abitanti. Sono questi i piccoli comuni?
Se la notizia non è infondata si tratta di centinaia di alunni che dovrebebro spostarsi nella scuola di un comune vicino.
Chi paga il busing? Le famiglie o i comuni?
In questo caso non si ha nessuna riduzione di cattedre, le cattedre soppresse nel comune X saranno istituite nel comune Y. Le cattedre diminuiscono solo se si fanno classi con più alunni. Gli insegnantio saranno contenti perché attualmente chi insegna in scuole piccole (non disagiate) ha l'orario distribuito su più scuole, se si spostano gli alunni in una sola scuola, l'inesegnate evita di fare il pendolare. Al massimo si risparmierebbe il personale di segreteria e il Preside. Ma neanche questo è vero, perché da sempre le scuole dei comuni più piccoli vengono accorpate per quanto riguarda direzione e segreteria.
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Re: Pubblica Amministrazione: tra riforme e tagli

Messaggioda franz il 02/08/2008, 12:37

franz ha scritto:In Italia, secondo l'ultimo censimento, i piccoli comuni sono 5.836: il 72 per cento del totale. Sono poco più di 10 milioni gli abitanti che risiedono nei piccoli centri e nella maggior parte di essi (nel 60 per cento, secondo un calcolo di Legambiente) c'è almeno un plesso di scuola primaria (elementare) e di scuola media che rendono la vita meno complicata a milioni di famiglie. Ma in futuro potrebbe non essere più così perché per ridurre drasticamente le cattedre occorre tagliare le classi e alcune scuole potrebbero appunto chiudere.

Anche la distribuzione dei piccoli comuni lungo lo Stivale non è omogenea. La maggior parte (il 59 per cento) si addensa nelle otto regioni del Nord. Quelli ubicati nelle regioni del Centro sono appena 642 (l'11 per cento) e al Sud se ne contano poco meno del 30 per cento (1.740 per la precisione). Il provvedimento, così, rischia di penalizzare soprattutto le regioni settentrionali che, essendo le più "montuose", sono più ricche di piccoli centri.
(1 agosto 2008)

Ho una passione innata per indagare sui falsi problemi in cui la statistica viene usata per presentare realtà che nn sono tali.
Quello dei piccoli comuni e delle scuole da chiudere è uno.
Si parla della Lombardia ma quella realtà è caratterizzata soprattutto dei piccoli comuni montani.
Caretteristica anche della parte alina del piemonte, della valle d'aosta, del veneto e del trentino.
Ma anche di Austria e Svizzera. Nazioni che hanno sistemi scolastici di qualità con piccole scuole ovunque, anche per pochi bambini. Ed hanno una organizzazione federalistica molto spinta e soprattutto una organizzazione. Il che è dire tutto.

Approfittando della banca dati statistica pubblica del canton ticino, che ha una struttura geografica simile alla lombardia ed fatta di tantissimi piccoli comuni, ho estrapolato i dati dei 24'000 bambini (8000 per la scuola materna e 16'000 per le elementari) di quel cantone. Emerge che su 190 comuni (gli unici grandi sono lugano, locarno, bellinzona e chiasso) le scuole materne sono presenti in 118 e le elementari in 120.
Per le materne in 105 casi si tratta di sedi con meno di 120 bambini.
Per le elementari in 101 casi si tratta di sedi con meno di 200 bambini e quelle con meno di 500 bambini sono il 97% del totale. La soglia dei 500 quindi non sta in piedi, nelle realtà montane. Chiunque slo dica (Sindacati o Bossi) ha ragione.

Una cosa pero' è vera. Svizzera ed Austria spendono molto di piu' dell'Italia per l'educazione dei loro ragazzi.

Ho trovato questa pagina di statistiche sulla scuola ticinese (pochi Km a nord di Milano)
http://www.ti.ch/dfe/ustat/dati%5Fcanto ... 00600.html
Malgrado la già evidenziata struttura di piccole scuole montane con pochi alunni, un media di scuole con 200 bambini ed anche meno, la scuola materna vede una media di un docente ogni 19 bambini e quella elementare di un docente ogni 14 bambini. Come fanno? Insegnante unico. Pochi e pagati benissimo.
nella tabella trovi anchei dati seguenti (I valori economici sono in franchi svizzeri) per ogni tipo ed ordine di scuola tranne l'università, che ha statistiche a parte.

Allievi per docente
Docenti per sezione
Costo salariale annuo per allievo
Costo salariale annuo per sezione
Costo salariale annuo per un'ora d'insegnamento


Ciao,
Franz
Ultima modifica di franz il 02/08/2008, 14:06, modificato 2 volte in totale.
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Re: Pubblica Amministrazione: tra riforme e tagli

Messaggioda pinopic1 il 02/08/2008, 13:26

Intanto stiamo scoprendo che rispetto alla scuola base, quella che fornisce il servizio minimo obbligatorio previsto dalla legge e che avrebbe un rapporto di circa 1 a 10, ci sono realtà e situazioni che spostano verso il basso quel rapporto.
Alcune virtuose altre probabilmente molto meno.
L'eventuale aumento del numero di alunni per classe colpirebbe anche la scuola base e potrebbe non colpire alcune di quelle realtà più o meno virtuose.

Colgo al volo la tua osservazione su quanto spendono di più Austria e Svizzera per la scuola. Temo che potresti fare la stessa osservazione per la maggior parte dei Paesei europei rispetto all'Italia.
Anche il confronto sulla percentuale di spesa destinata agli stipendi direbbe di più se venisse rapportata a quanti euro per abitante o alunno ogni paese spende per la scuola oppure alla quota di PIL destinata alla scuola.
Temo che non ci faremmo una bella figura.

Ritorno ai comuni con meno di 5000 abitanti. Spero che la soppressione riguardi soltanto presidenza e segreteria (cosa che vviene da sempre), altrimenti non riesco a capire a cosa serva la chiusura di quelle scuole se non a risparmiare sul riscaldamento e sull'energia elettrica.
Sempre sui piccoli comuni: dobbiamo distinguere quelli che si trovano in posizioni geografiche disagiate (alta montagna, piccole isole) da quelli che si trovano in aree normalmente popolate tra altri comuni piccoli, medi e grandi. Questi ultimi non hanno mai avuto un trattamento particolare.
L'accorpamento tra più scuole anche dello stesso comune avviene normalmente con gli Istituti scolastici onnicomprensivi che accorpano l'amministrazione di più scuole elementari e una o più scuole medie con unica presidenza (dirigente scolastico) e unica segreteria.

Una domanda: i tuoi dati tengono conto delle scuole di formazione professionale gestite dalle regioni?
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Re: Pubblica Amministrazione: tra riforme e tagli

Messaggioda franz il 02/08/2008, 13:36

pinopic1 ha scritto:Una domanda: i tuoi dati tengono conto delle scuole di formazione professionale gestite dalle regioni?

I dati RGS? Non lo so ma penso che quel personale sia sotto il carico delle amministrazioni regionali e locali (580'000 circa).

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Re: Pubblica Amministrazione: tra riforme e tagli

Messaggioda franz il 02/08/2008, 14:15

pinopic1 ha scritto:Colgo al volo la tua osservazione su quanto spendono di più Austria e Svizzera per la scuola. Temo che potresti fare la stessa osservazione per la maggior parte dei Paesei europei rispetto all'Italia.

Hai ragione a temerlo. È notoriamente cosi' da molto tempo. Siamo il fanalino di coda.
Come spesa e come risultai. ma non come numenro di addetti (docenti e non).
Ammetterai che qui c'è molto lavoro da fare e non solo sui "tagli", pur necessari.
Io sono per una struttura federale della scuola, come in germania, svizzera ed austria.
Le scuole materne ed elementari sono affidate in tutto e per tutto ai comuni (assunzioni e stipendi compresi)
Tutti gli altri ordini di scuola, università compresa sono affidati (assunzioni e stipendi compresi) ai cantoni ed ai länder.
Livello federale minimo, solo di coordinamento e per la gestione dei criteri comuni.
In Svizzera pensa che a livello federale non esiste nemmeno il ministero della pubblica istruzione (e non ne sentono la necessità) ma ne hanno uno per cantone piu' un tavolo periodico (conferenza) di coordinamento intercantonale.

Ciao,
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Re: Pubblica Amministrazione: tra riforme e tagli

Messaggioda franz il 02/08/2008, 15:38

pinopic1 ha scritto:Intanto un plauso alla ministro Gelmini per i propositi manifestati relativamente al bullismo e al recupero di autorità degli insegnanti, e per il richiamo alle famiglie.
Meno per le motivazioni con le quali intende rispristinare il grembiulino: purtroppo ci saranno i grembiulini griffati.

Plauso anche per la reintroduzione dell'Educazione Civica (33 ore annue) anche perché questo sarà stimolo per i docenti a rinfrescare la oscura materia. :) e occasione per i genitori di dover seguire i compiti dei figli, apprendendo sicuramente qualche cosa di nuovo.

Ciao,
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Re: Pubblica Amministrazione: tra riforme e tagli

Messaggioda ranvit il 02/08/2008, 19:31

Si, plaudo anche io....ci voleva un ministro di centrodestra per rimettere un po' di serietà nella scuola?

E questo vale anche per la monnezza e per le infrastrutture e per l'energia nucleare e per la ventata di contrasto alla criminalità e un po' di tagli alle spese ....

Un po' di semplicità (come dice Franz altrove) perchè molti problemi hanno bisogno di un po' di sano realismo e concretezza invece che "laceranti discussioni" sul sesso degli angeli....

E poi ci si meraviglia che gli italiani, nonostante tutto, hanno votato per il centrodestra...

Vittorio
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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