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Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria

Forum per le discussioni sulle tematiche economiche e produttive italiane, sul mondo del lavoro sulle problematiche tributarie, fiscali, previdenziali, sulle leggi finanziarie dello Stato.

Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria

Messaggioda ranvit il 04/07/2011, 16:02

Mi sono scaricato e sto leggendo il testo in oggetto:

http://www.lastampa.it/_web/download/ma ... rinale.pdf
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria

Messaggioda ranvit il 07/07/2011, 12:41

http://www3.lastampa.it/politica/sezion ... tp/410421/



Politica
07/07/2011 - BILANCIO, GLI ULTIMI RITOCCHI
La manovra cresce: 68 miliardi


+ Galan: Tremonti? Ha fatto una manovra alla Visco
+ Napolitano firma la finanziaria: "Ora confronto"
+ Manovra, il Quirinale firma il decreto Tremonti: "Il Lodo? Chiedete a Letta" Altri 17 miliardi da Fisco e assistenza
+ DOCUMENTOI piani di Tremonti per i conti pubblici (pdf)





Al saldo si aggiungono altri 17 miliardi, da recuperare attraverso la riforma fiscale
e assistenziale
PAOLO BARONI

ROMA
E adesso i miliardi della manovra diventano 68: 2 per il 2011, 6 per l’anno venturo, 20 quello dopo e 40 nel 2014; 51,1 arrivano dal decreto, gli altri 16,9 dalla legge delega. Non è un miracolo, ma il nuovo annuncio fatto ieri dal ministro dell’Economia Giulio Tremonti che ieri in conferenza stampa assieme a mezzo governo ha spiegato che al taglio del deficit, di qui al 2014, contribuirà anche la riforma assistenziale contenuta nella legge delega di riforma fiscale. La cui adozione dovrebbe consentire di risparmiare altri due miliardi di euro nel 2013 e ben 15 l’anno seguente (2,2 e 14,7 in realtà). L’occasione ieri è servita al responsabile dell’Economia per mettere i puntini sulle «i». E chiarire in che modo e con che tempi il governo pensa di arrivare all’azzeramento del deficit di qui a quattro anni come concordato con l’Europa. «Per l’anno in corso c’è un’esigenza di correzione, di manutenzione, di 2 miliardi, e sono certo - ha spiegato Tremonti - del fatto che l’obiettivo fissato al 3,9% sarà centrato. Nel 2012 c’è un’esigenza di correzione pari a 6 miliardi che si aggiungono a tutto quello che è stato fatto negli anni passati. Per il 2013 il decreto prevede una correzione per 18 miliardi ai quali si aggiungono 2 che devono arrivare dalla delega assistenziale. Per il 2014 la correzione è di 25 miliardi dal decreto legge più 15 dalla delega assistenziale».

Falsi invalidi nel mirino Come ricavare questi 17 miliardi in più? La delega messa a punto dal Tesoro è ovviamente generica, ma qualche indicazione la fornisce. Si tratta, in sintesi, di mettere a fuoco le misure che interessano i veri «bisognosi», l’assistenza vera e propria insomma, da tutto il resto (abusi e distorsioni comprese). Verranno così rivisti gli indicatori di situazione economica equivalente (i famigerati Isee) utilizzati per accedere a tanti servizi, i criteri in base ai quali vengono assegnate le pensioni di invalidità e reversibilità, con una attenzione particolare ai livelli di reddito. Il tutto puntando a evitare duplicazioni e sovrapposizioni e a responsabilizzare di più gli enti locali quando sono chiamati a gestire le risorse per conto dello Stato. Un’idea più precisa Tremonti in testa ce l’ha. «Le pensioni di invalidità in pochi anni sono passate da 6 a 16 miliardi di spesa senza che nel Paese sia successo nulla di particolare» ha spiegato facendo capire che a suo giudizio le Regioni negli ultimi tempi sono state un po’ troppo spendaccione, «mentre credo che si debba dare il giusto solo a chi se lo merita».

Clausola di salvaguardia In alternativa ai tagli della delega assistenziale Tremonti ipotizza di affondare il bisturi sugli sgravi fiscali. Quello che ha congegnato è un meccanismo a tagliola, una vera e propria clausola di salvaguardia. Blindata con la legge. «Se vuoi fare una vera riforma si deve passare dalla delega e cambiare il sistema - è il suo ragionamento -. Noi pensiamo di avere la delega entro il 2012, in alternativa scatterà il blocco del 15% di tutti i regimi di favore fiscale». Nel mirino c’è il tesoretto che da solo vale all’incirca 160 miliardi, più che sufficiente per pescare i 17 che serviranno nel 2013-2014. Parliamo di qualcosa come 476 voci «mappate» nei mesi passati dalla commissione guidata da Vieri Ceriani e chiamata ad analizzare il mare magnun delle detrazioni. Si va dal bonus per i figli a carico alle detrazioni per la ristrutturazione della casa, dalle tasse a forfait per le imprese start-up alla tassa sostitutiva sugli straordinari, dalla più recente cedolare secca sugli affitti alle agevolazioni sulle operazioni di fusione delle società, alla fiscalità di vantaggio per il Mezzogiorno.

Incrocio Fisco-Inps Ci sono diverse ipotesi di lavoro, ma il ministro caldeggia «soprattutto quella che prevede di agire sull’incrocio tra Fisco e Inps, su quella sconfinata massa di regimi che derogano più del dovuto. Pensiamo che in quel serbatoio si debba e possa trovare spazio per riforma fiscale e copertura di quella assistenziale». Le altre ipotesi ricordate ieri da Tremonti sono «la modifica del regime fiscale sulle attività finanziarie con l’allineamento al 20% che è la media europea» e lo spostamento dell’asse del prelievo dalle persone alle cose, ma «sappiamo quanto è rilevante il rischio di inflazione in questo momento».

Lo sforzo, insomma, si annuncia certamente importante. E la scelta che rischia di essere anche impopolare, soprattutto in vista delle prossime elezioni. «Chi non ci crede - ha puntualizzato il responsabile dell’Economia - deve avere idee alternative equivalenti e trovare un modo alternativo di copertura». Perché tagli e riduzione del deficit da oggi sono blindati e soprattutto automatici.
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Re: Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria

Messaggioda trilogy il 13/07/2011, 14:51

Se ci mettiamo l'effetto della manovra, tra un paio di mesi siamo nuovamente in recessione.... :?

È rimasta pressoché invariata la produzione industriale europea nel mese di maggio con una brusca frenata per l'Italia. Eurostat segnala, infatti, un aumento mensile dello 0,1% a livello di zona euro (+0,2% aprile) e dello 0,4% nell'Ue a 27 paesi (+0,1%), mentre l'Italia, dopo l'incremento dell'1,1% in aprile, registra una diminuzione dello 0,6%. Su base annua, la crescita europea è del 4% (sia Eurozona che Ue27) e quella italiana dell'1,8%.

http://www.ilsole24ore.com/art/economia ... d=Aa7KTinD
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Re: Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria

Messaggioda flaviomob il 14/07/2011, 18:37

Un nuovo ciclo di usura internazionale con la crisi finanziaria, questa volta a livello degli Stati, già comincia a proiettarsi dalla Grecia (attraverso i fondi di “riscatto”) a tutti i paesi della zona euro. Come meccanismo centrale, le banche e i gruppi usurai internazionali “riprestano” denaro agli Stati falliti (come fecero prima con le banche e le aziende private), si assicurano la capacità di pagamento con “le misure d’austerità” e alimentano la nascita di un’altra bolla, con la speculazione dei bond (emissione di debito degli Stati) nel mercato internazionale. Si tratta di un nuovo ciclo, dove il sistema capitalista si ristruttura e ricicla le sue crisi in nuove “bolle”.

Di Manuel Freytas

Fonte: http://cogitoergo.it/?p=3366


Riciclo dell’usura

L’operazione finanziaria con il “salvataggio” della Grecia non è altro che un grande business dell’usura con la crisi, questa volta fatto con uno Stato fallito e con il FMI e l’UE come strumenti esecutivi.
Il governo greco, in stato d’insolvenza per pagare il suo debito, chiede denaro (in cambio di obbligazioni) ed emette più debito. Cioè torna a indebitarsi per pagare il nuovo debito.
L’UE e la BCE (come intermediari e garanti), il FMI e gruppi d’usura internazionale rifinanziano lo Stato greco e attraverso un “adeguamento selvaggio” si assicurano che la Grecia paghi il suo debito riciclato con nuovi interessi usurari.

In questo modo, gli usurai internazionali ( banche centrali e gruppi privati) “prestano” soldi, si assicurano la capacità di pagamento con l’”adeguamento” e alimentano la nascita di un’altra bolla con la speculazione sui titoli greci nel mercato internazionale.
In breve, l’usura internazionale, dopo essersi assicurarata la capacità del pagamento del debito greco fornisce fondi per riciclare un nuovo macro affare finanziario con il debito del paese fallito.
In altre parole “finanzia” (comprando il debito) non per salvare la Grecia ma per alimentare un altro ciclo di indebitamento usuraio e di bolla speculativa.
Riassumendo, il capitale usuraio mette denaro (acquista obbligazioni) si assicura il suo ritorno (capitale e interessi) con l’”adeguamento selvaggio” e la nuova disciplina fiscale (riduzione della spesa pubblica) e si assicura il guadagno speculativo con i bond nel mercato internazionale (nuova bolla speculativa)
La “bolla” con lo Stato
In un altro scenario, con l’esperienza greca (che minaccia di contagiare tutta l’Unione Europea) si ripete il negoziato finanziario con la crisi implementato con i “riscatti” a banche e aziende private negli USA e in Europa.
Da quando è esploso il collasso bancario e della borsa a settembre del 2008, il sistema non si è mai potuto recuperare e infine la crisi dell’”economia di carta” ha finito per colpire l’ “economia reale”, prima nelle metropoli imperiali degli USA e dell’Europa e poi estendendosi in tutta la periferia “sottosviluppata” ed “emergente” dell’Asia, Africa e America Latina.

Mentre le economie USA e UE entravano in una feroce crisi finanziaria recessiva con il fallimento generalizzato delle mega aziende del settore industriale e commerciale, con licenziamenti in massa, i potenti conglomerati bancari che integrano il sistema della Federal Reserve e le banche delle potenze centrali, hanno riciclato una bolla (di guadagno) con lo Stato come strumento.

Attraverso il “riscatto finanziario” negli USA e in Europa, Wall Street e le borse mondiali, le banche e gruppi usurai privati hanno riciclato una nuova “bolla” di guadagno con la crisi, non più con denaro speculativo proveniente dal settore privato ma con fondi pubblici (delle tasse pagate da tutta la società).
Questi fondi (captati dai mercati dei capitali usurai) destinati ai “salvataggi” sono stati messi in modo compulsivo al servizio di un nuovo ciclo di profitto capitalista, al margine di un’ascendente crisi dell’economia reale che marcia parallela nei paesi centrali.
Allo stesso tempo, le economie reali dell’Impero e delle potenze centrali (nonostante gli annunci di “recupero”) rimangono in rosso in tutte le variabili, e una crisi sociale, con effetti ancora imprevedibili, si affaccia dalla mano dei licenziamenti e degli adeguamenti in Europa e USA.
Il costo di questo monumentale affare usuraio con la “crisi capitalista” (esportato dagli USA e dall’Europa ai paesi dell’Asia, Africa e America Latina) è finanziato con il denaro delle tasse pagate dall’insieme della società.
Si tratta, insomma, di una “socializzazione delle perdite” per sovvenzionare un “nuovo ciclo di profitti privati” con lo Stato come strumento di esecuzione.
Un processo attraverso il quale i mega consorzi più forti (i vincitori della crisi) si mangiano i più piccoli creando un nuovo processo di ristrutturazione e concentramento del sistema capitalista.
La bolla greca

Con la Grecia, l’operazione non è più a livello di aziende e banche ma a livello del “salvataggio” degli Stati falliti.
L’UE e il FMI, sono sia i garanti che i mutuatari nella stessa “operazione finanziaria”, dove le banche (centrali e privati) e gruppi d’usura internazionale del “mercato dei capitali” finanziano il “salvataggio” attraverso l’acquisto del debito dello Stato greco (obbligazioni).
Lanciati nel “mercato dei capitali” queste obbligazioni riciclano un altro macro affare speculativo con la crisi, non realizzato con banche e aziende fallite ma con Stati capitalisti crollati. Cioè l’affare finanziario con la crisi, con il caso emblematico greco va dal privato allo stato.
In questo modo, la società greca, principalmente il suo settore più vulnerabile pagherà il nuovo affare dell’usura internazionale con la crisi, in due modi:
A) Attraverso l’”adeguamento” che riduce i salari e degrada i benefici sociali della maggioranza e può creare veloci licenziamenti.
B) Finanziando con le loro tasse il nuovo affare usuraio internazionale con il debito emesso dallo stato greco.
Parallelamente e con l’obiettivo di assicurare un “fondo” disponibile per il “salvataggio” di altri Stati insolventi o falliti, l’UE accorda nuovi meccanismi di “assistenza finanziaria” insieme al FMI con il pretesto di “evitare” che la crisi della Grecia si propaghi in altri paesi dell’eurozona.
La crisi degli Stati



Il finanziamento statale dei “salvataggi” ad aziende e banche private in fallimento ha creato negli USA e in Europa un processo di sovraindebitamento pubblico (in aggiunta alla caduta dei PIL)
Questo ciclo non solo minaccia la stabilità economica e la “governabilità” del sistema, ma anche (e come è già successo con le banche e aziende private) può far collassare a catena gli stessi Stati capitalisti, sia centrali, che sottosviluppati o emergenti.
In generale, l’ombra di un’insolvenza di pagamento generalizzata (prodotta dai deficit e da minori entrate fiscali) ha creato una rinascita della crisi finanziaria in Europa, non a livello delle banche e di identità private, ma a livello degli stessi Stati dell’eurozona.
In questo modo, la crisi fiscale (a causa del disavanzo commerciale e la riscossione delle imposte statali) si è aggiunta al panorama di riduzione della spesa pubblica (che colpisce i settori più vulnerabili) con un aumento della disoccupazione (soprattutto negli Stai Uniti e in Europa) e la ripresa nulla dei consumi (causata dalla scomparsa del credito per la produzione).
E gli interrogativi e i dubbi persistono nel caso che le banche centrali USA ed europee decidano di innalzare gli stimoli (piani di salvataggio) a banche ed aziende.
In questo scenario, e come prodotto della speculazione in borsa ha acquistato una forma visibile un nuovo attore emergente nell’economia mondiale: la “crisi fiscale” (prodotto dei deficit siderali che colpiscono gli Stati delle economie centrali) che segue alla crisi finanziaria nella debacle dell’economia capitalista globalizzata.
E c’è un paradosso: “La crisi statale” non nasce come prodotto dell’indebitamento privato senza copertura ma come emergente dei programmi statali del salvataggio finanziario che hanno indebitato (senza copertura fiscale) gli Stati, con gli Usa e l’UE al primo posto.
La nuova crisi, come segnala il Financial Times viene esportata dagli USA attraverso l’indebitamento senza copertura che sfrutta il dollaro come un “rifugio sicuro” per gli speculatori internazionali.

In questo contesto si muove il nuovo ciclo di usura internazionale con la crisi finanziaria, questa volta a livello degli Stati che già si comincia a delineare dalla Grecia a tutti i paesi della zona euro.
Fonte: IarNoticias


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Re: Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria

Messaggioda ranvit il 17/07/2011, 12:04

Ma dove li trovate questi pazzi scatenati???
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Re: Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria

Messaggioda flaviomob il 18/07/2011, 12:24

(altri pazzi)

La linea di Confindustria sul debito pubblico: privatizzazioni

di Domenico Moro

Il fondo del Sole24ore di sabato 9 luglio, all’indomani dell’attacco dei mercati finanziari contro l’Italia, delinea la linea di politica economica di Confindustria che, anziché salvare il “malato”, può definitivamente ucciderlo. Pur ammettendo l’importanza della crescita nella soluzione del problema del debito pubblico, secondo i due editorialisti, Perotti e Zingales, “non c’è più tempo per operare su di essa”. Bisogna agire in fretta per dare una risposta rassicurante ai mercati finanziari. La risposta consisterebbe nel “raggiungere il pareggio di bilancio in un anno. (…) Si tratta di lacrime e sangue. Ma le lacrime e sangue saranno ben maggiori se non abbiamo il coraggio di agire subito”. Non basta aumentare le entrate, bisogna tagliare le spese, a cominciare da quelle previdenziali. Ma anche questo non sarebbe sufficiente. Per risolvere la situazione “bisogna riprendere le privatizzazioni (per esempio Eni, Enel, Poste, Finmeccanica, Rai)”. Eccoci, quindi, al punto. La questione del debito pubblico diventa il grimaldello per attuare la definitiva privatizzazione di quello che rimane dell’intervento statale in economia. Si direbbe che dall’esperienza si sia imparato poco. Un decennio di stagnazione, seguito alle grandi privatizzazioni, ha dimostrato che il problema del debito pubblico non solo non viene risolto, bensì viene aggravato dalle privatizzazioni. Vediamo per quali ragioni.

1. Le privatizzazioni hanno smantellato o indebolito i pochi settori industriali dove il nostro Paese era all’avanguardia. La crescita del Pil italiano degli ultimi quindici anni è stata ben al di sotto di quella dei principali Paesi Ue, a causa della contrazione della produttività. Ciò è avvenuto anche perché i settori di proprietà statale più avanzati tecnologicamente, con più alti investimenti e più alta produttività, sono stati smantellati con le privatizzazioni e l’economia italiana si è sempre più concentrata sui settori meno produttivi, meno capital intensive e basati sui bassi salari.
2. La struttura industriale italiana è sempre stata meno dotata, rispetto ad altri Paesi europei, di grandi imprese, in grado di competere in un mercato sempre più mondiale. La maggior parte dei pochi gruppi di rilevanza internazionale erano e sono pubblici. Le privatizzazioni, eliminandoli, hanno indebolito e indeboliranno ancor di più tutta la struttura produttiva italiana e la sua capacità di competere. Inoltre, i grandi gruppi privati sono molto più portati a delocalizzare, come dimostra il caso Fiat.
3. Gli imprenditori italiani, anche e soprattutto i grandi, tendono a non investire capitale proprio, e spesso a basarsi sulla leva debitoria portata all’estremo (leverage buyout). Acquistare indebitandosi fortemente vuol dire dover destinare i ricavi a ripagare il debito e non a investimenti e innovazioni, indebolendo la capacità di competere. Le vicende di Telecom, seguenti alla sua vendita a Tronchetti-Provera, sono un esempio emblematico degli effetti nefasti delle privatizzazioni. Mentre in Telecom pubblica il 61,7% delle risorse erano destinate all’ammodernamento, in Telecom privatizzata solo il 31,8% è stato destinato allo stesso scopo.
4. I settori da privatizzare sono settori strategici, quali l’energia, le comunicazioni, ecc. Privatizzarli vuol dire anche privare il nostro Paese del controllo sulla sua struttura produttiva e potenzialmente abbandonarlo nelle mani di gruppi ed interessi stranieri, anche perché non è detto che si trovino capitali privati italiani disponibili a comprare, come ha dimostrato il caso Parmalat.
5. L’interesse alla privatizzazione dei gruppi statali nasce dal fatto che questi operano in mercati monopolistici, al riparo dalla concorrenza, oppure nei lucrosi servizi finanziari, come il Bancoposta. Chi vi investirà potrà beneficiare di rendite di posizione, mantenendo alti prezzi di monopolio, che certo non saranno diminuiti dalla privatizzazione (vedere il caso Autostrade). Allo stesso tempo, con lo spostamento dei capitali dai settori più esposti alla concorrenza verso i settori di monopolio diminuiranno i già declinanti investimenti fissi nel manifatturiero, rendendolo ancora meno competitivo.
6. Infine, la vendita dei “gioielli di famiglia” priva lo Stato di entrate consistenti per il suo bilancio. Solo l’Eni nel 2010 ha versato al Tesoro un dividendo di 1,21 miliardi di euro. Vendere aziende come Eni, Poste ed Enel non ha senso, perché vuol dire vendere le galline dalle uova d’oro. Per accontentare i mercati finanziari oggi, ci si priva di entrate sicure per il futuro.

I recenti innalzamenti degli interessi sui debiti di Portogallo e Grecia dimostrano che politiche di “lacrime e sangue” e privatizzazioni sono inefficaci contro la speculazione finanziaria internazionale sul debito sovrano. Mentre la crisi internazionale di questi anni evidenzia che il mercato autoregolato non funziona. Inoltre, le vicende italiane dimostrano che i privati, come ha evidenziato bene Massimo Mucchetti in “Licenziare i padroni?” sono stati padroni molto meno bravi dello Stato. Dunque, “le lacrime e il sangue” saranno ben maggiori nel futuro se oggi finiamo di smantellare la base produttiva del Paese, completando la trasformazione dell’economia italiana in quello che si potrebbe definire “capitalismo monopolistico parassitario”. Il peso del debito, ad ogni modo, si aggraverebbe. Infatti, visto che il debito viene calcolato come percentuale del Pil, incidere negativamente sulle basi strutturali di quest’ultimo significa aumentare il debito futuro indipendentemente dagli sforzi fatti per ridurlo. L’unica politica economica degna di questo nome è l’esatto opposto della ricetta di Confindustria: oltre ad impedire nuove privatizzazioni, bisogna anche e soprattutto rilanciare l’intervento pubblico in economia, a partire dalle ripubblicizzazioni dei settori privatizzati.

http://www.sinistrainrete.info/politica ... tizzazioni


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Re: Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria

Messaggioda ranvit il 18/07/2011, 12:52

L’unica politica economica degna di questo nome è l’esatto opposto della ricetta di Confindustria: oltre ad impedire nuove privatizzazioni, bisogna anche e soprattutto rilanciare l’intervento pubblico in economia, a partire dalle ripubblicizzazioni dei settori privatizzati.

(...continuiamo con la sfilata dei "pazzi") :D

Ammettiamo che sia condivisibile.....e i soldi per ripubblicizzare dove sono?

In realtà il problema sta nella mediocrità della classe politica..."nostra" e "loro" :twisted:
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Re: Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria

Messaggioda flaviomob il 18/07/2011, 22:22

Finanza da legare. Manifesto degli economisti sgomenti
14/07/2011

Con Finanza da legare, traduzione italiana del Manifeste d’économistes atterrés, Sbilanciamoci.info inaugura la collana e-book. Nella prima uscita un gruppo di economisti francesi legge la fase attuale. Con un saggio di Andrea Baranes e un dizionario di Vincenzo Comito. Di seguito l'introduzione all'edizione italiana.
Finanza da legare è il primo di una serie di e-book che Sbilanciamoci.info vuole lanciare per offrire nuovi strumenti di analisi critica dell’economia e nuove proposte su come può essere cambiata. È la traduzione del Manifeste d’économistes atterrés (Les liens qui libèrent), pubblicato nel novembre 2010 in Francia per iniziativa di un gruppo di “economisti sgomenti” di fronte all’incapacità dell’Europa di affrontare la crisi e mettere sotto controllo la finanza che l’ha provocata.
Il Manifesto – che ha raccolto l’adesione di oltre 700 economisti francesi e vasti consensi in altri paesi europei – è un atto d’accusa contro la politica economica dell’Europa, che non ha messo in discussione il dominio della finanza sull’economia reale, continua a seguire le prescrizioni neoliberiste e scarica gli effetti della crisi sulla riduzione della sfera pubblica, con l’effetto di prolungare la recessione e aggravare le disuguaglianze e le ingiustizie sociali.
Il punto di partenza del Manifesto è la denuncia di dieci “false certezze” che condizionano l’azione politica dell’Unione europea e dei governi nazionali. Tra queste, l’idea che i mercati finanziari siano efficienti e capaci di sostenere la crescita, che spesa e debito pubblico siano responsabili della crisi attuale e che la via d’uscita passi per una loro riduzione che “rassicuri” la finanza globale sulla solidità dell’Europa. Idee che hanno mostrato, soprattutto a partire dalla crisi del 2008, la loro mancanza di fondamento e la loro natura ideologica, e che si sono rivelate fallimentari per le politiche europee.
Negli ultimi mesi, l’aggravarsi della crisi finanziaria della Grecia e di altri paesi della periferia dell’Europa ha reso ancora più urgente un cambio di direzione nella politica europea.
La Grecia, non certo esente da colpe pregresse, è chiamata ad affrontare l’emergenza del debito pubblico – largamente detenuto da banche tedesche e francesi – attraverso gravi tagli di bilancio, esasperando la popolazione con forti riduzioni della spesa sociale e drastici tagli ai dipendenti pubblici. Stesso destino accomuna il Portogallo, anch’esso stretto dalle misure previste dall’intervento di “salvataggio” di Unione europea e Fondo monetario. Irlanda e Spagna sono travolte da analoghe crisi, con drastiche riduzioni della spesa pubblica e prospettive di recessione dietro l’angolo. Fuori dall’euro, ma al centro della finanza internazionale, la Gran Bretagna ridisegna il suo bilancio con una stretta sui dipendenti pubblici più dura di quella imposta trent’anni fa dal governo di Margaret Thatcher.
La pressione della finanza è ora sull’Italia. L’attacco della speculazione del luglio 2011 ha rivelato la fragilità della nostra classe politica, prima ancora che della nostra economia. Si sente aria di rassegnazione di fronte alla manovra correttiva di 60, 70 miliardi che nei prossimi anni imporrà sacrifici aggiuntivi al paese. C’è chi la chiama cura, e invece è l’ennesimo colpo inferto alle prospettive di crescita di un paese che fa fatica a rialzarsi. Rassicureremo i mercati al costo di qualche decina di milioni di euro e di un distacco tra la politica dei palazzi e il paese reale che si fa ogni giorno più marcato. Ci rialzeremo più lentamente di altri, perché la latitanza del governo italiano sul fronte delle strategie di sviluppo è più forte che altrove, e i tagli realizzati continuano a colpire l’investimento sul futuro, la scuola, l’università, la ricerca, l’innovazione.
In questo scenario, l’Europa potrebbe fare scelte diverse. Potrebbe aprire una nuova fase di sviluppo che ridimensioni il ruolo della finanza nella politica economica e imponga una nuova direzione al processo di integrazione europea, temi al centro del dibattito sulla “rotta d’Europa” lanciato a luglio 2011 da sbilanciamoci.info e dal quotidiano il manifesto. Per il Manifeste d’économistes atterrés l’integrazione europea deve appartenere ai cittadini, anziché a politici e tecnocrati. “Legare la finanza” appare il primo passo per una strategia economica e sociale che ridefinisca gli obiettivi dello sviluppo, aumenti la partecipazione dei cittadini alle decisioni e legittimi dal basso la costruzione europea.
Le alternative ci sono. Il Manifesto francese propone ventidue iniziative che sono alla base di un disegno economico alternativo e progressista: la riduzione del peso della finanza nelle scelte politiche, la stabilità delle protezioni sociali e della spesa pubblica, la riduzione delle disuguaglianze all’interno dell’Unione, un maggior coordinamento sovranazionale. Un programma complesso, ma necessario, per un rilancio dell’Europa.
Quella del Manifeste d’économistes atterrés non è l’unica voce che chiede politiche economiche diverse, un modello alternativo a quello neoliberista. Il capitolo di Andrea Baranes in questo e-book integra le analisi degli “economisti sgomenti” con una rassegna delle campagne e iniziative che la società civile europea e internazionale ha realizzato in questi anni per costruire un’economia diversa, riformare i mercati finanziari e ridurre il ruolo della finanza nelle scelte economiche e sociali. Molte sono le proposte concrete fin qui avanzate: la tassa sulle transazioni finanziarie, i controlli sui movimenti di capitale, l’armonizzazione fiscale a livello europeo, l’eliminazione dei paradisi fiscali, una nuova architettura per il sistema finanziario globale, lo sviluppo della finanza etica.
Un piccolo glossario sulle “parole difficili” della finanza chiude questo e-book. Vincenzo Comito ne ha curato la stesura.
La ricerca di alternative all’economia e alle politiche dominanti è da anni al centro del lavoro di Sbilanciamoci. La Campagna Sbilanciamoci, che da dodici anni riunisce 48 associazioni della società civile, presenta ogni anno la “Controfinanziaria”, con proposte su come usare la spesa pubblica per la società, i diritti, l’ambiente, la pace. La “Controcernobbio” - un meeting annuale alternativo a quello dell’élite italiana a Cernobbio - mette a confronto le esperienze migliori per costruire un’economia diversa. I rapporti sulla qualità regionale dello sviluppo (Quars) documentano il benessere nelle regioni italiane. Il libro bianco sulla Cooperazione allo sviluppo propone un ruolo internazionale diverso per il nostro paese.
Il sito di informazione economica Sbilanciamoci.info produce una newsletter settimanale con articoli sull’attualità economica e politica e le alternative possibili. Ha pubblicato nel 2010 il volume Dopo la crisi. Proposte per una economia sostenibile (a cura di Andrew Watt, Andreas Botsch e Roberta Carlini, Edizioni dell’Asino) con contributi di trenta economisti americani, europei e italiani sulle politiche concrete per uscire dalla crisi provocata dalla finanza. Di fronte alla crisi della maggiore impresa italiana – la Fiat – Sbilanciamoci ha realizzato con il manifesto nel gennaio 2011 lo speciale “Grosso guaio a Mirafiori” con analisi e proposte sul futuro industriale dell’Italia. Tutti questi materiali si possono scaricare gratuitamente dai siti www.sbilanciamoci.org e www.sbilanciamoci.info. Una scheda completa sulle attività di Sbilanciamoci è alla fine di questo e-book.
Per la realizzazione di questo e-book ringraziamo Philippe Askenazy, uno dei promotori del Manifeste d’économistes atterrés, che ha accolto la nostra proposta di traduzione italiana, suggerita inizialmente da Vincenzo Comito. Armanda Cetrulo ha realizzato la traduzione e Matteo Lucchese ha curato il volume. Ringraziamo Roberta Carlini, Giulio Marcon, Mario Pianta, Cristina Povoledo e Guglielmo Ragozzino per i loro suggerimenti. Javier Cabrera, Arnaldo Filippini e Antonella Licitra, del gruppo AnAlphabet, hanno realizzato il progetto grafico e l’impaginazione del volume.

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Re: Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria

Messaggioda Domenico Moro il 20/07/2011, 12:41

ranvit ha scritto:L’unica politica economica degna di questo nome è l’esatto opposto della ricetta di Confindustria: oltre ad impedire nuove privatizzazioni, bisogna anche e soprattutto rilanciare l’intervento pubblico in economia, a partire dalle ripubblicizzazioni dei settori privatizzati.

(...continuiamo con la sfilata dei "pazzi") :D

Ammettiamo che sia condivisibile.....e i soldi per ripubblicizzare dove sono?

In realtà il problema sta nella mediocrità della classe politica..."nostra" e "loro" :twisted:


Ci sono i pazzi e poi ci sono quelli che continuano a non capire un piffero dopo decenni che prendono bastonate sulla testa ripetendo come un disco rotto la solita tiritera sui politici cattivi ...
Caro Ranvit, invece, di cavartela con qualche battuta facile facile, parla di economia. Che ne pensi delle privatizzazioni che vengono proposte oggi? E di quelle fatte ieri? Non pensi che siano state disastrose?

Quanto alla "classe politica", forse se ci si rendesse conto che quella che tu chiami mediocrità è dipendente dalla subalternità della maggior parte dei politici agli interessi delle grandi imprese, banche e assicurazioni e deriva dal ritenere il mercato un arbitro neutrale e al di sopra delle parti, sarebbe un passo in avanti. E lo sarebbe per tutta la sinistra, anche per il Pd, specie rispetto al grillismo medio imperante. O forse che non ci sono interessi sociali contrapposti?

Saluti

Domenico Moro
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Re: Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria

Messaggioda ranvit il 20/07/2011, 13:01

Domenico Moro ha scritto:Ci sono i pazzi e poi ci sono quelli che continuano a non capire un piffero dopo decenni che prendono bastonate sulla testa ripetendo come un disco rotto la solita tiritera sui politici cattivi ...
Caro Ranvit, invece, di cavartela con qualche battuta facile facile, parla di economia. Che ne pensi delle privatizzazioni che vengono proposte oggi? E di quelle fatte ieri? Non pensi che siano state disastrose?

Quanto alla "classe politica", forse se ci si rendesse conto che quella che tu chiami mediocrità è dipendente dalla subalternità della maggior parte dei politici agli interessi delle grandi imprese, banche e assicurazioni e deriva dal ritenere il mercato un arbitro neutrale e al di sopra delle parti, sarebbe un passo in avanti. E lo sarebbe per tutta la sinistra, anche per il Pd, specie rispetto al grillismo medio imperante. O forse che non ci sono interessi sociali contrapposti?

Saluti

Domenico Moro



Domenico Moro.....mmmmmmh DM......e se ci mettiamo davanti un "piero" ;)

Comunque concordo....ci sono quelli che da decenni non capiscono un piffero.... ormai vecchi e rincoglioniti, come tromboni sfiatati ripetono sempre le stesse ricette per decenni perdenti ;)

Vittorio
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
ranvit
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