ECONOMIA
IL DOSSIER. Sondaggio della Ernst & Young tra i dirigenti
Prime: la Cina nel mondo e Londra nell'Unione Europea
Gli investimenti esteri
snobbano l'Italia
Siamo scesi al 15° posto nella Ue: scarsa trasparenza e troppe tasse
ROMA - Investire in Italia? No, molto meglio la Cina. Eventualmente l'India. Perché il nostro paese ha perso ulteriormente appeal nei confronti degli investimenti diretti dall'estero: tra le nazioni europee lo scorso anno eravamo al quattordicesimo posto, mentre oggi occupiamo la quindicesima piazza della classifica stilata da Ernst & Young. Per capirne i motivi basta dare un'occhiata alle opinioni raccolte nel corso del 2007 dalla società di consulenza: il Belpaese non piace ai manager del resto del mondo per la poca trasparenza e la scarsa stabilità politica, per le tasse troppo alte e per i suoi lavoratori, che sono cari e poco flessibili.
Tutte caratteristiche che evidentemente non vengono riscontrate nella Gran Bretagna, che con le sue 713 operazioni ricevute nel 2007 occupa la prima posizione della graduatoria europea. Seguono Francia (541 operazioni), Germania (305), Spagna (256), Belgio (175). L'Italia, come detto, è solo quindicesima, con le sue 69 operazioni d'investimento, cinque in meno rispetto al 2006, quando condivideva la quattordicesima piazza con l'Irlanda. Si tratta soprattutto di iniziative nell'ambito dei servizi alle imprese, del software e dell'intermediazione finanziaria. In tutto, si ferma in territorio italiano appena l'1,8% degli investimenti europei. Insomma, i grandi flussi passano altrove.
Del resto, il nostro paese è in una fase di stasi. Secondo il 55% dei dirigenti intervistati da Ernst & Young, infatti, la situazione italiana non è né migliorata né peggiorata. Ed è per questo motivo che il 60% del campione dichiara di non considerare l'Italia come una delle prossime destinazioni dei propri investimenti, preferendo invece puntare sulla Cina o sull'India, magari anche sulla Russia e sugli intramontabili Stati Uniti. Dal sondaggio pare che non piaccia più neppure il nostro celeberrimo design: solo il 3% ci indica come i migliori del mondo, mentre in molti scelgono la Germania (9%), gli Usa e il Canada (9%).
D'altronde, dall'insieme delle opinioni degli investitori stranieri emerge un quadro poco confortante. Le cose che più preoccupano sono la trasparenza e la stabilità politica, legislativa e amministrativa, che costituiscono fattori di debolezza per il 62% del campione. Poi ci sono le tasse, che allontanano il 60% degli investitori, anche se lo fanno un po' meno rispetto all'indagine del 2006, quando erano le più segnalate (dal 64% dei manager). È diventato invece più premente il problema legato al costo del lavoro, che condiziona negativamente le scelte del 59% degli intervistati, mentre rimane stabile la flessibilità del lavoro (52%).
Tanti punti deboli, ma anche qualche buon motivo per investire in Italia. Molti manager, infatti, ne apprezzano la qualità della forza lavoro (attraente per il 71% degli intervistati), le infrastrutture per le telecomunicazioni (72%) e anche la cultura e la lingua locali (76%). Ma ciò che più di tutto attira gli investitori stranieri è la nostra qualità della vita, gradita dall'80% del campione. Ma c'è anche un altro dato incoraggiante: i dirigenti d'azienda che lavorano nel nostro paese danno valutazioni dell'Italia superiori ai manager che la giudicano solo dall'estero. Come a dire che visto da dentro il nostro paese è un po' più bello che visto da fuori.
(st. pa.)
(17 giugno 2008)
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