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Bce e donne

Forum per le discussioni sulle tematiche economiche e produttive italiane, sul mondo del lavoro sulle problematiche tributarie, fiscali, previdenziali, sulle leggi finanziarie dello Stato.

Re: Bce e donne

Messaggioda pianogrande il 10/01/2009, 15:10

La politica è una categoria che sta uno scalino al disopra dell'economia.
La politica deve: coordinare, incentivare , disincentivare, permettere, vietare etc etc per perseguire la migliore qualità della vita per i cittadini.
Tra la politica e l'economia c'è uno scambio di risorse: tu imprenditore trasporti sulle strade della collettività, succhi energia dalle strutture collettive etc etc fino ad essere proprietario di qualcosa solo perché al pezzo di carta dove è scritto che sei proprietario corrisponde una collettività che gli riconosce un valore e lo difende.
L'una non può fare a meno dell'altra, l'una condiziona l'altra.
Nessuna delle due può pretendere che l'altra si tolga di mezzo (sarebbe suicida).
Gli obiettivi della politica e dell'economia sono diversi ma non incompatibili.
Questa compatibilità deve essere a cura di entrambe le parti (anche qui il contrario sarebbe suicida).
Fotti il sistema. Studia.
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Re: Bce e donne

Messaggioda franz il 10/01/2009, 16:44

pianogrande ha scritto:La politica è una categoria che sta uno scalino al disopra dell'economia.
La politica deve: coordinare, incentivare , disincentivare, permettere, vietare etc etc per perseguire la migliore qualità della vita per i cittadini.
Tra la politica e l'economia c'è uno scambio di risorse: tu imprenditore trasporti sulle strade della collettività, succhi energia dalle strutture collettive etc etc fino ad essere proprietario di qualcosa solo perché al pezzo di carta dove è scritto che sei proprietario corrisponde una collettività che gli riconosce un valore e lo difende.
L'una non può fare a meno dell'altra, l'una condiziona l'altra.
Nessuna delle due può pretendere che l'altra si tolga di mezzo (sarebbe suicida).
Gli obiettivi della politica e dell'economia sono diversi ma non incompatibili.
Questa compatibilità deve essere a cura di entrambe le parti (anche qui il contrario sarebbe suicida).

Il fatto che una condizioni l'altra e che questa compatibilità deve essere a cura di entrambe le parti lo ritengo giustissimo ma implica che nessuno pretenda di essere uno scalino sopra dell'altro.

Per quando riguarda i compiti della politica: regolare si', e meglio di oggi, ma pretendere di coordinare, incentivare, disincentivare l'economia no. Lo ritengo sbagliato.
L'economia diretta dalla politica (come nei pieni quinquennali sovietici) è stata un fallimento totale.
La politica deve regolare e predisporre le condizioni quadro perché l'economia si sviluppi.
Il problema è "regolare", che significa ovviamente soprattutto saperlo fare.
Se tu pensi di sapere regolare un carburatore e sbagli, il motore si ingolfa e non funziona piu'.
Se quel motore muoveva un autobus in una zona desertica con 30 persone a bordo, quelli sono tutti morti e lo scalino al di sopra dell'economia si dimostra una beffa atroce.
Considera che oggi siamo 6 miliardi e mezzo, il quadruplo di 100 anni fa e che cio' è dovuto principalmente alla economia (per il migliamento dei processi produttivi, in agricoltura e non solo) ed alla scienza (per le conquiste della medicina).
Quindi diciamo che il contributo maggiore al progresso sociale è dato dalla cultura e dall'economia.

Il contributo della politica allo sviluppo umano ... non è stato esaltante e non è stato affatto linerare, considerando le due guerre mondiali ed i milioni di morti legati alle dittature sanguinarie che abbiamo avuto in passato.
Vedo un grande contributo positivo, quello del welfare state, possibile pero' solo in quanto l'economia arriva ad un certo livello di sviluppo ed è ben regolata.

Ciao,
Franz
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Re: Bce e donne

Messaggioda pianogrande il 10/01/2009, 23:34

Comunque, la politica DEVE essere al disopra dell'economia.
Solo così potrà REGOLARLA.
Altra cosa è avere politici onesti e capaci o il loro esatto contrario.
L'economia deve muoversi all'interno dello stato.
Troppo comodo gridare "meno stato e più mercato" salvo poi invocare l'intervento pubblico dopo aver saccheggiato il saccheggiabile.
Per economia intendo gli imprenditori e non il termine nella sua accezione più larga; altrimenti tiriamo fuori la politica economica e quant'altro e non finiamo più.
Anche tra lavoratore dipendente ed imprenditoria c'è uno scambio, ma questo è regolato da leggi che sono al disopra di entrambi.
Anche nel commercio c'è uno scambio ma ... come sopra.
Il governo di un paese deve essere in grado (per potere e capacità) di regolare tutte le fasi della convivenza civile.
E deve essere forte perché le regole siano rispettate da tutti.
Il problema sta, semmai, in questo esigenza di potere e di come questo viene utilizzato.
E quì si riapre il discorso della democrazia, dell'equilibrio dei poteri .............
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Re: Bce e donne

Messaggioda franz il 10/01/2009, 23:54

pianogrande ha scritto:Comunque, la politica DEVE essere al disopra dell'economia.
Solo così potrà REGOLARLA.
Altra cosa è avere politici onesti e capaci o il loro esatto contrario.
L'economia deve muoversi all'interno dello stato.
Troppo comodo gridare "meno stato e più mercato" salvo poi invocare l'intervento pubblico dopo aver saccheggiato il saccheggiabile.
....
E quì si riapre il discorso della democrazia, dell'equilibrio dei poteri .............

Appunto, che equilibrio è se uno sta sopra. L'equilibrio è tra pari. Quello che dici tu si chiama egemonia.

Non è solo un problema di onestà, che da noi è già grave, ma soprattutto di capacità.
Chi ha invocato l'intervento pubblico secondo me non è stato il mercato ma qualcuno che stava affogando; altri sono stati ben lieti di aiutarlo per per dimostrare la validità dell'intervento pubblico. I disastri sui subprime in USA sono stati fatti da due organismi bancari pubblici (creati nei decenni scorsi dai governi) e sono stati salvati ... mentre banche private sono state fatte fallire. Ovviamente la vulgata di sinistra mette in giro (fa parte del gioco ) che si tratti della sconfitta del turbocapitalimso selvaggio mentre la realtà è molto piu' complessa. Viviamo in economie miste e le responsabilità sono molteplici. I liberisti affermano che non esistendo il libero mercato e dati i grandi controlli del governo americano e della banca centrale sulla massa monetaria, questa è stata in realtà la sconfitta dello statalismo.
È il bello delle economie miste: ognuno puo' dare la colpa all'altro ma le responsabilità sono comuni.

Ciao,
Franz
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Re: Bce e donne

Messaggioda pierodm il 11/01/2009, 2:43

Gli argomenti del forum sono come una rete stradale: tutti portano dappertutto, o quasi.
Ce ne sono alcuni, però - come questo - che sono come quelle piazze dove arrivano e partono molte strade.
Per questa ragione vale la pena insistere a ragionarci sopra, dato per esempio che ne è venuto fuori un contrasto forse non plateale, ma profondo, tra diverse concezioni del rapporto tra politica ed economia.

Prima di tutto, c'è un errore originario, del quale ho già accennato, nel mettere insieme alcune "categorie" di natura differente e non assimilabili: politica, economia, cultura, nello specifico.
Sul piano pratico-empirico, cioè nell'approssimazione esistente nelle conversazioni quotidiane, la commistione può funzionare per capirsi all'ingrosso. Ma non può esistere laddove - come fa Franz - ci si vuole impiantare sopra una teoria, una tesi che ha la giusta ambizione di essere "precisa".

La politica e la cultura, tanto per dirne una, hanno la funzione intrinseca di occuparsi di altro da sé, e quindi rimane difficile affermare che non devono invadere campi fuori dalla loro competenza.
Per dire - anzi, ripeterne - un'altra, l'economia non è un soggetto, ma un fenomeno, e dunque non ha senso delimitarne le eventuali "competenze".
In quanto fenomeno l'economia investe - cioè trae risorse, genera conseguenze - tutti i campi della vita sociale e individuale: ciò non deriva da una "scelta", ma dalla natura stessa del fenomeno.
Tutto ciò significa che non si tratta di stabilire una specie di "giurisdizione territoriale" tra queste entità diverse, stabilendo un rapporto di vassallaggio dell'una sull'altra.
La loro esistenza e azione si svolge in realtà su piani diversi: quello della politica è la gestione del potere, quello dell'economia è la produzione di ricchezza.
"Gestione del potere" significa però gestione di tutti gli altri poteri: questo è il punto che fa entrare la politica in collisione con tutte le altre attività, con tutti i fenomeni.
Il problema si pone in forma di "gerarchia" soprattutto nel regime democratico, nel quale i rapporti di potere si manifestano canonicamente tramite diritto ed "egemonia", più che sotto forma di braccio di ferro cruento e autoritario, come avveniva negli antichi regimi tra il re e i proprietari terrieri, o i "grassi borghesi", i grandi elettori, etc.
Epoche nelle quali era un elemento di libertà e di progresso - di "dinamismo", in linguaggio più neutro - il fatto che il potere della cultura e quello stesso della borghesia produttiva entrassero in conflitto con "la politica", cioè con il potere autarchico del re o quello dell'aristocrazia.
E' l'esistenza degli altri poteri, e la loro forza, che fa diventare necessario il potere della politica e la sua supremazia nello stato di diritto democratico - fermo restando che il potere economico non è quello, o solo quello, dei singoli attori economici, ma è il potere del fenomeno in se stesso, la sua estensione, la vastità delle sue conseguenze.

Il fatto che in democrazia questo potere della politica non si esprima nei "piani quinquennali" non significa che non esista: il piano quinquennale è la manifestazione estrema di uno statalismo antiquato e autoritario.
Fare questo genere di raffronto è come dire che, siccome gli aerei sono stati usati per bombardare in guerra, dobbiamo abolire l'aviazione, sia civile che militare.

Tornando ai "campi di competenza", il vero e unico soggetto è il corpo sociale: la politica è - dovrebbe essere - la capacità di questo soggetto di governare tutte le sue varie funzioni, averne coscienza e saper regolare le proprie azioni in base a questa coscienza: compresi i fenomeni biologici e metabolici necessari alla sopravvivenza.
Dividere, spezzettare questa unitarietà del soggetto è una tentazione tecnocratica, ma è un sistema che alla fine provoca più danni che vantaggi.
Per esempio, sarebbe assurdo pensare che la "cultura" di un soggetto deve "restare fuori" dalle sue attività produttive - a parte il fatto che queste attività sono parte integrante della cultura, intesa come evoluzione e coscienza di sé.

Sono certo che Franz - che qui si fa promotore di una visione, invece, frammentata - non può non essere d'accordo con questi vari passaggi.
Però si lascia trascinare dalla volontà di affermare il principio della "compatibilità economica" - che nessuno per altro contesta - come se questa fosse una virtù della "economia", e non si rende conto che questo genere di valutazioni rientrano totalmente proprio in quella "potestà politica" che cerca in tutti i modi di minimizzare.

Ho l'impressione che Franz - e con lui un'intera corrente di pensiero - quando pronunciano il termine "politica" hanno in mente la stessa cosa di quando pronunciano quello di "ideologia", ossia la "sinistra", lo statalismo, l'URSS, e magari per fare buon peso pure Pol Pot, che ci sta sempre bene.
Rimanendo sul piano terra terra, senza teorizzazioni, vorrei ricordare che esiste tanto una "politica reale" - sporchetta, ignorante, scriteriata - quanto una "economia reale" altrettanto sporca, ignorante e scriteriata.
Se scegliamo di idealizzare una, dobbiamo fare lo stesso con l'altra, e ugualmente se siamo realisti con una, siamo realisti anche con l'altra: non è questione di "equanimità" ma di logica.

Per quanto riguarda le pensioni, personalmente ho l'idea che dovrebbero essere tutte uguali, a prescindere da mestiere, professione, sesso, status giuridico del lavoro, etc.
La pensione non è la riscossione di un premio, o un salario post-datato, ma un servizio ai cittadini che li metta in grado di sopravvivere.
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Re: Bce e donne

Messaggioda pierodm il 11/01/2009, 8:54

Mi era rimasto di traverso un intervento di Franz, estremamente esemplificativo di certe correnti di pensiero e di un certo modo di affrontare i temi posti dalle vicende politico-economiche.
Un messaggio breve, un vero e proprio concentrato di pensiero che non so bene come classificare: diciamo "liberista". anche se mi sembra riduttivo?

F: Chi ha invocato l'intervento pubblico secondo me non è stato il mercato ma qualcuno che stava affogando

Rimane da capire che cosa rimane del "mercato", se lo depuriamo sistematicamente e ideologicamente da quelli che affogano, dai ladri, dai cretini, dagli speculatori, dai corruttori, dai monopolisti, dal lavoro nero, dagli evasori fiscali, dallo strozzinaggio bancario, dai venditori di fumo, dichiarando ogni soggetto e fenomeno che fa una brutta figura come "altra cosa", un "mariuolo che non c'entra".
Anche chi usufruisce per anni e anni di gagliardissimi finanziamenti statali, oltre che di normative ad hoc - vedi Fiat - fa parte del "mercato", esattamente come il marito violento e stupratore fa parte della "famiglia" e della sua storia.

F: Ovviamente la vulgata di sinistra mette in giro (fa parte del gioco ) che si tratti della sconfitta del turbocapitalimso selvaggio mentre la realtà è molto piu' complessa. Viviamo in economie miste e le responsabilità sono molteplici. I liberisti affermano che non esistendo il libero mercato e dati i grandi controlli del governo americano e della banca centrale sulla massa monetaria, questa è stata in realtà la sconfitta dello statalismo.
È il bello delle economie miste: ognuno puo' dare la colpa all'altro ma le responsabilità sono comuni.


Economie miste. Praticamente tutte quelle che si realizzano dove esiste uno Stato - vuoi che legiferi, vuoi che crei aziende, vuoi che controlli, insomma uno Stato che faccia il minimo sindacale che deve fare uno Stato, cioè almeno respirare, anche a sproposito.
La cosa è francamente grottesca, ma si può capire se questa visione proviene da qualche ultra-liberista in un momento di esaltazione polemica, mentre lo sputtanamento lo investe come un uragano.
Si capisce meno se viene proposta in un ragionamento normale: come evocare il concetto di "furto misto", dato che lo stato ci mette la legge, il derubato i soldi e il ladro il lavoro.

L'immagine, poi, di una sinistra che si aggira col bavero alzato, mettendo in giro volantini ciclostilati che accusano il "turbocapitalismo", è divertente, e quindi si fa perdonare - se non altro perchè c'è di peggio e di più serio.
Tra l'altro, mi piacerebbe sapere dove diavolo sta questa sinistra, capace di simili agitprop, visto che i suoi resti stramiciati non riescono nemmeno a pigolare abbastanza forte da farsi sentire tra uno spot televisivo e l'altro.

La sconfitta. Che le banche siano state in parte ad azionariato statale, in parte private, in parte quello che erano, in questo discorso conta come il due di bastoni quando regna denari.
Quella che è stata sconfitta è la logica del profitto ad ogni costo, della finanza prevaricatrice sull'economia produttiva, dell'etica bancaria, delle virtù autoregolative del "mercato": tutte questioni complesse, senza dubbio, ma tutte abbastanza chiare nella loro collocazione.
A meno che non si dimostri - o almeno si abbia un'intima convinzione, il che salverebbe almeno la coerenza - che le banche di matrice "statale" si siano comportate secondo una logica statalista e che questi comportamenti abbiano trascinato alla rovina anche le banche buone e brave, ossia quelle "private".

Ma va be'.
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Re: Bce e donne

Messaggioda flaviomob il 15/01/2009, 23:59

Robyn ha scritto:Bisognarebbe dire no alla proposta della Bce di elevare l'età pensionabile per le donne a 65 anni.Il limite di 62 e 60 rispettivamente per uomini e donne và bene.Una economia non deve guardare solo alla sostenibiltà finanziaria ma anche alla sostenibilità sociale.Esiste cioè un tempo per lavorare e un tempo per riposare.


...D'accordo: ma soprattutto non esiste abbastanza lavoro per tutti, per cui è impensabile proporre un vincolo continentale normativo per elevare l'età pensionabile senza un contrappeso adeguato, ovvero un sussidio di disoccupazione universale che garantisca una consistente quota del salario (e comunque un'esistenza dignitosa) nei periodi di non-lavoro, che giocoforza si dilateranno proporzionalmente all'aumento della vita lavorativa attiva.
Ancora più smisurato è l'ambito del lavoro non retribuito delle donne, che riguarda (tantopiù in paesi maschilisti e talvolta retrogradi come il nostro) la quasi totalità del lavoro domestico, della cura di figli e anziani, della differenza di salari a parità di mansioni tra uomo e donna (che difatto significa che la donna che lavora un'ora non viene retribuita per sessanta minuti, ma meno), della discriminazione di accesso alle cariche dirigenziali a parità di esperienza lavorativa, della discriminazione di minor carriera dovuta ai congedi di maternità o alle richieste - conseguenti - di part time o flessibilità nell'orario di lavoro.
Che l'Europa si occupasse anche un po' di diritti, in un paese sgangherato come il nostro, che diamine!
Flavio


"Dovremmo aver paura del capitalismo, non delle macchine".
(Stephen Hawking)
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Re: Bce e donne

Messaggioda franz il 16/01/2009, 9:07

flaviomob ha scritto:...D'accordo: ma soprattutto non esiste abbastanza lavoro per tutti, per cui ...

Ufficialmente si', ma "non ufficialmente"?
Esiste una frande fetta di PIL prodotta in modo sommerso e da noi è stimata tra il 26 ed il 28%.
La manodopera coinvolta è difficile stimarla ma dovrebbe essere tra i 7 e gli 11 milioni di lavoratori.
La gran parte è doppio ed anche triplo lavoro ma ci sono anche pensionati che arrotondano, cassintegrati, disoccupati... insomma c'è lavoro supplementare pari a circa il 27% della ricchezza prodotta ufficialmente in un anno.
Uno dei motivi - ce ne sono diversi - per cui questa massa lavora in modo sommerso è dato dall'elevato costo contributivo, a sua volta causato dalla ridotta base impinibile: ridotta sia dalla forte disoccupazione giovanile che dal fatto che ad una certa età molti lavoratori vengono esclusi dal ciclo produttivo, oltre che dal fatto che da noi si finisce prima di lavorare e si vive mediamente di piu'.

Ciao e benvenuto!
Franz
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