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Il moltiplicatore degli Investimenti pubblici e le favole

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Re: Il moltiplicatore degli Investimenti pubblici e le favol

Messaggioda trilogy il 11/07/2013, 21:30

franz ha scritto:Qui non so tecnicamente che dirti, sarà una favola ma mi pare di osservare che ora i consumatori consumano meno e riducono i consumi non è per qualche paura irrazionale ma per motivi piu' che leciti relativi non solo al presente (pochi soldi) ma anche se non soprattutto sulle aspettative future. Poi è chiaro che chi non è d'accordo sulle aspettative dei consumatori/contribuenti le giudicherà irrazionali, e al contrario chi concorda non avrà problemi a definirle razionali.
Si dovrebbe aprire una discussione sulla razioanlità, magari approfittando degli ozi estivi. ....


Giusto, ma tu stai facendo una osservazione che rientra nell'ambito delle aspettative adattive. I consumatori stanno sperimentando la crisi da cinque anni, non vedono prospettive e si adattano, tagliando i consumi più del necessario per mettere fieno in cascina. Il discorso che c'è sopra è diverso, quelle sono aspettative razionali. I consumatori in pratica prevedono il futuro (+ investimenti pubblici = più tasse in futuro) e agiscono "razionalmente"in anticipo, aumentando i risparmi per far fronte alle maggiori tasse di un futuro che è illimitato nel tempo.....Purtroppo cervelli come Keynes e Friedman non nascono tutti i giorni e gl'innovatori teorici che seguono spesso fanno più casino che altro. :mrgreen:

Sul tema questo intervento del vice presidente della BCE è molto interessante....

[..]Il paradigma delle aspettative razionali e della previsione perfetta era – e in larga misura è ancora – dominante. Molti dei suoi seguaci sono, naturalmente, consapevoli dei suoi limiti, ma sperano di espandere con successo la teoria fino a comprendere nuovi aspetti della realtà. I modelli standard sono dotati di agenti illimitatamente razionali e di conoscenza completa di tutte le distribuzioni di probabilità delle variabili, in tutti i possibili stati futuri del mondo[..]

[..]“Le aspettative razionali sono un ingrediente centrale del nucleo attuale; tuttavia, questa ipotesi diventa sempre più insostenibile, se continuiamo ad aggiungere il realismo della periferia nel nucleo” [1]. Willem Buiter, ha messo in discussione il paradigma più acidamente: “La maggior parte delle innovazioni teoriche macroeconomiche mainstream dal 1970 (la New Classical rational expectations revolution … e la teorizzazione di neokeynesiana …) si sono rivelate autoreferenziali, distrazioni ripiegate verso l’interno nella migliore delle ipotesi. I ricercatori tendevano ad essere motivati dalla logica interna, dal capitale intellettuale depositato, dai rompicapi estetici dei programmi di ricerca esistenti, piuttosto che da un potente desiderio di capire come funziona l’economia”[..]

BCE http://europeancentralbank.wordpress.co ... taria-emu/
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Re: Il moltiplicatore degli Investimenti pubblici e le favol

Messaggioda franz il 12/07/2013, 8:21

trilogy ha scritto:Giusto, ma tu stai facendo una osservazione che rientra nell'ambito delle aspettative adattive. I consumatori stanno sperimentando la crisi da cinque anni, non vedono prospettive e si adattano, tagliando i consumi più del necessario per mettere fieno in cascina. Il discorso che c'è sopra è diverso, quelle sono aspettative razionali. I consumatori in pratica prevedono il futuro (+ investimenti pubblici = più tasse in futuro) e agiscono "razionalmente"in anticipo, aumentando i risparmi per far fronte alle maggiori tasse di un futuro che è illimitato nel tempo

Comunque vada i consumatori hanno deciso di mettere il fieno in cascina, per diversi motivi.
Quelli che possono farlo, ovviamente, ma sono sempre meno, se è vero che aumentano sempre piu' coloro che non arrivano a fine mese, all'ultima e penultima settimana.
Ed anche questa è una delle cause rilevanti del calo dei consumi. E qui le aspettative, di ogni tipo, proprio non c'entrano. Non c'entra il domani vago e lontano ma l'oggi, questa settimana, questo mese.

Perché non si arriva a fine mese?
Per due motivi principali:
a) lo stipendio netto è troppo basso, malgrado il fatto che mediamente quello lordo sia tra i piu' alti dell'area OCSE (mi pare anni fa eravamo quarti come lordo e sedicesimi come netto, a causa dell'alto cuneo fiscale).
b) i prezzi sono piu' alti rispetto alla Francia ed alla Germania. Tutto costa troppo, per diversi motivi. Da un lato le imposte elevate si traslano sui prezzi, poi la burocrazia, la struttura commerciale inadatta, a volte anche il pizzo ma non dimentico anche il fatto che esportando meno che francia e germania, non possiamo come loro importare generi alimentari di basso prezzo, calmierando i livelli dei prezzi interni.
c) mancano ammortizzatori sociali e la gran parte delle pensioni è da fame.

A fronte di questa analisi, pensare che tutto si risolva con investimenti pubblici o iniettando soldi nel sistema è sbagliato.
Alcuni investimenti servono e vanno fatti ma lo Stato come compito principale ha quello di fornire servizi migliori ad un costo fiscale e burocratico inferiore. I privati dal loro lato devono ristrutturare, eliminando le attività in perdita e concentrandosi su nuovi ambiti. Per fare questo è importante la mobilità dei lavoratori (via quindi le barriere in ingresso ed uscita dal mercato o strumenti sbagliati e abusati come la cassa integrazione) e la loro riqualificazione professionale. C'è poi l'ampio dossier delle riforme della giustizia e del sistema bancario, oggi veri punti deboli del sistema che ne impediscono la crescita e ne accellerano il declino. Se tutto questo vale 95, gli investimenti vangono 5. Intanto il governo Slitta ;) non fa nulla di tutto cio'.
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Investimenti Pubblici Elettorali (IPE)

Messaggioda franz il 12/07/2013, 13:21

La campagna elettorale si fa anche aumentando la spesa
Pubblicato: Ven, 12/07/2013 - 07:45 • da: Redazione di Fermare il Declino

Da Linkiesta di Eleonora Alabrese e Tommaso Nannicini

Ai politici piace spendere i soldi pubblici, soprattutto sotto elezioni, per guadagnarsi consensi

Quando si avvicinano le elezioni, si sa, i politici hanno la promessa facile. Non solo. Quelli in carica hanno la tentazione di allargare i cordoni della spesa per convincere i cittadini a rieleggerli. Soprattutto se possono contare sull’aiuto di altri politici compiacenti che gli fanno arrivare maggiori risorse dall’alto, sotto forma di trasferimenti regionali o statali. Questa semplice intuizione trova conferma analizzando i bilanci dei comuni italiani nel periodo dal 1993 al 2007.

Qualcuno penserà che non c’è bisogno di un test statistico per dimostrarlo. Ma i numeri hanno il loro peso. Anche controllando in maniera robusta per le peculiarità di ogni singolo comune, si scopre che, nei due anni immediatamente precedenti alle elezioni, i comuni ricevono più trasferimenti dagli altri livelli di governo. L’aumento è consistente: circa 52 euro pro capite, pari a una crescita media del 5 per cento rispetto agli anni lontani dalle elezioni. E questi trasferimenti sono usati per finanziare maggiori spese per investimenti, che in media aumentano di 63 euro pro capite (circa l’11 per cento) negli anni pre-elettorali.

In verità, questi numeri confermano un fenomeno noto da tempo, tanto in Italia quanto all’estero. Per il nostro paese, uno studio della Banca d’Italia che ha utilizzato gli stessi dati dal 1998 al 2006 (Cioffi, Messina e Tommasino: “Parties, institutions and political budget cycles at the municipal level”) trova un aumento simile nelle spese in conto capitale subito prima delle elezioni. Per il Brasile, uno studio sui legami tra centro e periferia trova che il governo centrale tende a inviare più trasferimenti discrezionali ai comuni dello stesso colore politico, soprattutto laddove il risultato elettorale è più incerto e quindi la competizione politica maggiore (Brollo e Nannicini: “Tying Your Enemy's Hands in Close Races”). E uno studio recente che usa la stessa metodologia per l’Italia trova effetti molto simili (Bracco, Redoano e Porcelli: “Incumbent Effects and Partisan Alignment in Local Elections”).

Un’ulteriore analisi dei dati disponibili per i comuni italiani, tuttavia, permette di aggiungere qualche dato in più. Innanzitutto, quando il sindaco può correre per un secondo mandato, i trasferimenti pro capite aumentano del 7,4 per cento negli anni pre-elettorali, mentre l’aumento è solo del 3,2 per cento quando il primo cittadino non può essere rieletto. Di pari passo, le spese in conto capitale crescono del 14 per cento nel primo caso e solo dell’8 per cento nel secondo. Insomma: quanto maggiore è l’interesse a riottenere la carica, tanto più evidente il fenomeno dei cicli elettorali nel bilancio comunale.

Anche le differenze geografiche sono marcate. Se nei comuni del Centro-Nord l’aumento dei trasferimenti in periodo pre-elettorale è intorno al 2 per cento, al Sud l’aumento è pari all’11 per cento. E, di nuovo, la storia si ripete guardando agli investimenti: più 7 per cento al Centro-Nord e più 17 per cento al Sud. In tutti queste stime, così come per l’analisi sui limiti di mandato, le differenze sono statisticamente significative. Certo, in questo caso non è chiaro se le differenze geografiche nascano da disparità nei livelli di reddito pro capite tra regioni o da altri fattori.

Cosa si potrebbe fare, allora, per ridurre l’opportunismo pre-elettorale dei politici? E per far sì che i loro interessi di breve periodo non finiscano per distorcere l’allocazione delle risorse pubbliche? O per attenuare le marcate differenze geografiche in tale allocazione? Non è facile. Ma i mezzi di comunicazione potrebbero svolgere un ruolo importante: segnalando prontamente ai cittadini eventuali andamenti “anomali” delle finanze pubbliche (che poi qualcuno, prima o poi, dovrà pagare). Sarebbe altresì utile aumentare la responsabilizzazione fiscale di chi gestisce i cordoni della spesa, limitando trasferimenti discrezionali dall’alto che finiscono per essere preda di distorsioni politiche. In ogni caso, il fenomeno non potrà scomparire del tutto, perché esiste un contrasto ineludibile tra l’orizzonte (breve) di chi deve essere rieletto e le ragioni di una sana gestione dei conti pubblici nel lungo periodo. È la politica, bellezza.
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