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Più mercato per migliorare il welfare?

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Più mercato per migliorare il welfare?

Messaggioda franz il 24/09/2012, 21:01

Più mercato per migliorare il welfare?
Massimo Famularo - 23 settembre 2012

Una delle idee tagliate con l'accetta che sovente si radicano nella mente delle persone a causa di decenni di discussioni approssimative sui Mass Media è che Stato e Mercato siano nemici in particolare che lo stato sia l'unico possibile protettore dei deboli nei confronti del mercato che notoriamente premia i forti rivelandosi spietato.

Dunque stato buono vs mercato cattivo.
Se vi sembra che questa impostazione sia grossolana, mi trovate d'accordo, il punto è che parlando con le persone emerge esattamente come l'ho posta.

Il primo elemento fuorviante è che stiamo confrontando capra e cavoli. Tra i compiti dello stato può (secondo me deve) esserci la funzione di redistribuire le risorse (il problema è quanto e come, ma ne ho parlato spesso e ne parlerò in futuro), mentre questa funzione è assolutamente assente nel mercato che serve a fare scambi. Là dove vengono rispettate le regole della concorrenza (nei limiti di quello che è praticamente possibile) il mercato produce una distribuzione efficiente delle risorse.
Andrebbe aggiunto (come ho spiegato anche qui) che i due contendenti sono in realtà complementari: uno stato democratico ha bisogno di un mercati liberi per restare tale, mentre nessun mercato può funzionare bene senza un sistema di enforcemente delle regole.

Finito il pistolotto teorico il sasso nello stagno da lasciare a chi ha in testa l'idea Stato Buono contro Mercato Cattivo può essere: è lo stato l'unica entità che può accrescere il benessere dei cittadini? Con particolare riferimento a tematiche sensibili come sicurezza sociale, sanità, educazione?

Prendiamo il caso degli asili nido. Da esperienza personale e alcune testimonianze di amici ho constatato che, almeno nel centro nord del paese e nelle città più grandi, gli asili nido sono pochi, spesso male amministrati e quasi sempre molto costosi. Inutile dire che questo fenomeno riduce il benessere di molte persone e rende più oneroso lavorare, soprattutto per le mamme.
Come si risolve il problema? Se credete nello stato buono e diffidate dal mercato cattivo la risposta può essere solamente aumentare il numero di nidi pubblici in una misura da soddisfare tutte le esigenze e abbassando drasticamente il costo a carico dei genitori. Del resto, vorrete mica lasciare i vostri figli ad un nido privato fondato appositamente da Hannibal Lecter per procacciarsi carne fresca o finanziato da una qualche multinazionale perfida e sfruttatrice.

Proviamo a ragionare in modo un pochino più neutrale.

La scarsa soddisfazione delle esigenze dei genitori e i prezzi elevati sono il prodotto di una scarsa offerta di strutture e di una inadeguata capacità della pubblica amministrazione nel gestire le prestazioni sociali. Dico scarsa capacità perché per esempio una coppia non sposata può facilmente beneficiare del trattamento riservato ai genitori single, mentre il modello ISEE (tra le altre cose) non distingue chi possiede un immobile di proprietà ereditato da chi impiega metà del suo reddito nella rata di un mutuo. Dunque questo stato buono, almeno in Italia, è quantomeno un po' miope. Siamo sicuri che la scelta migliore sia affidargli più soldi da spendere? Per ora non lo diciamo e continuiamo a esaminare la situazione.

Un aumento dell'offerta di queste strutture, a prescindere dal fatto che siano esse private o pubbliche, contribuirebbe ad aumentare il benessere quanto meno per quelle persone che oggi non riescono ad accedere alle strutture esistenti e devono ricorrere a soluzioni meno comode. Dunque, se rimuoviamo il pregiudizio ideologico in base al quale i nidi pubblici sono meglio di quelli privati, occorre aumentare il numero delle strutture a prescindere dal fatto che siano esse private o pubbliche.
Perché il pregiudizio è infondato? Perché non esiste alcun controllo anti-serial killer che distingue i nidi pubblici da quelli privati. Spesso molte strutture considerate pubbliche sono strutture private, convenzionate o sussidiate dalla pubblica amministrazione.
Se poi vi fosse anche concorrenza tra le strutture (sempre ignorando il fatto che siano pubbliche o private) chi le gestisce avrebbe un incentivo ad offrire prezzi più bassi e/o qualità superiore. Qui arriva il timore ancestrale: e se per risparmiare danno cibo di scarsa qualità ai bambini? Se usano sostanze tossiche?
Il dubbio è legittimo, ma ancora una volta non è una discriminante pubblico vs privato. Esistono controlli aggiuntivi a cui sono sottoposti i nidi pubblici rispetto ai privati? Chi è genitore sa che è preferibile verificare di persona quindi: se vogliamo stare tranquilli occorre predisporre delle ispezioni, magari operate da associazioni di genitori, ma vanno fatte su tutte le strutture. Se una struttura è legalmente autorizzata ad operare, dovremmo presupporre che rispetti dei requisiti, altrimenti sto benedetto Stato protettore che ci sta a fare?

Arriviamo alla proposta choc: rendiamo più facile, magari anche con incentivi fiscali, l'apertura di nuovi nidi. Eresia, fuori dal controllo dello stato onnisciente che meglio dei sudditi stupidi sa provvedere al loro bene, apriremmo la strada a strutture terrificanti degne di un romanzo di Dickens.

Sicuri? Anche qui proviamo a ragionare senza pregiudizi.

Se una coppia ha 4 figli suoi, qualcuno va a casa a controllare se hanno gli estintori o le uscite di emergenza? Lo stato chiede alla mamma di dargli un quarto del lavoro (=tasse) che lei dedica ai suoi figli? Non mi pare. Potremmo allora ammettere che una persona che ha un figlio, possa creare un micro-nido e accettare altri 2 bambini, senza dover pagare imposte o no? Qualcosa del genere esiste con l'istituzione delle tagsmutter che tuttavia è spesso ostacolata dalla burocrazia onnipresente del nostro paese.
Qual è la proposta choc? Mettere burocrazia 0 e tassazione zero a micro-nidi per 2 bambini gestiti da una persona che ha già almeno un figlio in quella fascia di età.
Probabilmente questo avviene già in nero tra persone di fiducia. Perchè non regolarizzare queste situazioni e consentire anche a chi non ha "conoscenze" o "agganci" di accedervi? Se esiste una domanda insoddisfatta e nessuno apre nuove strutture, vuol dire che esistono degli ostacoli che plausibilmente risiedono nella burocrazia e nella tassazione.
Per uno che è già genitore e limitatamente a un paio di bambini aggiuntivi possiamo fare a meno di questi ostacoli? Magari tirando un po' consentiamo tasse zero e burocrazia molto ridotta anche a piccole società di 2-3 persone che gestiscono una decina di bambini?

Di certo ci sono sono persone che non ricorrerebbero mai a queste strutture. Ma è altrettanto certo che ve ne siano di altre che per necessità o per apertura mentale lo farebbero perché inibire questi "atti economici tra adulti consenzienti" (genitori e gestori del nido) con regole insidiose e tassazione che disincentivano chi vuol lavorare?

In sintesi, non penso all'asilo di Hannibal Lecter. Penso che in giro ci sono brave persone che hanno voglia di lavorare e fare impresa e sono costrette a non farlo o a farlo in nero a causa di ostacoli regolamentari e fiscali. Si tratta di regole astruse che non contribuiscono al benessere comune, ma anzi lo danneggiano. Io dico che staremmo tutti meglio se questi ostacoli venissero rimossi o fortemente ridimensionati. Dico che avere più mercato e più concorrenza in molti settori (gli asili nido sono solo uno dei possibili esempi) può aumentare il benessere delle persone in un modo che non è possibile allo stato da solo. Dico che è possibile senza rinunciare alla sicurezza e ai doverosi e necessari controlli.

Se devo fornire a una persona una prestazione di cui lo ritengo meritevole (es farmaco salva vita) e di cui non può permettersi il costo l'unico vincolo ineliminabile è che sia la collettività a pagare il conto. Se poi la prestazione la eroga un ente completamente o parzialmente pubblico oppure privato, atteso che la qualità della prestazione sia garantita, non dovrebbero esserci differenze. Ci sono tuttavia delle differenze nella dimensione del costo sostenuto dalla collettività. Il privato, per attivarsi richiederà un profitto che è assente nel caso dell'ente pubblico. L'ente pubblico ha spesso degli extracosti dovuti all'assenza di un meccanismo di controllo simile a quello dell'imprenditore privato. Anzi per come sono articolati in italia esiste un conflitto d'interessi poichè il dirigente pubblico non ha interesse a risparmiare i soldi dello stato o a garantire un servizio migliore, ma è interessato a mantenere o accrescere la propria posizione e quella dei sui referenti politici o amministrativi. Per fare un esempio estremo: se una struttura fatiscente giustifica degli stipendi, nessuno ha interesse a chiuderla e meno di tutti chi ci lavora o la dirige.

Dunque abbiamo visto che lo stato buono è in realtà fatto di persone che possono anche essere cattive. Anzi non cattive, semplicemente interessate e con interessi diversi e talvolta opposti a quelli della collettività. Abbiamo visto anche che il mercato cattivo può essere fatto di persone volenterose semplicemente scoraggiate da regole perverse.

Mi rendo conto che è meno semplice di Stato Buono vs Mercato Cattivo, come situazione, ma io credo che sia più vicina alla realtà.

Massimo Famularo

Edit: nota per quelli con cui discutevo di questi temi su TW non è ovviamente a voi che attribuisco l'idea grossolana dell'incipit. Mi serve per inquadrare il motivo che mi spinge a scrivere di queste cose che non è dunque di aumentare la conoscenza umana con nuove teorie,ma di chiarire quelli che io reputo dei malintesi.

Leggi il resto: http://www.linkiesta.it/blogs/apologia- ... z27PoYL8Oq
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