Sergio Marchionne ha ricevuto da Fiat nel 2011 per il suo ruolo di amministratore delegato un compenso fisso complessivo 2.450.200 euro. E' quanto emerge dalla relazione sulla remunerazione pubblicata sul sito della società torinese in vista della prossima assemblea del 4 aprile. Quanto alle altre cariche apicali - si legge su Dow Jones New - il presidente John Elkann ha ricevuto un compenso di 1.344.700 euro, mentre il consigliere e presidente di Ferrari Luca Cordero di Montezemolo ha 5.552.000 euro.
Dalla relazione emerge inoltre che Marchionne risultava detenere alla fine dell'esercizio 2011, 16.920.000 stock-options, di cui 10.670.000 relative al piano del 26 luglio 2004 esercitabili entro gennaio 2016 al prezzo unitario di 6,583 euro e 6.250.000 del piano del 3 novembre 2006 esercitabili entro novembre 2014 al prezzo di 13,37 euro.
L'amministratore delegato risulta titolare al 31 dicembre 2011 di 240.000 azioni Fiat, di cui nessuna acquistata nel corso dell'anno. Montezemolo detiene invece 127.172 azioni e il consigliere Gian Maria Gross-Pietro 3.300.
A Marchionne sono state inoltre assegnate 4 mln di stock-grant Fiat Spa e altrettante di Fiat Industrial contabilizzate con un fair value di 12.014.300 euro e 85.627 azioni Chrysler Deferred Phantom dal valore di 469.400 euro.
«Le notizie sui compensi dei vertici del gruppo Fiat e, in particolare, dell'ad sono stupefacenti. Si discute in queste ore di cancellare l'indennità di mobilità di 700 euro al mese per una persona che dopo 40 anni di lavoro diventa "esubero" e si considera normale un compenso che tra parte fissa, parte variabile e stock option arriva a decine e decine di milioni di euro all'anno». A dirlo è Stefano Fassina, responsabile economia e lavoro del Pd.
«Si insiste a descrivere gli operai con 1100 euro al mese e qualche residuo argine contro i licenziamenti facili come "iper-garantiti" per togliergli potere negoziale e retribuzione facendo finta di dare ai precari. Invece, quanti ricevono compensi milionari, in un'azienda che continua a perdere quote di mercato per carenza di investimenti e modelli innovativi, - sottolinea Fassina - diventano i cantori del tempo "dopo-Cristo". Questa celebrata modernità è, in realtà, regressione alla fine dell'800. Soltanto la promozione della dignità della persona che lavora può portarci fuori dal tunnel morale ed economico nel quale siano finiti”.
(L'Unità)