Continua la serie di dibattiti su NoiseFromAmerika sul tema dell'occupazione:
1) Giovanni Pica e Marco Leonardi
Protezione dell'occupazione: alcuni effetti economici e un'idea per riformare
http://noisefromamerika.org/articolo/pr ... -riformare
2) alberto bisin e giulio zanella
Protezione dell’occupazione: cosa sappiamo e cosa no. Parte 1: teoria
http://noisefromamerika.org/articolo/pr ... e-1-teoria
3) giulio zanella e alberto bisin
Protezione dell’occupazione: cosa sappiamo e cosa no. Parte 2: evidenza
http://noisefromamerika.org/articolo/pr ... 2-evidenza
Riporto la parte centrale del terzo testo:
2. Breve riassunto dell'evidenza empirica
Un’ottima rassegna recentemente scritta da Per Skedinger riassume tutto quello che di rilevante abbiamo imparato dall’analisi empirica durante gli ultimi 20 anni circa gli effetti sull'occupazione della protezione legale del posto di lavoro. Procediamo qui in maniera ben poco originale facendo il riassunto del riassunto (senza citare i singoli studi, il lettore interessato puo’ consultare la bibliografia della rassegna di Skedinger).
La prima generazione di studi ha utilizzato dati aggregati per paesi diversi (tipicamente paesi OCSE), ripetuti nel tempo. L’utilita’ di questi dati e’ limitata perche’ oltre ai problemi di misurazione (esprimere in una metrica comune legislazioni talvolta non del tutto confrontabili) c’e’ poca variabilita’ temporale dei regimi di protezione legale dell’occupazione all’interno dei paesi OCSE. I risultati sono spesso contrastanti da uno studio all’altro. Quelli che sembrano robusti sono i seguenti:
(a) In presenza di protezione dell’occupazione i flussi da occupazione a disoccupazione e viceversa sono minori.
(b) In presenza di protezione dell’occupazione, le donne e i giovani fanno peggio degli altri gruppi in termini sia di occupazione (piu’ bassa) sia di disoccupazione (piu’ alta)
Entrambe queste regolarita’ empiriche sono in linea con quanto predetto dalla teoria. Questo e' di per se' rassicurante, ma gli studi che le fanno emergere non risolvono in maniera chiara il problema della “identificazione”. Potremmo quindi essere in presenza di relazione spurie, non causali.
Una seconda generazione di studi empirici ha utilizzato dati per paesi diversi ripetuti nel tempo e disaggregati a livello di impresa per studiare effetti che vanno oltre quelli sui livelli aggregati di occupazione e disoccupazione. Da questi studi emergono ulteriori risultati di interesse:
(c) In presenza di protezione dell’occupazione la creazione e la distruzione di posti di lavoro sono entrambi piu’ lenti. Si riduce cioe’ la velocita’ di riallocazione dei lavoratori. Anche questa evidenza e’ in linea con la teoria.
(d) Tutti i precedenti effetti (a, b, c) sono piu’ forti in presenza di contrattazione collettiva, cioe’ quando i salari fanno piu’ difficolta’ ad aggiustarsi.
(e) In presenza di protezione dell’occupazione le imprese diventano piu’ selettive e assumono con maggiore probabilita’ lavoratori piu’ istruiti.
Anche in questo tipo di studi, l'identificazione [termine approfondito nel testo completo, NDR] e' un po' traballante. Ma un’ultima generazione di studi empirici ha utilizzato dati di singoli paesi, sfruttando tutte quelle riforme che, influenzando un gruppo ma non un altro, generano involontariamente una situazione che assomiglia a un esperimento controllato come illustrato sopra. L'identificazione e' quindi piu' solida. E' importante allora che questi studi confermano i precedenti risultati circa l’effetto negativo della protezione sulla dinamica del mercato del lavoro (transizioni da occupazione a disoccupazione e viceversa, e riallocazione dei lavoratori; punti a, b, c) e circa l’effetto sulla selettivita’ delle imprese (punto e). In aggiunta, da questi studi sappiamo che:
(f) Quando si riduce la protezione dell’occupazione le imprese iniziano a sostituire contratti temporanei con contratti permanenti. Cioe’ piu’ persone vengono assunte con contratti a tempo indeterminato.
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Conclusione
Cosa dovremmo aspettarci se quest’anno il governo riuscisse ad allentare il regime di protezione dell’occupazione attualmente vigente in Italia? La teoria economica predice che il mercato del lavoro diventerebbe piu’ dinamico: piu’ lavoratori perderebbero il lavoro ma piu’ persone ne troverebbero uno. La durata della disoccupazione si ridurrebbe e aumenterebbe la produttivita’ dell’economia a causa della maggiore efficienza del processo di riallocazione di lavoro e capitale. L'aumento di produttivita' indurrebbe un aumento dei salari. Inoltre, i gruppi piu’ marginali nel mercato del lavoro (giovani e donne, in particolare) avrebbero solo da guadagnare: per essi (come gruppo) la teoria prevede maggiore occupazione e minore durata della disoccupazione. Infine, i contratti a tempo determinato inizierebbero ad essere sostituiti con quelli a tempo indeterminato (meno “precari”). L’evidenza empirica disponibile (sebbene parte di essa vada presa con cautela perche’ non e’ chiaro fino a che punto il problema dell’identificazione e’ risolto) conferma tutti questi risultati teorici e suggerisce che gli effetti sono tanto piu’ forti quanto piu’ e’ importante la contrattazione collettiva (che in Italia, come sappiamo, e’ molto importante). Infine, migliorerebbero anche le prospettive dei lavoratori meno istruiti e meno qualificati.