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Intesa sul solare Niente tetto ma nuovi tagli

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Intesa sul solare Niente tetto ma nuovi tagli

Messaggioda ranvit il 03/03/2011, 9:46

http://www.ilsole24ore.com/art/economia ... d=AaNUR1CD


Intesa sul solare Niente tetto ma nuovi tagli

di Jacopo Giliberto




Rinnovabili: il tetto c'è ma non si vede. Il decreto legislativo che prevede una rimodulazione degli incentivi alle energie rinnovabili sarà sul tavolo del consiglio dei ministri convocato per stamane. È previsto anche l'esame preliminare del decreto legislativo sul mercato dell'energia elettrica e del gas che riguarda in particolare la Snam rete Gas. Una raccolta di firme per bloccare il decreto sulle rinnovabili ha collezionato in pochi giorni 14mila adesioni.


Il tema più sentito è il tetto di 8mila megawatt fotovoltaici oltre i quali tagliare gli incentivi. Ieri si sono svolte riunioni roventi tra i ministeri: i più coinvolti sono Sviluppo economico, Ambiente, Economia, Politiche agricole. Con posizioni divergenti tra i ministeri.
Che cosa si è concordato? L'ipotesi di fermare a 8mila megawatt gli incentivi per il solare non sembra essere stata approvata. Ma nei fatti, il limite rimane, ma è stato cambiato il lessico: invece di usare l'unità di misura in megawatt, si è usata l'unità di tempo.
In altre parole, gli incentivi non verranno rimodulati quando saranno raggiunti gli 8mila megawatt di centrali fotovoltaiche, bensì è stato deciso di far vivere fino a giugno l'attuale incentivo del conto energia, e di emanare fra tre mesi un decreto che indicherà nuovi obiettivi di energia pulita da conseguire e che ridurrà i sussidi in relazione con i costi più bassi dei pannelli solari.
Non ci sarà più il vincolo, quindi? Non è detto. Proprio tra maggio e giugno, quando arriverà il nuovo decreto, in teoria dovrebbero essere raggiunti quegli 8mila megawatt che voleva porre il ministro Paolo Romani come limite, e quindi nei fatti rimarrebbe il tetto delineato dal ministro Paolo Romani.
Però il decreto di giugno potrà contenere sorprese. È probabile che, pur con incentivi sforbiciati, gli obiettivi da raggiungere saranno, espressi in megawatt, molto più alti.
Il piano nazionale di azione sulle fonti rinnovabili deciso dal governo l'estate scorsa aveva detto che, per dare all'Italia il 17% di energia pulita come chiede l'Unione europea, nel 2020 bisognerà avere 8mila megawatt di fotovoltaico, 12mila megawatt da centrali eoliche, quasi 5mila megawatt da biomasse (cioè da combustibili di origine vegetale), più altri contributi di altre tecnologie. Da qui, il limite al solare ipotizzato dallo Sviluppo economico.

L'obiettivo è anche contenere il peso degli incentivi sulla bolletta. Il problema è che una parte rilevante del peso sul costo pagato dai consumatori è dato dal contestatissimo sussidio Cip6 alle cosiddette "assimilate", cioè centrali turbogas a ciclo combinato oppure alimentate gassificando i residui di raffineria. Il peso effettivo dell'incentivo fotovoltaico sulle nostre bollette oggi dovrebbe aggirarsi attorno all'1%, e se dovessero essere realizzati tutti gli 8mila megawatt solari l'incentivo nel 2020 potrebbe arrivare al 6-8% della bolletta, contro il 10% che pagano oggi i tedeschi sui loro chilowattora.
Il problema però è che l'obiettivo europeo del 17% di fonti rinnovabili sembra difficile da raggiungere. L'ipotesi di 12mila megawatt da ottenere con il vento sembra oggi molto remoto, e il contributo dell'energia solare sarà essenziale. Inoltre sembra ormai vicina la decisione di Bruxelles di forzare il taglio delle emissioni di anidride carbonica.
Non basta: la "finestra" agli incentivi solari aperta dal decreto "salva Alcoa" ha prodotto una concentrazione imbarazzante di domande per nuovi impianti fotovoltaici, molte delle quali sono richieste fantasma. Al 2011 le centrali solari "vere" non dovrebbero scostarsi dai 4.500 megawatt (ben lontane dagli 8mila previsti per giugno).
I certificati verdi dovrebbero collocarsi su un valore attorno al 75% rispetto a quello attuale. Sarebbe stato deciso di imporre gare per affidare l'istallazione di pannelli solari sui tetti degli edifici pubblici.
Il 60% degli italiani si è fatta infinocchiare votando contro il Referendum che pur tra errori vari proponeva un deciso rinnovamento del Paese...continueremo nella palude delle non decisioni, degli intrallazzi, etc etc.
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Re: Intesa sul solare Niente tetto ma nuovi tagli

Messaggioda ranvit il 03/03/2011, 9:57

http://www.ilsole24ore.com/art/commenti ... d=AaFnQ1CD


Se gli incentivi (e le regole) sono rinnovabili a gioco in corso


La riforma degli incentivi alle rinnovabili non è solo un problema per il settore: è un'ipoteca per il paese. L'aspetto più grave non sta nella drastica riduzione dei pur generosi sussidi, quanto nell'ennesimo intervento a gamba tesa sulla certezza del diritto. I due autori di questo articolo hanno idee opposte circa le politiche di sostegno alle energie verdi: uno di noi ritiene che vi sia una prospettiva di sviluppo industriale, oltre che di sostenibilità, l'altro è scettico. Quello che ci sembra grave è il metodo: in questo caso la forma fa premio sulla sostanza. Sul merito si può discutere: è lecito, cioè, dividersi riguardo l'opportunità delle politiche europee sulle rinnovabili e su quello che dovrebbe essere il "giusto" prezzo da pagare. Preoccupa, invece, la volontà di cambiare le regole mentre si sta giocando. Sia per quel che riguarda i certificati verdi sia per il conto energia, il governo fissa delle scadenze temporali incompatibili con l'installazione della capacità già autorizzata e, a maggior ragione, di quella in via di autorizzazione.
Nel caso del fotovoltaico, poi, il tiramolla sull'introduzione di un tetto superato il quale i sussidi cesseranno è una sorta di "generatore casuale di incertezza". La faccenda è molto semplice: si può decidere che le rinnovabili non sono più nell'interesse del paese, si può perfino fissare una soglia oltre la quale la festa è finita, ma tutto ciò deve avvenire da un lato facendo salvi gli investimenti che sono stati avviati sulla base del precedente quadro di incentivazione, dall'altro creando un orizzonte di certezza perché le imprese che investono, e le banche che finanziano, possano predisporre un business plan stabile. Altrimenti si arriva al paradosso: per colpire speculazione e malavita (intento originario del legislatore), si colpisce l'intero mercato. Come se, per catturare Gambadilegno e Macchianera, il commissario Basettoni bombardasse tutto il circondario.
Peraltro, infiltrazioni mafiose e comportamenti speculativi trovano origine proprio nell'interstizio di arbitrarietà e incertezza che deriva dalla continua stratificazione normativa e dall'onerosità e discrezionalità delle procedure. Sebbene le vittime designate del decreto siano le rinnovabili, esso – come la bomba – si abbatte su tutta l'economia italiana, senza fare prigionieri. C'è infatti un filo rosso tra questa riforma e una serie di altri interventi, dalla Robin Tax su «petrolieri, banche e assicurazioni» (che in realtà colpì tutto il settore energetico) alle riscritture delle concessioni autostradali, dal surreale boicottaggio ad Arenaways fino ai bizantinismi autorizzativi che hanno frenato i rigassificatori.
Questo decreto, in altre parole, è l'ultimo di una serie di puntini che, se uniti, restituiscono l'immagine di un paese contraddittorio e inaffidabile: un paese che non mantiene le promesse e che ha un quadro regolatorio continuamente cangiante. Un paese, cioè, allergico agli investimenti, e che infatti è la cenerentola sia degli investimenti diretti esteri che dell'innovazione. Un paese dal quale stare alla larga. Un paese, ahinoi, che avrebbe invece un drammatico bisogno di investimenti ad alta intensità di capitale, e che però proprio quegli investimenti complica – o fa lievitare di costo – a causa della percezione di un costante ma incontenibile rischio politico. Le rinnovabili, da questo punto di vista, non sono diverse da nucleare, rigassificatori, autostrade, ferrovie: più che di sussidi, c'è bisogno di certezza. Il governo ha il diritto di ripensare le sue politiche in merito alle rinnovabili, non di calpestare il mercato. Questo
decreto mette il doppiopetto a tutti i comitati del no.
Carlo Durante è consigliere di Aper
Carlo Stagnaro è direttore dell'Istituto Bruno Leoni
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Re: Intesa sul solare Niente tetto ma nuovi tagli

Messaggioda ranvit il 03/03/2011, 17:08

http://www.corriere.it/economia/11_marz ... ef64.shtml

L DOSSIER
Pale eoliche e pannelli solari sui tetti,
la corsa (costosa) all'energia rinnovabile
Richieste per 130 mila megawatt, più di tutte le centrali costruite in cento anni


Fotovoltaico: quanto costa alle famiglie italiane? 1,70 euro al mese (17 febbraio 2011)


ROMA - Il conto alla rovescia è cominciato già da qualche settimana, quando è stato chiaro che da un giorno all'altro, improvvisamente, poteva finire la pacchia. Quel giorno si stava pericolosamente avvicinando. Tremavano in migliaia. Tremavano le imprese che avevano costruito autentiche fortune. Tremavano le 20 mila persone che ruotano intorno a quel business. Tremavano perfino le banche, che avevano trovato nei finanziamenti alle fonti rinnovabili una lucrosa alternativa al credito tradizionale, azzannato dalla crisi.

È successo che lo scorso anno si è deciso di mettere un limite agli incentivi concessi per realizzare impianti fotovoltaici. Incentivi che, per dirla con l'Authority, sono fra i «più profittevoli al mondo». Un assaggio: mentre il costo medio dell'energia in Italia si aggira sui 60-70 euro al megawattora, chi produce elettricità con il fotovoltaico intasca ancora oggi fino a 402 euro. Vi chiederete: chi paga? Ovviamente gli utenti. Gli incentivi finiscono per gravare sulla bolletta. E sono così grandi da aver generato una ubriacatura generale, di cui fa le spese l'intero sistema. Basti pensare che negli ultimi quattro anni sono state presentate domande di impianti alternativi per 130 mila Megawatt, a fronte di una potenza elettrica installata, nel corso dell'ultimo secolo, di 105 mila Megawatt. Una quantità assurda, che la nostra rete non potrebbe mai sopportare. Ma nel frattempo gli investitori prenotano le connessioni, anche se poi non produrranno un chilowattora. Tanto non costa nulla. Per scoraggiare i buontemponi l'Autorità per l'energia aveva decretato l'obbligo di fideiussioni bancarie che sarebbero state escusse nel caso di mancata realizzazione degli impianti. Ma il Tar ha sospeso tutto: e ti pareva?

La corsa al pannello è stata così frenetica che quest'anno gli utenti dovranno pagare, fra maggiore costo della bolletta e quant'altro, una sovrattassa di 5,7 miliardi di euro per le energie alternative. Di cui soltanto 3 miliardi per il solo fotovoltaico. Nel solo 2009 se l'elettricità prodotta con fonti rinnovabili è salita del 13% e l'eolico è cresciuto del 35%, gli impianti solari hanno registrato un balzo clamoroso: +418%.

Ecco perché nel 2010 si è stabilito un tetto. Una volta raggiunta la soglia di 8 mila Megawatt di potenza installata, stop. Gli incentivi sarebbero finiti. Il fatto è che per raggiungere quel limite ci sarebbe stato tempo fino al 2020, ma l'accelerazione che si è registrata negli ultimi tempi, legata anche al fatto che gli incentivi decrescono man mano che passa il tempo, ha fatto bruciare le tappe. E sarebbe stata solo questione di mesi. Secondo l'autorità per l'energia sarebbero stati già installati, al 31 dicembre 2010, 6.500 Megawatt. Ma stime di Alessandro Clerici, presidente del gruppo di studio del World Energy Council su «Risorse energetiche e tecnologiche» dicono che dovremmo essere già a 7.400 Megawatt.

Per giunta avrebbe regnato l'incertezza più totale. Nei prossimi giorni dovrebbe essere pronto un nuovo decreto del governo per razionalizzare l'intera materia. E proprio lì c'è la soluzione al problema. Naturalmente al netto delle divergenze di opinioni che già si sono manifestate all'interno dell'esecutivo, perché un punto fermo sarebbe stato già acquisito: quel tetto di 8.000 megawatt non esiste più. Abbiamo scherzato. Per quel che ne sappiamo, inoltre, il provvedimento dovrebbe abolire il meccanismo dei certificati verdi, sistema con il quale sono incentivati anche gli impianti eolici. Di che cosa si tratta? Sono veri e propri titoli che si vendono e si comprano alla borsa elettrica. Mediamente valgono 80 euro a Megawattora, cui si aggiungono i soldi che il produttore incassa per l'energia messa in rete. Il decreto dovrebbe poi prevedere una barriera dimensionale degli impianti fotovoltaici (5 Megawatt), al di sopra della quale per accedere agli incentivi sarebbe necessaria una gara. Più o meno come in Francia. Piccolo particolare, sul livello dei futuri incentivi è buio totale. Quelli dovranno essere stabiliti con successivi decreti dai singoli ministeri: certo ne vedremo delle belle.

Normale, per un Paese dove si passa facilmente da un estremo all'altro. E può davvero accadere di tutto. Il cosiddetto provvedimento Cip 6 del 1992, per esempio. Dopo la vittoria dei Sì al referendum antinucleare del 1987 venne stabilito di incentivare la produzione di energie rinnovabili. Ma al dunque una manina probabilmente indirizzata dai petrolieri aggiunse due paroline «e assimilate» che stravolsero il principio, aprendo la porta dei ricchi incentivi perfino agli scarti inquinantissimi delle raffinerie. Risultato, soltanto dal 2001 al 2010 il Cip 6 è costato agli utenti 22,8 miliardi di euro, per almeno metà finiti a chi produceva con combustibili fossili. Si sperava che la pacchia finisse subito dopo che l'Unione Europea aveva fissato l'obiettivo secondo il quale entro il 2020 il 17% di tutti i consumi energetici dovrebbe essere soddisfatto con fonti rinnovabili. Ma c'erano i vecchi contratti in essere. E a questi si sono aggiunti i nuovi superincentivi necessari, si diceva, per centrare l'obiettivo continentale. Peccato che siano superiori in media anche dell'80% a quelli concessi dagli altri Paesi europei, come ha dimostrato sul Corriere Massimo Mucchetti.

Come risultato, l'Italia si è riempita in pochi anni di impianti fotovoltaici. E non soltanto sui tetti delle case, dove c'è circa metà della potenza installata. I pannelli hanno invaso pure il territorio. Del 295 Megawatt operativi in Puglia, 239 sono prodotti da 497 impianti collocati su 358 ettari di terreni agricoli. Per non parlare delle pale eoliche, diventate l'ossessione degli ambientalisti. Grazie a un sistema assurdo di incentivazione hanno finito per metterle anche dove tira una leggera brezza. Con la scusa poi delle carenze nella trasmissione, è stato previsto una specie di indennizzo di «mancata produzione» dovuta alla impossibilità di immettere l'elettricità nella rete.

Nel 2009 sono stati pagati ai produttori 12,5 milioni. La verità è che le reti sono frequentemente sature non solo per ragioni strutturali, ma anche a causa dell'offerta elevatissima. La dimostrazione sta nella somma enorme che il Gestore dei servizi energetici (la società pubblica a cui fa capo la Borsa elettrica) paga per acquistare i «certificati verdi» invenduti: 940 milioni nel 2010, forse 1,4 miliardi quest'anno.

Va da sé che con tutti questi soldi in ballo l'affare delle energie alternative ha attirato speculatori, faccendieri, e truffatori. Romani ha raccontato in una lettera al Corriere che a dicembre in Puglia un impianto aveva comunicato l'entrata in funzione di 8 Megawatt, ma quando i tecnici del ministero sono andati a fare una verifica, non hanno trovato che pannelli per 40 Kilowatt: 200 volte meno della potenza dichiarata. Per non parlare dell'offensiva delle organizzazioni criminali, dalla Sardegna alla Sicilia alla Puglia, partita dall'eolico e ora approdata all'energia solare. Durante una trasmissione di Radio 24 il magistrato della Procura antimafia Maurizio De Lucia ha azzardato il paragone con il sacco di Palermo. Un caso? Nella sola provincia di Siracusa la Finanza ha sequestrato impianti fotovoltaici mai entrati in funzione e ammessi a incentivi per 10 milioni di euro.

Sergio Rizzo
03 marzo 2011
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Re: Intesa sul solare Niente tetto ma nuovi tagli

Messaggioda ranvit il 04/03/2011, 13:59

(OT Per errore ho inserito questo 3d in questo forum. E' possibile spostarlo in quello dell'energia etc etc??)


http://www.ilsole24ore.com/art/tecnolog ... 1301.shtml


Ecco come funzionano gli incentivi alle energie rinnovabili nel resto del mondo

di Luca Vaglio


La politiche finalizzate a dare impulso alle fonti rinnovabili in questi anni sono state numerose e, a seconda delle caratteristiche del mercato e di altri fattori, hanno sortito esiti differenti. A poche ore dall'approvazione del decreto legislativo sulle rinnovabili da parte del governo, che recepisce la direttiva Ue 2009/28 sulla promozione dell'energia pulita (la norma comunitaria prevede che entro il 2020 il 20% dell'energia prodotta arrivi da fonti rinnovabili. Per l'Italia il tetto è fissato al 17%), ecco una panoramica sulle forme più diffuse di incentivi che negli ultimi anni sono state adottate in Europa e nel resto mondo.

1) Feed-in tariff. Con questo sistema lo Stato stabilisce per un certo numero di anni per le energie rinnovabili un prezzo fisso di anni superiore a quello di mercato. La maggiorazione vale per i produttori come incentivo a investire nello sviluppo di tecnologie innovative e verdi. "Si tratta del sistema più diffuso in tutta Europa, il quale, per la sua semplicità, ha in genere supportato bene lo sviluppo delle energie pulite", spiega a Sole24Ore.com Carlo Durante, consigliere di Aper (Associazione produttori energia da fonti rinnovabili). La feed-in tariff è adottata, tra gli altri, da Germania, Francia, Spagna, Portogallo e Repubblica Ceca. Inoltre, questo metodo è stato scelto dagli Stati Uniti e dalla Cina, dove sono state impiegate anche di forme di esenzione fiscale.

"In Spagna, per circa un anno, tra il 2009 e il 2010, l'esecutivo, ritenendo che non fosse chiara l'evoluzione del mercato delle nuove tecnologie, ha sospeso gli incentivi per le rinnovabili. Questo, sebbene ora la feed-in tariff sia stata ripristinata, ha causato uno stop del settore. Tuttavia, alcuni numeri rendono bene l'idea della differenza tra l'Italia e altri paesi europei: oggi in Germania e in Spagna l'eolico ha una capacità installata rispettivamente pari a 27.000 Mw e 17.000 Mw contro i 6.000 Mw dell'Italia". Ancora, il nostro paese sconta ritardi a causa della complessità delle procedure burocratiche: "In Germania per avviare un parco eolico-fotovoltaico servono due anni e sei mesi, mentre da noi ne sono necessari in media cinque o sei".

2) Feed-in premium. Il prezzo dell'energia rinnovabile è composto da due fattori: il valore di mercato dell'energia elettrica, esposto alle oscillazioni della domanda e dell'offerta, e un premio fissato dall'autorità pubblica. Questo schema di incentivi è stato usato in Italia per il fotovoltaico (Conto energia).

3) Quota di mercato (o certificato verde) E' un sistema usato in Gran Bretagna e, per l'eolico, in Italia, Danimarca, Svezia e Polonia. Lo Stato stabilisce che una quota del mercato dell'energia elettrica debba provenire da fonti rinnovabili. "Il prezzo dell'energia rinnovabile viene a essere costituito da due fattori, il valore di mercato e quello dell'incentivo, entrambi volatili. Va da sé che un metodo simile risulti più macchinoso di altri. – precisa Durante – Inoltre, si è creato un eccesso nell'offerta dei certificati verdi, pari a circa il doppio della domanda. Per questa ragione, in base al decreto legislativo approvato dal Consiglio dei ministri, il Gse (Gestore dei Servizi Energetici) si impegna ad acquistare i certificati verdi in eccedenza a un prezzo più basso, di circa il 22%, rispetto a quello attuale". A partire dal 2014, poi, il nostro paese adotterà il sistema di incentivi feed-in premium anche per quanto riguardo l'eolico.

4) Tender (o asta). Qui, in sostanza, individuata un'area idonea a produrre energia attraverso le rinnovabili (eolico, fotovoltaico, biomasse...), l'azienda in grado di presentare l'offerta migliore si accorda con il governo o con un ente pubblico sul prezzo per realizzare l'impianto. "In Brasile, Portogallo, Gran Bretagna e Marocco sono state definite fruttuosamente intese di questo genere".

5) Altri incentivi possono essere le esenzioni fiscali e la priorità di dispacciamento. Quest'ultimo sistema prevede che le rinnovabili siano messe sul mercato prima delle altre fonti energetiche, eliminando il rischio che restino quote invendute. "Purtroppo, la rete elettrica italiana è inadeguata a garantire la priorità di dispacciamento delle energie pulite, a causa di un'eccessiva frammentazione degli impianti delle rinnovabili", conclude Durante.

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