no Scudo da cinque punti di Pil. Si capisce l'esultanza di Giulio Tremonti, per il clamoroso successo della manovra di "rientro dei capitali dall'estero". Se è vero che frutterà tra gli 80 e i 100 miliardi di euro in soli tre mesi (contro i 78 miliardi accumulati nei tre anni 2001/2003) il ministro del Tesoro ha ragione a compiacersi. E il Consiglio dei ministri ha ragione di riaprire, con una sorta di "Scudo quattro", i termini per consentire un ulteriore rimpatrio di fondi detenuti oltre frontiera almeno fino ad aprile 2010. Ma da questa criticabile operazione si può trarre qualche utile lezione.
La prima lezione. Gli italiani, purtroppo, sono un popolo di formidabili evasori fiscali. Un flusso di denaro così imponente, stabilmente trasferito nei conti bancari dei paradisi fiscali e dei Paesi offshore, non ha forse analoghi riscontri tra i nostri partner europei. Questo è il frutto del vero "compromesso storico" della Prima Repubblica, quando il consenso elettorale alle forze dell'allora maggioranza invariabile (mono o pentapartitica) e la penosa condizione dei servizi pubblici del Paese si scambiava con l'assoluta tolleranza nei confronti di chi non paga le tasse e l'incondizionata munificenza nei confronti di chi compra i Bot. Ma è anche il frutto delle politiche recenti del centrodestra. Quale effetto si crea, quando si introducono norme che, invece di rafforzare il contrasto all'evasione, sembrano indebolirlo in modo clamoroso (come nel caso della tracciabilità dei pagamenti o dell'eliminazione dell'obbligo di tenuta dell'elenco clienti e fornitori)?
La seconda lezione. Proprio nella chiave della riemersione del gettito sommerso, una gestione più severa dello strumento dello Scudo fiscale sarebbe stata decisiva. Sia dal punto di vista tecnico: un'aliquota ben più pesante del simbolico 5% sul totale dei capitali rimpatriati e il versamento pieno di tutte le imposte dovute su quelle stesse somme (come avviene nel tanto declamato "modello inglese") avrebbero portato molto più denaro nelle casse dello Stato. Sia dal punto di vista civico: uno Scudo così congegnato, più tosto e dunque più equo, non avrebbe trasmesso all'opinione pubblica l'inaccettabile messaggio secondo cui, ancora una volta, si premiano i furbi a danno degli onesti.
Qui è il punto debole della soddisfazione tremontiana. Il successo dello Scudo, a suo giudizio, "vuol dire che c'è fiducia verso l'Italia e il governo. Si diceva che i capitali votano con le gambe: prima votavano uscendo, ora rientrando". Il punto non è questo: solo uno sciocco, per quanto disonesto, si sarebbe lasciato sfuggire un'occasione così ghiotta per riportare a casa praticamente gratis un bel po' di soldi, in tempi di vacche magrissime come quelli che stiamo vivendo. E qui c'è un altro punto discutibile del compiacimento del ministro: lo Scudo, secondo lui, è "una colossale manovra di potenziamento della nostra economia". Ci permettiamo di dubitare, purtroppo. Vorremmo essere informati su quanti dei capitali illeciti tornati in Italia sono e saranno reinvestiti nelle imprese, nelle attività professionali, negli investimenti produttivi, e quanti invece rifluiranno nella rendita, mobiliare o immobiliare. Purtroppo non lo sapremo mai. Il vero "motore" di questo Scudo è l'anonimato. Tu, cittadino, hai evaso. Io, Stato, non voglio neanche sapere chi sei. Paga un obolo, e amici come prima.
(17 dicembre 2009)
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