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Robin (Tremonti) Hood "chiama" l'Europa

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Robin (Tremonti) Hood "chiama" l'Europa

Messaggioda franz il 04/07/2008, 14:26

Ecco il piano europeo di Tremonti per combattere la speculazione

di MASSIMO GIANNINI
ROMA - Robin Hood "chiama" l'Europa. Dopo aver costruito a Roma una manovra fondata sulla tassa contro petrolieri e banchieri, ora Giulio Tremonti ha un obiettivo più ambizioso: portare a Bruxelles una proposta per introdurre una "stangata europea contro gli speculatori".

Dal petrolio alle borse, dai beni alimentari alle commodities, la speculazione globale sta minando gli equilibri dell'economia globale. Secondo l'ideologo del nuovo centrodestra, è ora di colpire al cuore "la peste del ventunesimo secolo". Il dossier del ministro dell'Economia è quasi pronto. Ci sta lavorando in queste ore, più occupato nella stesura del piano che preoccupato dell'aumento del costo del denaro deciso dalla Banca centrale europea. Finché lo spread tra il Btp italiano e il Bund tedesco resta intorno ai 67 basis point, come gli segnala il computer nel suo ufficio di Via XX Settembre, Tremonti non si allarma. E continua a perfezionare il suo dossier. Lo completerà nel weekend. E lunedì prossimo, all'Ecofin nella capitale belga, lo sottoporrà ai suoi colleghi europei.
L'analisi di Tremonti, che aveva accennato al suo progetto l'altro ieri alla Camera, ruota intorno a una certezza: "Oggi viviamo la crisi più grave del dopoguerra, con effetti estesi all'economia reale". Il Big Crash non è solo un "turbamento finanziario", come avevano immaginato i banchieri centrali ad agosto 2007, quando deflagrava la bolla dei mutui subprime. Sarà una tormenta passeggera, prevedevano i tecnocrati. È l'inizio della "tempesta perfetta", denunciava Tremonti. Adesso che i fatti gli danno ragione (e persino il presidente della Bce pronuncia la "parola maledetta", parlando di "speculazione" sul greggio) lui vuole andare fino in fondo. "Chiederemo l'applicazione dell'articolo 81 del Trattato di Roma, che riguarda la manipolazione del mercato e che secondo noi si deve cominciare ad applicare anche ad operatori che sono fuori dal perimetro europeo", aveva promesso giovedì scorso a Montecitorio.

Sembrava una delle rituali sparate da Transatlantico, tipiche soprattutto di certa nostra politica estera, sempre sospesa tra provincialismo e velleitarismo. Oggi si scopre che, dietro al fumo, potrebbe esserci anche l'arrosto. E si scopre soprattutto che l'idea tremontiana, prima ancora di essere formalizzata all'Ecofin, trova già una sponda a palazzo Justus Lipsius. L'utilizzo dell'articolo 81 del Trattato contro la speculazione mondiale "è plausibile" e "può essere utilizzato se ci sono prove di collusione tra gli operatori", ha osservato Jonathan Todd, portavoce del commissario Ue alla concorrenza Neelie Kroes. Questa apertura preventiva di Bruxelles, a Via XX Settembre, viene salutata come una "svolta rivoluzionaria". Al di là dei facili trionfalismi, Tremonti sembra avere filo da tessere.

La sua strategia è ispirata a una convinzione, teorica ed empirica. L'Europa ha molti mali: crescita in costante flessione, inflazione in rapida ascesa, reddito delle famiglie in paurosa erosione. Ma il male più grave, che genera o amplifica i precedenti, è l'ondata speculativa che travolge nazioni e mercati. Un sintomo tipico dell'epidemia in corso è quello raccontato da lui stesso alla Camera: "Se una banca d'affari dice che il petrolio va a 200 dollari, c'è il rischio che a quel livello poi si arrivi davvero, magari proprio perché quella stessa banca ha acquistato future a quel prezzo". Per questo, secondo la lettura del ministro dell'Economia, l'Europa ha soprattutto un "nemico esterno": sceicchi, fondi sovrani, speculatori d'oltreoceano. Per questo, oggi, l'Europa deve difendersi. Più che da se stessa, dalle "minacce mercatiste" che scardinano i suoi deboli confini.

La richiesta alla Ue di attivare l'articolo 81 del Trattato del '56 nasce da qui. La norma definisce "incompatibili con il mercato comune e vietati tutti gli accordi tra imprese, tutte le decisioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che possano pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto e per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all'interno del mercato comune". Finora ha funzionato solo in Europa. La proposta che il ministro italiano formulerà lunedì prossimo a Bruxelles prevede che si applichi anche agli operatori extra-europei. Il piano non è privo di qualche fascino. È coerente con la Weltanschaung apertamente dirigista e tendenzialmente protezionista del "nuovo Tremonti", ormai più colbertiano dello stesso Controleur Générale di Luigi XIV, cui pure si devono massime proto-friedmaniane come "la libertà è l'anima dei commerci", e "tutto ciò che restringe questa libertà non può valere niente".

Tremonti, un tempo studioso modernizzatore che esaltava "la forza alata delle valute", è stato a sua volta costretto a cambiare opinione. Oggi è fermamente persuaso che la speculazione finanziaria senza limiti e confini non sia la soluzione, ma il problema. Per questo, affidandosi alla visione non molto dissimile di un colbertista più radicale di lui (Sarkozy) conta sul turno di presidenza francese della Ue per far camminare la sua proposta. "Domare la peste". Cercare di imbrigliare i grandi speculatori internazionali, seminando sul loro cammino, con lo strumento del Trattato, nuovi paletti e nuovi divieti. Può sembrare la pia illusione di chi prova a svuotare il mare col secchiello. Ma gli spiragli aperti dal portavoce della Kroes alimentano le speranze del Tesoro. Suffragate anche da una consapevolezza: la Commissione Ue, nel momento di massima fragilità strutturale della costruzione europea appena picconata dal referendum irlandese, sta cercando appigli per una rilegittimazione politica di fronte a popoli sempre meno convinti che l'Unione sia la loro salvezza, piuttosto che la loro maledizione.

Ma è un fatto che l'apertura di credito c'è. E magari stavolta può portare a qualche risultato pratico, al contrario dell'altra proposta che lo stesso ministro dell'Economia aveva lanciato all'ultimo G8: aumentare i margini versati alle casse di compensazione e garanzia delle Borse dei future da parte di chi non partecipa direttamente all'acquisto o alla vendita effettiva dei titoli. Una Robin Hood Tax sugli speculatori, insomma, che per ora il G8 ha esaminato ma non adottato. La procedura di attivazione dell'articolo 81, negli obiettivi del Tesoro, dovrebbe avere la stessa "filosofia": colpire gli speculatori globali. Ma c'è un limite, oggettivo, che condizionerà il dibattito dell'Ecofin: posto che sia accertata la "collusione", come dice il portavoce del commissario alla concorrenza, chi decide come intervenire? E quali strumenti sanzionatori si possono immaginare?
La tela tremontiana, ancorché raffinata, sarà di difficile tessitura. Ma lui non ha dubbi: il tentativo va fatto. Sembra agito da un dogma: contro il carovita puoi anche fare tutti gli scioperi che vuoi, ma non sono i governi che ammazzano i popoli, è la "nuova peste". E allora niente serve, se non si debella questa. Lo stesso dibattito sull'aumento dei tassi deciso dalla Bce, nella chiave ermeneutica che impera a via XX Settembre, non ha molto senso: a regole date, Trichet agisce sulla base di un adempimento meccanico. Criticare Francoforte è una risposta polemica, mentre il ministro italiano punta a una risposta politica. La sua aspirazione è un'altra: cambiare le regole in Europa. "Vaste programme". Un tempo lo diceva De Gaulle, oggi lo ripeterebbe anche Colbert.
( 4 luglio 2008)
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Re: Robin (Tremonti) Hood "chiama" l'Europa

Messaggioda franz il 04/07/2008, 15:15

Si tratta di capire se quel male, .... "genera o amplifica" i precedenti.
Sono cose molto diverse. Se "genera", allora si interviene e (forse) si ottengono risultati.
Se "amplifica", tanto vale concentrarsi sulle vere cause, eliminate le quali ci sarà poco o nulla da amplificare.

Premesso che la speculazione esiste, per me essa si limita a cavalcare a fondo il cavalcabile, fino a quando una certa bolla scoppia. Poi passa alla prossima. La speculazione ovviamente puo' essere al rialzo come al ribasso ma deve essere verosimile. Credo che nessuno speculi oggi sul fatto che il prezzo del petrolio sia destinato a crollare nei prossimi mesi. È implicito per ogni analista che stante la struttura della domanda e dell'offerta (questa si' soggetta ad un cartello) il prezzo è destinato a salire. Non servono cartelli o collusioni per speculare al rialzo. Se si blocca (non so come) la speculazione sul petrolio, questa si orienterà su altri prodotti.
I mali dell'europa invece sono altri (e la speculazione poi ci sguazza, aggravandoli) ma dubito che un'europa debole come la nostra possa metterci mano. Qui si 'è vero che è piu' facile additare il "perfido nemico" (la speculazione) che affrontare i veri nodi strutturali di un'Europa che annaspa, con poca ricerca scientifica, oggi seconda agli USA e tra un po' terza dopo la Cina (che sforna 100'000 ingegneri all'anno). Il problema dell'Europa è la bassa crescita (oggi il sud-america va meglio di noi), la scarsa innovazione, la scarsa unità politica, la disomogeneità dei sistemi di welfare nazionali, dei sistemi scolastici.

Qui bisognerebbe intervenire, con forti politiche di ampio respiro, per trasformare in un decennio in nostro continente.
Anzi oggi il petrolio a 200$ puo' essere lo shock che sveglia il continente, come avvenne in occasione della primi crisi petrolifera, nel 1974.

Ciao,
Franz
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Re: Robin (Tremonti) Hood "chiama" l'Europa

Messaggioda gabriele il 05/07/2008, 12:07

Fumo sugli occhi.

Non è con qualche paletto normativo che si governano i processi speculativi internazionali ma con un netto e radicale cambiamento dei sistemi di produzione dell'energia e dei sistemi di smercio delle merci dal produttore al consumatore.

Come si suol dire: fatta la legge, trovato l'inganno.

Se invece della legge si cambiano le condizioni al contorno dando ai consumatori un accesso immediato e con meno intermediari possibili alle aziende di produzione e se si riuscisse, tramite la razionalizzazione dell'utilizzo delle tecnologie attuali, a diluire la produzione dell'energia a molti più soggetti, consumatori compresi, allora sì che la manovra degli speculatori sarebbe più difficoltosa.

Meno distanza fra consumatore e produttore. Più diffusione dei soggetti coinvolti nella produzione di energia tramite l'applicazione di altre tecnologie.

Queste sono scelte politiche. Un nuovo modo di intendere il mondo e le possibilità dell'umanità.

Gabriele
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Re: Robin (Tremonti) Hood "chiama" l'Europa

Messaggioda trilogy il 05/07/2008, 15:46

A Tremonti va riconosciuto almeno il merito di aver avuto il coraggio di porre l’argomento al centro dell’attenzione politica europea. Coraggio che al centrosinistra è mancato. La contraddizione sta nel fatto che per portare avanti disegni del genere non sarebbero sufficienti gli Stati Uniti d’Europa, mentre il Governo è sostenuto da una maggioranza politica che per la metà è provinciale e localistica tanto da non riuscire a digerire neanche un Trattato minimale come quello di Lisbona.


Che la tempesta non fosse passeggera l’avevano capito in molti, anche i semplici frequentatori dei forum finanziari. La Banca dei Regolamenti internazionali sono almeno tre anni che segnala il pericolo sulle dimensioni raggiunte dal mercato dei derivati. In ogni caso bisogna sempre distinguere tra quello che dicono i banchieri centrali nelle conferenze stampa e quello che pensano e sanno realmente. Ci pensate all’effetto che produrrebbero un Trichet o un Bernanke che in diretta televisiva annunciano il probabile crollo del sistema finanziario globale nei prossimi 12 mesi?
12 secondi dopo il sistema crollerebbe realmente.

In quanto all’applicazione di norme nazionali (o continentali) anche a chi opera fuori del territorio continentale è una prassi discutibile sul piano del diritto internazionale nonnchè pericolosa perché si presta a ritorsioni e abusi compensativi. Gli USA l’hanno fatto, con pessimi risultati, nel corso dei vari embarghi a Cuba alla Libia ecc. scontrandosi duramente con le Autorità europee.
In quanto alle prove di “collusione” c’è da ridere. Ma lo sa Neelie Kroes che nel mercato petrolifero non è sanzionabile neanche “l’insider trading” come avviene invece sui mercati azionari?. L’unica cosa realmente sanzionabile è un comportamento collusivo finalizzato alla messa in corner degli altri operatori. (Gardini ci rimase incastrato ai tempi della speculazione sulla soja)


Dice Tremonti che se una banca d’affari parla di una quotazione a 200 dollari, c’è il rischio che il petrolio ci arrivi d’avvero. E’ una convinzione molto diffusa che le previsioni siano la causa dei trend. Ma ci sono anche decine di studi statistici che dimostrano che tale convinzione è falsa. Le analisi e previsioni possono sostenere un trend dei prezzi nel breve, brevissimo periodo. Nella realtà i target degli analisti si rivelano errati ben oltre il 50% dei casi.
Il problema reale è che il mercato è “strabico”. Quando gli operatori sono euforici guardano solo alle notizie positive ed ignorano quelle negative. Quando gli operatori sono depressi fanno il contrario.
In altre parole i trend si autoalimentano fino al punto svolta. Charles Dow descrisse il comportamento dei trend azionari alla fine del 1800.
Il problema di oggi è che i sistemi di trading e di gestione del rischio sono sempre più governati dai computers e da sistemi esperti trend following. Una volta che i modelli matematici individuano un andamento dei prezzi in una direzione precisa lo cavalcano in massa e finiscono per alimentarlo fino all’esasperazione. C’è una logica del gregge dietro a questi fenomeni, spesso più importante dei dati macroeconomici, dei fondamentali e delle previsioni delle banche.


In quanto alla questione di aumentare i margini di garanzia sui futures è una misura che avevo avuto occasione di proporre in passato in altre discussioni. In un mercato surriscaldato può essere utile, è paragonabile ad una stretta creditizia mirata. Di recente le autorità di controllo del mercato di Chicago l’hanno fatto sul contratto future del mais che era impazzito. C’è da dire che i margini sui future sono normalmente calcolati in percentuale. Ad esempio per comprare un contratto future che costa 1000 euro devo versare a garanzia 100 euro (margine 10%) . Se il contratto cresce di valore e arriva a 2000 euro il margine sarà sempre del 10% quindi per acquistarlo dovrò versare 200 euro. Quindi per sostenere un trend servono sempre nuovi capitali in ingresso. A questo servono le previsioni a cui fa riferimento Tremonti, a richiamare nuovi capitali, finchè gl’ultimi restano con il cerino acceso in mano.
L’aspetto da non sottovalutare, in queste decisioni, è che sui mercati finanziari “l’effetto farfalla”, non è un fatto sporadico ma è quasi la norma. Un piccolo cambiamento in un ingranaggio può provocare grandi effetti imprevisti anche in mercati apparentemente non correlati. E’ sufficiente ricordare che tutto è partito dallo scoppio della bolla immobiliare che ha generato uno spostamento massiccio di capitali in cerca di rendimenti verso altri mercati. Prima o poi accadrà l’esatto contrario, anche se tutti gli analisti pronosticano una crescita senza fine del prezzo delle materie prime.

In quanto all'idea di distinguere tra speculatori in future e chi acquista o vende veramente le attività sottostanti è ridicola e significa non sapere nulla dei mercati finanziari. Tutte le società petrolifere, come quelle di altri settori hanno le loro sale trading che fanno operazioni di copertura di attività reali e semplice speculazione di breve termine. Così sui mercati azionari o del reddito fisso. Le strutture speculative dei grossi operatori ma anche dei piccoli sono spesso complesse e coinvolgono contemporaneamente strumenti differenti: azioni, opzioni, future. Penalizzare un solo comparto potrebbe avere effetti complessivi sul sistema che sarebbe il caso di valutare con attenzione prima di fare qualche guaio.
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Re: Robin (Tremonti) Hood "chiama" l'Europa

Messaggioda trilogy il 10/07/2008, 13:00

La Proposta del Presidente dell' Autorità per l'energia. Non mi è chiaro come una idea del genere possa influire sui prezzi, in quanto sui vari mercati finanziari i prezzi degli stessi prodotti tendono ad allinearsi in tempo reale per effetto degli arbitraggi.
In altre parole se lo stesso prodotto costa 10 sul mercato A e 11 sul mercato B, i computers vedono istantaneamente il disallineamento dei prezzi, di conseguenza vendono a 11 sul mercato B e comprano a 10 sul mercato A, ottenendo un guadagno senza rischio finchè i prezzi tornano ad allinearsi. Parallelamente l'apertura di un nuovo mercato di negoziazione potrebbe portare alla creazione di nuovi prodotti finanziari mirati su quel mercato, con conseguente aumento della domanda e dei prezzi.

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(ANSA) - ROMA, 10 LUG - ''Uno tsunami-petrolio sta colpendo i Paesi consumatori e in particolare il nostro Paese.
Ma tormentarsi non voler dire rassegnarsi, vuol dire reagire ed impegnarsi ora, piu' che mai'', anche per dare impulso ad un'azione europea.
Lo ha sottolineato Alessandro Ortis, presidente dell'Autorita' per l'Energia, nella Relazione Annuale. Su questo fronte, Ortis auspica, tra l'altro, la creazione di ''una vera borsa del petrolio europea'' che rappresenti anche uno strumento contro le speculazioni. L'Europa, ha rimarcato Ortis, deve conquistare ''la tanto auspicata single voice, il potere contrattuale di cinquecento milioni di consumatori, un potere che isolatamente, ne' l'Italia, ne' altro Stato dell'Unione, puo' avere sul mercato internazionale degli idrocarburi''.(ANSA).
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Re: Robin (Tremonti) Hood "chiama" l'Europa

Messaggioda franz il 16/07/2008, 11:22

ci sono varie reazioni (negative) a questa imposizione.

alla redazione sono arrivati vari suggerimenti di testi in giro per la rete.

dal sito lavoce.info http://www.lavoce.info/articoli/pagina1000497.html

ROBIN HOOD E' RIMASTO A SHERWOOD
di Silvia Giannini e Maria Cecilia Guerra 08.07.2008

L'insieme dei provvedimenti fiscali finora adottati dal governo lascia sostanzialmente invariate le imposte per l'anno in corso e ne comporta un aumento netto tra i 3 e i 4 miliardi per il prossimo triennio. Dubbi sull'efficienza della Robin tax. Di sicuro, non redistribuisce ai poveri perché meno del 10 per cento del gettito atteso va nel fondo di solidarietà per i ceti meno abbienti. E solo per il 2008. Altri interventi sono invece in continuità con quelli analoghi assunti dall'esecutivo precedente, accentuandone però gli aspetti più discutibili.

Contrariamente alle promesse elettorali, e in linea con quanto ipotizzato nel Dpef, l’insieme dei provvedimenti fiscali contenuti nei decreti legge di maggio e giugno adottati dal governo lascia sostanzialmente invariate le imposte per l’anno in corso e ne comporta un aumento netto tra i 3 e i 4 miliardi per il prossimo triennio. L’aumento del gettito è in larga parte dovuto a un insieme di provvedimenti che, denominati Robin Hood tax, lasciano erroneamente intendere che si stia ridistribuendo reddito dai ricchi ai poveri.

I PROVVEDIMENTI FISCALI DEL GOVERNO

I provvedimenti fiscali già adottati dal governo sono concentrati in due decreti legge:

- il Dl 93/2008 presentato subito dopo l’insediamento con l’obiettivo di realizzare immediatamente alcune promesse elettorali (Ici e straordinari)
- il Dl 112/2008, che concorre a formare la manovra finanziaria per il triennio 2009-2011.

Stando alle valutazioni ufficiali, contenute nella Relazione tecnica che li accompagna, il primo decreto comporta uno sgravio netto di 2,3 miliardi di euro nel 2008 e importi successivamente decrescenti fino ai circa 1,7 miliardi, che rappresentano il costo previsto della abolizione della quota residua di Ici sulla prima casa, in quanto la detassazione degli straordinari dei lavoratori del settore privato ha carattere temporaneo ed esaurisce i suoi effetti nel 2009 (vedi tabella).
Con il secondo Dl si compensano di fatto questi sgravi con aumenti di imposta pari a circa 2,2, miliardi di euro nel 2008, e tra i 5 e i 5,5, miliardi per ciascuno degli anni del successivo triennio.
Il gettito (cfr. tabella) proviene per il 90 per cento nel 2008, che si riduce al 60 per cento circa nel 2011, da aggravi di imposta su specifici settori: presentati come “Robin tax”, colpiscono in misura e con strumenti diversi quelli che producono o distribuiscono petrolio, gas ed energia elettrica, le banche e le assicurazioni, le cooperative. Aumenta contestualmente il gettito atteso dalle azioni di contrasto all’evasione (che spiegherebbe un po’ più del 30 per cento del gettito aggiuntivo atteso per il 2011).

ROTTURA E CONTINUITÀ CON LE POLITICHE DEL PASSATO …

In alcuni casi gli interventi adottati si pongono in continuità con altri analoghi assunti dal governo precedente, accentuandone però gli aspetti più discutibili. Si tratta della completa abolizione dell’Ici-prima casa, che oltre a privare i comuni del tributo che maggiormente contraddistingue la loro sfera di autonomia tributaria, ha carattere fortemente regressivo; della detassazione degli straordinari che segmenta la tassazione dei redditi di lavoro differenziandola a seconda che provengano da lavoro ordinario o straordinario, da lavoro straordinario pubblico o privato, da lavoro supplementare relativo a contratti stipulati prima o dopo una certa data; della detassazione dei premi di produzione che si sovrappone in modo non chiaro con gli incentivi fiscali già previsti, lo scorso anno, dal decreto di attuazione del protocollo sul welfare.
In altri casi, si compiono condivisibili scelte di sistema: si pensi al regime delle stock option, che dopo essere stato rivisto, in senso restrittivo, dal governo Prodi nel 2006, viene ora riformato riconducendo a tassazione, come reddito di lavoro e non come reddito di capitale, la quota dei compensi che i manager ricevono attraverso tali opzioni.

…E LA BELLA FAVOLA DELLA ROBIN TAX

Altri casi ancora riflettono la scelta del ministro dell’Economia di prelevare gettito in alcuni settori dove i profitti sono generalmente alti e i contribuenti sono relativamente pochi. L’operazione è presentata al pubblico come motivata da ragioni di equità (togliere ai ricchi per dare ai poveri, da cui il nome di Robin tax), e di efficienza (riduzione degli extraprofitti favoriti dalla “speculazione”).
L’equità della Robin tax non emerge però dai numeri della Relazione tecnica: il “Fondo di solidarietà per i ceti meno abbienti”, che dovrebbe finanziare una carta acquisti per alleggerire l’onere di acquisto dei beni alimentari e il costo delle bollette per i cittadini che versino in stato di bisogno è alimentato per il solo 2008 e per soli 200 milioni di euro, meno del 10 per cento del gettito atteso dalla Robin tax in quell’anno. Se anche fosse vero che si preleva ai ricchi, è certo che non si ridistribuisce a i poveri.
La sua efficienza è pure dubbia. Sarebbe efficiente tassare gli extra-profitti, ossia i profitti superiori al rendimento normale e derivanti ad esempio da rendite di posizione o da posizioni monopolistiche. Le “rendite” dovrebbero allora essere in primo luogo definite e poi tassate in tutti i settori in cui si manifestano, come avverrebbe adottando sistemi impositivi noti tra gli studiosi come Cft (Cash Flow Tax) o Ace (Allowance for Corporate Equity) o la stessa Dit, presente in Italia dal 1997 al 2003 e ampiamente apprezzata dal mondo produttivo, come testimoniano le audizioni della commissione Biasco. L’intervento del governo è invece ampiamente discrezionale, colpisce alcuni settori e ne lascia indenni altri, come le telecomunicazioni o le autostrade, in cui sicuramente non mancano extraprofitti.
Le modalità dell’inasprimento fiscale sono pure diverse per settore e ciò accentua il contenuto discrezionale dell’intervento e la carenza di una logica di sistema. Nel caso del petrolio, dell’energia e del gas, si interviene con un’addizionale all’Ires del 5,5 per cento che, di fatto, per questo settore, annulla la riduzione dell’aliquota di tale imposta dal 33 al 27,5 per cento, operata dal governo precedente. La maggiore aliquota non si applica agli extraprofitti, ma a tutti gli utili delle imprese del settore con ricavi maggiori di 25 milioni di euro nell’anno precedente. Prendendo a riferimento i ricavi, e non i profitti, per giunta relativi a un esercizio diverso da quello in cui si applica, essa potrebbe quindi colpire anche profitti ordinari, alzando il costo del capitale delle imprese coinvolte, con effetti potenzialmente negativi sugli investimenti interni e dall’estero. Aumenta anche la probabilità che, a dispetto dei vincoli meramente formali posti dal decreto sul divieto di traslazione, le imprese siano indotte a trasferire sui prezzi, e dunque sui cittadini, i maggiori costi fiscali. (1)
Nel caso delle banche e delle assicurazioni si agisce invece ampliando l’imponibile, in parte limitando la completa deducibilità degli interessi passivi, in parte riducendo alcune deduzioni dall’imponibile (per svalutazioni e accantonamenti rischi su crediti e per riserve sinistri) che erano state già oggetto di restrizioni nel 2005.
Come nel 2005, viene inasprita anche la tassazione sulle cooperative, questa volta in particolare quelle di consumo, riducendo dal 70 al 45 per cento la quota di esenzione riconosciuta agli utili destinati a quelle riserve indivisibili che le connotano come enti mutualistici. (2)
In conclusione, gli interventi del governo in campo fiscale sino a questo momento sono difficilmente riconducibili a logiche di razionalità del sistema, aumentano le imposte, danno le briciole ai poveri, non affrontano il nodo prioritario del sostegno ai redditi dei lavoratori dipendenti.

(1) La Robin tax comprende anche un ragionevole inasprimento nelle royalties del settore petrolifero.
(2) Viene anche aumentata la ritenuta alla fonte sugli interessi relativi ai prestiti dei soci dal 12,5 al 20 per cento.
(vedere tabella al link indicato).
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Re: Robin (Tremonti) Hood "chiama" l'Europa

Messaggioda franz il 16/07/2008, 11:32

Altra segnalazione ricevuta riguarda il prestigiso istituto bruno leoni, notoriamente schierato per il libero mercato e quindi su posizioni liberiste. Ed è proprio da posizioni liberiste che partono le critiche piu' serie a questo provvedimento, definito populista, inutile e dannoso.

Questo è l'abstract:

Robin Hood, il principe degli esattori
di Piercamillo Falasca e Carlo Stagnaro


La Robin Hood Tax è un provvedimento populista, criticabile
sotto diversi punti di vista;
La nuova imposta non risolve alcuno dei problemi esistenti nel settore energetico,
mentre ne crea di nuovi determinando distorsioni e un aggravio della
pressione fiscale che può disincentivare gli investimenti;

Non è possibile individuare dei profitti “extra” o “eccessivi”
in un paese come l’Italia dove il settore energetico
è poco sviluppato nell’upstream e molto sbilanciato
verso il downstream;

Gran parte del gettito non viene impiegato a favore
delle fasce sociali esposte al caro petrolio, quindi non
è sostenibile neppure la tesi dell’equità
della Robin Tax;

Di fronte a una crisi energetica attuale, sarebbero
auspicabili provvedimenti anticiclici, per esempio una
riduzione delle imposte sui redditi da lavoro;

In ogni caso, il gettito della tassa – anziché andare ad
alimentare la spesa corrente – potrebbe essere più utilmente
impiegato, per esempio, per abbattere il debito
pubblico o per finanziare riduzioni della pressione fiscale.

----
Documento completo
http://brunoleonimedia.servingfreedom.n ... n_Hood.pdf
Vedere anche:
http://www.brunoleoni.it/nextpage.aspx?codice=6667
http://blog.ultimathule.it/2008/06/robi ... ngham.html

Grazie a tutti per le vostre segnalazioni

Franz
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Nottingham Sheriff Tax

Messaggioda pinopic1 il 26/07/2008, 13:59

La Nottingham Sheriff Tax è già stata bocciata dal Governatore della Banca d'Italia, dall'Autorithy per l'energia e dalla Corte dei Conti.

Oggi il Sole 24 Ore pubblica quanto segue:

Robin tax e social card nel mirino del Servizio Bilancio del Senato

La Robin Hood Tax e la social card per i poveri contenute nel decreto di manovra preoccupano i tecnici del Senato. Nel dossier del Servizio Bilancio, il pool di esperti, sulla Robin tax mette in guardia dal rischio di una ricaduta sui consumatori dell'inasprimento fiscale sulle società energetiche e dalla possibile liquidazione di minori dividendi per gli azionisti. Sulla social card ritengono, invece, che le coperture destinate ad alimentare il Fondo di solidarietà per i meno abbienti «presentano un certo grado di aleatorietà». Ecco nel dettaglio i rilievi mossi dai funzionari di Palazzo Madama.

Sulla Robin tax, i tecnici di palazzo Madama rilevano che la stima di maggior gettito che deriva dalla norma non ipotizza «alcuna variazione degli andamenti di mercato che verosimilmente potrebbero aversi sia con riferimento alle oscillazioni di prezzo e di valuta, sia con riferimento a
possibili fonti di energia alternative (che peraltro le misure adottate dal decreto intendono incentivare), sia per effetto delle stesse disposizioni che nel loro insieme hanno come effetto finale il ridimensionamento degli extraprofitti degli operatori energetici».

Inoltre, prosegue il dossier, occorre considerare «la possibilità che l'inasprimento fiscale per le aziende del settore petrolifero e del gas possa comportare la liquidazione di minori dividendi per gli azionisti con effetti sia in termini di minor gettito per imposta sui redditi da capitale sia in termini dei minori dividendi liquidati direttamente dallo Stato».

Con la Robin tax, secondo i tecnici, «risulta facilmente traslabile in avanti, sul prezzo dei consumatori finali, il maggior onere in termini di addizionale Ires gravante sugli operatori interessati». Conseguenza, dunque, «effetti non trascurabili in termini di produttività e competitività per le aziende energivore nonché aggravi a carico dei consumatori finali, con eventuali effetti di retroazione anche sulla finanza pubblica».

I tecnici di palazzo Madama sulla Robin Tax chiedono, quindi, al governo di fornire dettagliati elementi in merito agli effetti finanziari netti che potrebbe produrre la norma. Per quanto riguarda la social card, il Servizio Bilancio del Senato sottolinea che «alla luce delle modifiche introdotte alla Camera occorrerebbe una ricostruzione complessiva del quadro finanziario di alimentazione del Fondo e di utilizzo delle relative risorse, tendo conto che non è chiaro come il Fondo sarà alimentato a regime». Infine, «è necessario acquisire informazioni aggiuntive dal governo al fine di escludere ulteriori oneri per trasferimenti dal bilancio dello Stato, previsti dall'articolato, ma non quantificati nella relazione tecnica».
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Robin tax; tassa cetriolo?

Messaggioda pianogrande il 06/08/2008, 17:07

Il detto del cetriolo che torna sempre dall'ortolano lo do per integralmente riportato.
Il governo dice:"Niente tagli grazie alla Robin tax".
Per quanto riguarda i petrolieri, non è che governo e benzinai si sono semplicemente divisi i soldi degli aumenti?
L'ortolano, naturalmente, sono io (ed i miei simili né petrolieri né governanti).
Fotti il sistema. Studia.
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Re: Robin tax; tassa cetriolo?

Messaggioda lucameni il 06/08/2008, 19:50

Non conosco bene il detto dell'ortolano.
Ma se si parla di cetriolo, e considerando di chi si parla, allora davvero viene il dubbio non tanto sul fatto che torni, ma in relazione al dove vogliano mettertelo 'sto coso oblungo.
Onestamente la sensazione, sempre di cetriolo parlando, è che me lo abbiano inviato in luogo non convenzionale (o fin troppo convenzionale?) da ben 14 anni. Anzi pure di più.
Se la situazione persistesse non mi meraviglierei affatto. Anzi, è nelle cose.
"D' Alema rischia di passare alla storia come il piu' accreditato rivale di Guglielmo il Taciturno" (I. Montanelli, 1994)
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