L'INCHIESTA-2/ Età media dei convogli: 22 anni. Ma il numero di incidenti gravi si è ridotto
Tagli su manutenzione e igiene. Il rischio è che la Tav attiri tutte le risorse
Italia, i treni più vecchi d'Europa
e ai controlli mancano gli ispettori
di ETTORE LIVINI
MILANO - Le statistiche (positive) da una parte. La cronaca (tragica) dall'altra. Lo stato di salute della sicurezza dei treni italiani è una foto in chiaroscuro.
Quattro deragliamenti da fine maggio a oggi e le immagini della tragedia di Viareggio sembrano dare ragione a Ezio Gallori. "Le Fs? Un colabrodo - dice tranchant il leader storico dei macchinisti tricolori - . Hanno tagliato personale, levato i verificatori, tolto i guardalinea, imposto il macchinista unico. Risultato: un bilancio in pareggio, forse. Ma anche otto guasti seri in quattro settimane". Di più: il parco di locomotive e carrozze made in Italy - penalizzato da un rinnovo che procede con il contagocce - è uno tra i più vecchi d'Europa, con un età media oltre i 20 anni. E, come possono testimoniare ogni mattina migliaia di pendolari, è afflitto da tutti gli acciacchi legati al dato anagrafico.
I numeri però - per la fortuna delle coronarie dei passeggeri tricolori - raccontano (almeno fino ad oggi) anche un'altra storia: i treni italiani sono tra i più sicuri d'Europa. Il numero di incidenti gravi sulle rotaie di casa nostra è sceso dai 202 del '93 ai 19 nel 2008. "Le Ferrovie negli ultimi anni hanno speso tanti soldi per la sicurezza", conferma Marco Ponti, professore di Economia dei trasporti al Politecnico di Milano, mai tenerissimo con l'ex-monopolio della rotaia. E i risultati, in effetti, ci sono: il "tasso di incidentalità" dei binari del Belpaese è tra i più bassi d'Europa. Appena peggio della Gran Bretagna, sui livelli d'eccellenza di Francia e Germania.
I campanelli d'allarme, tuttavia, suonano lo stesso. La cronaca in questo caso - oltre a Viareggio ci sono i guasti degli Eurostar e la quotidiana via crucis di milioni di pendolari - è solo una faccia della medaglia. Il rischio vero è che la crisi economica, la liberalizzazione e i problemi di bilancio del socio di riferimento Fs (quello Stato che "ogni anno versa nelle casse del gruppo circa 7 miliardi", calcola Andrea Giuricin, economista dell'Istituto Bruno Leoni) costringano le Ferrovie ad abbassare la guardia. E che il massiccio dirottamento di mezzi e risorse verso il futuro dell'Alta velocità - mille chilometri di rete (sui 16mila in servizio) che inghiottiranno 85 miliardi di investimenti sui 189 previsti dal contratto di programma Fs-Tesoro - finisca per penalizzare la "rete di serie B" - quella degli interregionali - e gli stanziamenti per la sicurezza.
"La manutenzione per noi è sacra", assicura l'ad Mauro Moretti. Gli investimenti del gruppo però sono calati dagli 8,5 miliardi del 2005 ai 6,8 del 2007. E nell'ultimo bilancio di Trenitalia si giustificano i 209 milioni di tagli dei costi (-7,1%) "in particolare con una riduzione che ha riguardato i costi di manutenzione, che sono stati internalizzati, e quelli di pulizia". Il numero dei dipendenti tra dicembre 2006 e fine 2007 (ultimo dato disponibile) è stato ridotto da 98mila a poco più di 93mila. E la stessa Agenzia nazionale per la sicurezza ferroviaria, nata sotto l'ombrello del ministero dei Trasporti per vegliare sullo stato di salute del settore, soffre sotto il peso dell'austerity: doveva avere 300 super-ispettori indipendenti. In realtà arranca con 100, effettuando controlli documentali o a campione.
Le cifre - spiega Barbara Morgante, direttore Strategie e pianificazione Fs - vanno lette in controluce: il colpo di forbice agli investimenti, calati del 20% in due anni, si spiega con il completamento di tratte dell'alta velocità. O di progetti come il sistema di blocco automatico dei treni, innovazione che ha portato all'avanguardia continentale l'Italia su questo fronte: il 90% della rete è "monitorato" da un cervello informatico in teoria infallibile, in grado di bloccare i convogli in remoto in caso di anomalia.
"Va bene, siamo tra i migliori d'Europa - ammette Alessandro Rocchi, segretario della Filt trasporti Cgil - Ma è in corso una transizione verso il libero mercato che va governata con attenzione. Negli ultimi 7-8 anni Fs ha avuto la possibilità di spendere molto. Ma ha privilegiato le reti più redditizie economicamente". I "professori" - come li bolla con un po' di sarcasmo Gallori - hanno però cifre diverse: "La rete tradizionale fa ancora la parte del leone negli investimenti - rassicura Carlo Vaghi, docente Certet-Università Bocconi - . Gli ultimi adeguamenti informatici sono andati di pari passo sulle tratte superveloci e su quelle dei pendolari".
Tutto, in ogni caso, è foraggiato dai contribuenti. Certo, l'alta velocità potrebbe camminare con le sue gambe e chiudere i conti in utile già l'anno prossimo, dicono gli esperti. Ma il resto dei treni tricolori viaggia a spese dello Stato: le vendite di biglietti coprono appena il 40% dei costi complessivi (a Londra siamo al 70%). Anche perché malgrado gli aumenti degli ultimi anni - più 9% nel 2006, più 15% per Eurostar e Tav nel 2008 - le tariffe restano tra le più basse del continente.
A far le spese di questi limiti finanziari, più che la sicurezza, paiono essere stati fino ad oggi la qualità e la puntualità del servizio e il rinnovo del materiale rotabile. Fermi al palo e penalizzati (-52 milioni d'acquisto materiali e - 42 milioni per la manutenzione dei beni mobili) anche nell'ultimo bilancio Trenitalia. E i guasti dei mezzi in servizio sono un punto dolente (senza segnali di miglioramento) della quotidianità delle ferrovie tricolori dove molti convogli regionali hanno un'età media vicina ai trent'anni.
I servizi di pulizia, oggetto di una radicale riorganizzazione negli ultimi mesi ("per la quale abbiamo privilegiato la qualità delle offerte all'economicità", sottolinea Morgante), sono in testa alle lamentele dei passeggeri. "Preferisco non cambiare i sedili e non pulire i graffiti piuttosto che rinunciare alla sicurezza", si è giustificato Moretti. Avere treni puliti, puntuali e pure sicuri - malgrado i miliardi pagati ogni anno dal contribuente - è evidentemente per ora ancora un'utopia.
(2 luglio 2009)
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