Per gentile
concessione da parte de Il Mulino, riceviamo da G. Pasquino
e pubblichiamo.
Questo articolo apparirà nella Rivista il Mulino,
fascicolo di luglio/agosto 2002, in libreria il 13 settembre
|
Gianfranco
Pasquino, condirettore della "Rivista Italiana di Scienza Politica",
è professore (NON insegna!) di Scienza politica nell'Università
di Bologna e al Bologna Center della Johns Hopkins University. I
suoi libri più recenti sono la Critica della sinistra italiana
(Laterza 2001) e Il sistema politico italiano (Bononia University
Press 2002).
Gianfranco Pasquino
Magari, le primarie?
1.
Sono previste elezioni primarie per qualsiasi carica monocratica
di rappresentanza e di governo. Debbono essere richieste da un minimo
di cento elettori che firmano un apposito documento.
2. Sono candidabili tutti coloro che abbiano i requisiti per essere
elettori. La candidatura è valida se accompagnata da un minimo
di cento firme e da un deposito cauzionario di almeno 750 Euro. Il
deposito non verrà rimborsato ai candidati che abbiano ottenuto
meno dell'8 per cento dei voti espressi.
3. Non sono candidabili i segretari di partito e di sindacato e i
componenti delle segreterie di partito e di sindacato.
4. Sono elettori tutti i residenti nel collegio che abbiano i requisiti
per votare nelle rispettive elezioni, che si registrino nominativamente
e versino ciascuno 25 Euro.
5. La campagna elettorale è limitata a dibattiti nelle sedi
dei quartieri.
6. Le votazioni si tengono nelle sedi dei quartieri in una sola giornata.
Vince chi ottiene almeno il 50 per cento dei voti più uno.
Altrimenti, si procede al ballottaggio fra i due candidati meglio
piazzati, ovvero fra i due candidati più votati che decidano
di rimanere in lizza.
Premessa.
Dopo tanto protratto e inutile discutere, nell'Ulivo/centro-sinistra,
di primarie che, nella quasi totalità dei casi, si arrestava
qualche tempo prima della decisione, è, forse, venuto il
momento di rimettere in piedi il discorso, in maniera semplice,
ma argomentata. Semplice è il regolamento che propongo in
testa a questo articolo. Argomentato è il ragionamento che
ispira la proposta, la giustifica punto per punto e motiva i vari
articoli e le diverse soluzioni prescelte. Anche se, lo so benissimo,
in questo paese il dibattito pubblico è molto raro, spesso
squilibrato, appesantito da massicce dosi di ipocrisia, alla fine
poco incisivo, continuo a pensare che fare opera di chiarezza può
servire ai cittadini, ai partiti e alla democrazia. Forse, qualcuno
sarà poi costretto ad assumersi qualche responsabilità
oppure, più raramente (le famose, famigerate e mai esperite
autocritiche), se le assumerà personalmente. D'altronde,
nello spazio di neppure una settimana i lettori dei maggiori quotidiani
sono stati esposti ad un vero tripudio di consensi (ma, anche, di
capziosi "distinguo") a favore delle elezioni primarie
per la scelta quantomeno del prossimo candidato del centro-sinistra
alla carica di Presidente del Consiglio! Prima Massimo D'Alema in
un'intervista al "Corriere della Sera" (venerdì
31 maggio), poi Romano Prodi in un'altra intervista al "Corriere
della Sera" (domenica 2 giugno), poi Piero Fassino in un'intervista
alla "Repubblica" (venerdì 7 giugno) hanno variamente
espresso il loro sostegno alle elezioni primarie per la scelta del
candidato a Palazzo Chigi. Prima e dopo vi sono state affermazioni
favorevoli alle primarie da parte di un po' tutti i dirigenti dell'Ulivo
e della Margherita, persino da parte di Francesco Rutelli. Naturalmente,
ci sono le solite obiezioni e c'è anche da aspettarsi che,
con il rinvio che Piero Fassino auspica a dopo le elezioni europee,
subito assecondato da Walter Veltroni, mentre la leadership dell'Ulivo
si sfilaccia, ad un certo punto qualcuno dichiarerà che non
c'è più tempo per farle. A riprova, i Democratici
e, in particolare, Arturo Parisi, dopo averle chieste a gran voce
sotto tutti i governi D'Alema, appena venne il tempo di contrapporre
limpidamente Francesco Rutelli a Giuliano Amato che, in fondo era
il Presidente del Consiglio in carica, affidarono ai sondaggi, fatti
da chi?, la scelta di Rutelli, anche perché, secondo loro,
appena otto mesi prima delle elezioni del maggio 2001, non c'era
più tempo per fare le primarie. Invece, e questo elemento
va sottolineato, non soltanto il tempo c'era eccome, ma primarie
limpide, che Giuliano Amato avrebbe dovuto esigere prima di cedere,
mestamente, il ruolo di sfidante a Rutelli, e che lo stesso Rutelli
avrebbe dovuto volere, per non apparire "paracadutato",
avrebbe consentito di creare tensione, ma anche entusiasmo nell'abbacchiato
elettorato dell'Ulivo e di rendere molto visibili le personalità
dei candidati e le loro proposte programmatiche. In assenza di primarie,
la partenza della campagna elettorale dell'Ulivo che, comunque,
avvenne soltanto a metà gennaio 2001 (e tra settembre e dicembre
2000 buone primarie si sarebbero potute tenere), fu lenta e moscia.
Sugli esiti tralascio.
Attrezzati da queste osservazioni e da quelle che, in assenza di smentite,
considero prese di posizione impegnative dei tre maggiori leader dell'Ulivo,
è ora di partire con qualche proposta, naturalmente perfettibile,
entro certi limiti, e che può anche essere rifiutata, magari
argomentando nel merito, e non perché non c'è più
tempo, ed eventualmente controproponendo meccanismi validi, migliori,
preferibili. Come si vede dal regolamento posto in testa a questo
intervento, gli articoli sono sei, sintetici e puntuali. Credo che
abbiano anche il pregio di essere precisi e facilmente comprensibili.
Come ho detto, costituiscono il frutto di una riflessione non episodica
(v., per esempio, Le primarie per riformare partiti e politica, Il
Mulino, n. 370/1997) e di un ragionamento sui rapporti cittadini/partiti.
Mi auguro che ai lettori e anche ad almeno qualche dirigente politico
interessi il ragionamento che ha condotto alla stesura del mio regolamentino.
Se, poi, i lettori e i dirigenti politici vorranno potranno controargomentare.
In questo caso, il silenzio, in special modo quello dei politici,
non mi sembrerebbe proprio essere d'oro.
Punto
primo. [Tipograficamente mi sembrerebbe efficace ripetere il punto
del regolamento] Le elezioni primarie per la scelta dei candidati
alle cariche monocratiche non sono un feticcio. Esistono diverse
alternative che non lasciano il potere nelle mani di pochi dirigenti
a vita di piccole organizzazioni burocratiche con grandi propensioni
a sbagliare. Ad esempio, in qualche comunità molti riconoscono
doti naturali di leadership e di autorevolezza nonché qualità
di competenza e di rappresentanza ad alcune persone. Sarebbe una
vera perdita di tempo fare le primarie con l'esito, magari, di indebolire
quelle particolari candidature. Si possono organizzare tutt'altro
che disprezzabili focus groups dai quali fare emergere il profilo
giusto del candidato vincente per una carica precisa. Qualche volta
si potrebbe, persino, ricorrere ai cosiddetti "saggi",
una variante dei famosi "passi indietro" che i partiti
annunciano senza mai compiere, pur consapevoli del fatto che anche
i saggi debbono essere individuati, reclutati e, poi, ascoltati
--e, sicuramente, la capacità d'ascolto dei dirigenti del
centro-sinistra non sembra elevatissima. Infine, poiché un
ritornello classico, ma davvero stucchevole, dei dirigenti del centro-sinistra
è che, fra di loro, molti hanno qualità di leadership,
molti costituiscono "risorse" per la coalizione, si può
anche pensare ad un metodo tutt'altro che inusitato quando si deve
scegliere fra "pari": una bella lotteria, l'estrazione
a sorte da un pool di candidati tutti egualmente apprezzabili. Dunque,
è sicuramente possibile scegliere bene (preciserò
poi che cosa intendo con questo avverbio) i candidati alle cariche
di sindaco, di presidente della provincia, di presidente della regione,
di deputato e di senatore e, persino, di capo del governo. E' possibile,
ma, poiché il centro-sinistra non ha affatto dato buona prova
di sé in questa delicata attività, il problema da
risolvere, non soltanto per individuare candidati vincenti, ma per
procurare sostegno convinto (qui siamo già nel "bene"),
è proprio quello delle modalità migliori, e migliori,
eventualmente, delle primarie (come è arcinoto, nessuna di
queste è stata la ragione per le quali si sono tenute bizzarre
elezioni primarie per la scelta del candidato/a sindaco di Bologna.
La sconfitta non fu del tutto inattesa. Stava, in verità,
nelle cose, nelle procedure, nelle manipolazioni e negli errori:
Baldini, Corbetta e Vassallo, 2000). Le affollate tavolate di dirigenti-selezionatori
del centro-sinistra hanno scelto candidati poco rappresentativi,
quelli paracadutati, e poco vincenti: a ciascuno il suo esempio
a tutti i livelli. Hanno, dunque, da questa limitata, ma importante,
prospettiva, quella della vittoria, scelto male, molto male. La
procedura -rapporti di forza e esercizio di qualche potere di ricatto,
magari sotto l'egida di pari dignità oppure di rappresentanza
di culture e di identità--, e l'esito, le sconfitte frequenti,
continuano a lasciare moltissimo a desiderare. Infatti, molti, soprattutto
fra i cittadini, desiderano qualcos'altro. Poiché molti elettori
del centro-sinistra ritengono di essere cittadini consapevoli, sono
spesso informati, hanno conoscenze politiche, desiderano partecipare
(ITANES 2001) e poiché la partecipazione attiva e incisiva,
influente e decisiva è considerata, in particolare nello
schieramento di sinistra, un valore, le primarie consentono per
l'appunto di mettere in pratica questo valore, di metterlo a disposizione
di tutti coloro che lo desiderino. Dunque è opportuno che
i cittadini le attivino loro stessi. Se nessuno le vuole, pazienza.
Potrebbe esserci già un ottimo candidato/a; un ottimo parlamentare;
un ottimo Presidente del Consiglio in carica
Se no, il numero
di coloro ai quali va consentita l'opportunità di attivarle
va accuratamente calibrato. Non deve essere troppo basso, perché
diventerebbero troppo facili le candidature folcloristiche di coloro
che vogliono semplicemente farsi un po' di pubblicità, pur
non avendo nessuna chance di ottenere la nomina, oppure che intendono
farsi vedere a futura memoria, cioè per concorrere ad altre
cariche, oppure che entrano in lizza soltanto per acquisire un po'
di potere di contrattazione (tipo: "io rinuncio qui se
";
oppure, "questa volta ti faccio convergere i miei voti purché
tu
"). Non deve neppure essere troppo elevato perché,
altrimenti, a raccogliere un numero elevato di adesioni potrebbero
riuscirci soltanto le organizzazioni partitiche e sindacali. Naturalmente,
il numero di firme deve essere commisurato al numero degli elettori.
Qui e negli altri articoli il numero è quello che ritengo
plausibile a livello di una città di tre/quattrocento mila
abitanti.
I cittadini che vogliono attivare le primarie, oltre ad una parte
del loro tempo, debbono contribuire anche una somma non simbolica,
ma neppure stratosferica, per confermare la serietà del loro
impegno e per finanziare una buona politica L'appello da sottoscrivere
non è un documento puramente formale ma, se fatto bene, serve
a chiarire quali sono le qualità che rendono quel candidato
degno di concorrere per quella specifica carica. Offre anche la possibilità
di precisare su quali punti programmatici un determinato candidato
sia particolarmente competente, dotato e apprezzabile in modo da evitare
insidiose critiche alla "personalizzazione" che, peraltro,
quando sono in gioco cariche monocratiche, non soltanto appare inevitabile,
ma può anche risultare democraticamente efficace.
Punto
secondo. Non voglio imbarcarmi in una discussione socio-psicologica
sugli obiettivi che donne e uomini perseguono per rendere la loro
vita divertente, utile, sopportabile, gratificante e così
via. E' improbabile, però, che non esistano donne e uomini
che non desiderino, quando sono in determinate condizioni sociali,
di acquisire un po' di potere politico con motivazioni, a seconda
dei casi, molto varie: per mettere alla prova le loro competenze;
per rappresentare gruppi; per dare voce ad organizzazioni; per diffondere
una visione del mondo; per cambiarlo, il mondo; per, qualunque cosa
voglia significare, "spirito di servizio". Bisognerebbe
diffidare di coloro che dicono di volere fare politica, ma sostengono
di non avere ambizioni personali. Sono proprio gli ambiziosi che
offrono qualche garanzia di prestare attenzione ai loro elettori,
anzi, a tutti gli elettori, a qualsiasi livello di governo, e lo
faranno perché vogliono mantenere/acquisire il consenso indispensabile
ad essere rieletti. Tuttavia, sarà bene commisurare le proprie
ambizioni ai propri meriti e, pur essendo molto positivo il fatto
che si presenti una pluralità di candidati per le primarie,
è necessario effettuare una scrematura preliminare fra gli
ambiziosi, i carrieristi e i "credenti". Propongo due
piccoli meccanismi. Il primo è ancora una volta un numero
minimo di firme, per il quale vale il discorso già accennato:
mai né troppe né troppo poche, con il punto di equilibrio
che va trovato e cercato di volta in volta a seconda delle cariche
e dei luoghi. Il secondo è un deposito cauzionarlo non troppo
elevato da renderlo irraggiungibile da candidati non danarosi, ma
non troppo basso da consentire, non tanto a chiunque, di presentarsi,
ma da impedire che vi sia qualcuno che, per una pluralità
di ragioni, fra le quali il calcolo di indebolire un candidato che
entri in competizione proprio nella sua area politica, finanzi la
partecipazione di candidati che pur non potendo vincere, risultano
in grado di indebolire/affondare candidature più forti, ma
sgradite ai finanziatori danarosi. Almeno paghino per questo loro
intervento non del tutto esente da critiche, ma, purtroppo, inevitabile.
Il resto lo farebbe, comunque, il confronto fra candidati.
Punto
terzo.So già che si parlerà di intollerabile discriminazione,
di vento dell'antipolitica, di malposta critica dei partiti e dei
loro poveri, affannati, affaticati funzionari (ma, non si perda
il fatto che questo vento e questa critica sono anche antisindacali!)
che si sacrificano, a scapito della loro vita personale, per il
bene comune, della causa, del paese e che, tutto sommato sono uomini,
molti, e donne, pochissime, come gli altri, e che, naturalmente,
la politica, anche come professione/mestiere, è un'attività
come le altre, anzi, addirittura più nobile delle altre.
Finito il diluvio di banalità, sempre meno tollerabili quando
provengono da un ceto di "garantiti" benestanti che fanno
muro contro qualsiasi cambiamento, e finite anche le più
o meno abili e interessate, ma certamente non gratuite, difese d'ufficio
di alcuni giuristi che sosterranno che questo articolo deve essere
addirittura considerato incostituzionale, nient'affatto intimorito,
argomenterò. Vorrei, anzitutto, chiamare a mio sostegno un
padre della scienza politica che di partiti se ne intendeva. Pertanto,
definirò questo divieto di partecipazione alle primarie dei
segretari di partito e di sindacato e dei componenti delle loro
segreterie "la lezione Roberto Michels". Mi richiamo al
classico La sociologia del partito politico e alla "legge ferrea
dell'oligarchia". Chi ha letto Michels (1966), ma tutti fanno
ancora a tempo, dovrebbe sapere che un piccolo gruppo di uomini
(e donne) che dispone di tutto il tempo delle sue giornate di "lavoro",
che occupa una posizione centrale nella rete di comunicazione di
un partito o di un'organizzazione sindacale, che ha segreterie,
telefoni, computer, che decide dell'assegnazione di candidature,
di cariche, di risorse finanziarie e, persino, della scelta degli
oratori alle feste dei partiti, è in grado di fare il bello
e il cattivo tempo sia in qualsiasi partito sia in qualsiasi organizzazione
sindacale. E ne approfitta regolarmente. Dunque, è perfettamente
piazzato per rivendicare altre cariche che, infatti, basterebbe
guardare al cosiddetto cursus honorum dei segretari di partito,
ottiene in pratica come e quando vuole, senza nessuna difficoltà,
salvo qualche imprevedibile interferenza degli elettori.
Incidentalmente, anche se nella vita politica e sociale di questo
paese il tema non è mai stato, per così dire, popolare,
si potrebbe persino porre un problema di etica pubblica. Qualche volta
si tratta di incompatibilità fra cariche, qualche volta di
cumulo delle cariche, qualche volta semplicemente di utilizzo strumentale
e persino di scambio di cariche. In estrema sintesi, una volta conquistata
una qualsiasi carica la si tiene stretta con le unghie e con i denti
fino a quando non se ne ottiene, grazie a quella già posseduta,
un'altra, preferibilmente più importante e meglio lucrativa.
E, meno che mai, fenomeno che rappresenta purtroppo una prassi alquanto
diffusa e persino elogiata, si rinuncia, ogniqualvolta sia possibile,
a cumulare cariche elettive. Vero è che, qualche volta, ma
raramente, il cumulo è vietato da qualche statuto lungimirante
che, comunque, come è successo in Emilia-Romagna, può
sempre venire opportunamente e rapidamente cambiato. Esiste incompatibilità
tra ruolo di parlamentare e carica di segretario regionale? Non importa.
Pur di consentire all'on. Mauro Zani, qualche anno fa, all'ultimo
momento, vale a dire a nomina a segretario regionale già avvenuta,
ma non ancora ratificata, nell'imbarazzo di pochi, ma certamente non
dello stesso Zani, lo statuto è stato acconciamente riformato
-ovviamente, gli iscritti sono "sovrani", magari sono stati
appena un po' coartati
, e le due cariche sono tuttora da lui
cumulate, senza precedenti. Questo, però, è l'unico
caso di cui ho conoscenza diretta e non sono in grado di escludere
che la prassi esistesse anche prima e sia continuata anche dopo, ma
mi pare che nessuno degli altri attuali segretari regionali dei Democratici
di sinistra sia al contempo parlamentare. Tralascio tutti gli altri
casi di cumulo, i più brillanti dei quali e, certo anche i
più lucrosi, legittimi, ma eticamente inopportuni, sono quelli
fra la carica di sindaco e quella di europarlamentare.
Le cariche possedute servono anche agli scambi: una carica a futura
memoria in cambio di una nomina hic et nunc, e soltanto se e quando
la carica successiva viene ottenuta si abbandonerà la carica
precedente. Non è proprio la circolazione delle elites auspicata
dai molti studiosi della democrazia e delle sue difficoltà
di ricambio, ma è, invece, proprio l'esemplificazione migliore
di come il potere conquistato serva in special modo a autoriprodursi.
Questa è, dunque, la ratio del punto 3 del regolamento delle
primarie: impedire l'esercizio improprio del potere politico da parte
di chi vuole sempre avere una rete di sicurezza, ma comunque non intende
rinunciare a nessun vantaggio di partenza. Sono, però, sicuro
che tutti i segretari di federazione e regionali, dei DS e degli altri
partiti del centro-sinistra, della CGIL e degli altri sindacati (e,
magari, persino di associazioni professionali come la CNA) decideranno
di dimettersi per tempo e irrevocabilmente dalle loro cariche qualora
volessero partecipare alle primarie, per esserci in condizioni di
parità: come cittadini fra i cittadini, che è un'ottima
applicazione della par condicio. Fra l'altro, non c'è nulla
di punitivo in questo articolo. Infatti, se i segretari e i loro collaboratori
hanno operato bene hanno certamente acquisito (si veda, ad esempio,
quanto succede a Sergio Cofferati) straordinaria popolarità
e prestigio e non hanno neppure più bisogno del potere che
è intrinseco alla carica. Certo, capisco che segretari poco
popolari e poco prestigiosi, oscuri e sbiaditi, debbano ricorrere
proprio al loro potere, che hanno soltanto se sono in carica, per
ottenere una candidatura o, comunque, per partire con qualche vantaggio
nella corsa delle primarie. Ma è esattamente questo vantaggio,
indebito e indebitamente ottenuto, che l'articolo tre intende negare
loro, e pour cause.
Punto
quattro. E' davvero una questione di lana caprina chi debba essere
autorizzato a votare nelle primarie. Tutti coloro che sono elettori
nella zona/collegio/circoscrizione nella quale si terranno le elezioni
amministrative e politiche godono automaticamente del diritto di
votare nelle primarie, esibendo i soliti documenti: carta di identità
o simile e libretto elettorale (quando verrà il tempo anche
le impronte digitali) . Non credo molto alle infiltrazioni del nemico,
vale a dire di elettori dello schieramento opposto che cerchino
di influenzare la scelta del candidato e che riescano a imporre
la vittoria proprio del candidato/a che, presumibilmente, il candidato
dello schieramento del loro"cuore" avrebbe maggiori probabilità
di sconfiggere: davvero una eccellente, ma difficilissima, interpretazione
del voto "strategico". Sui piccolissimi numeri questo
esito potrebbe teoricamente essere conseguito. Anche allora, però,
la responsabilità sarebbe sostanzialmente degli elettori
del centrosinistra che non si sono mobilitati. Comunque, l'iscrizione
in un registro a disposizione del pubblico, giornalisti compresi,
di chi ha votato, il pagamento di una somma che, al momento è
simbolica, ma potrebbe essere resa più alta (ma non troppo
alta per non favorire quei candidati che potrebbero volerla pagare
per gli elettori che dichiarino di volerli votare) e, infine, il
facile riconoscimento degli elettori dell'altra parte e la loro
esposizione al ludibrio dovrebbero essere misure sufficienti a sventare
qualsiasi tipo di manipolazione. Ad ogni buon conto, è un
rischio che si può correre.
Punto
quinto. In linea di massima considero assolutamente improbabile
che emergano candidature, anche folcloristiche, di persone che non
siano già in qualche modo più o meno note nella zona,
nel collegio, nella circoscrizione nei quali si terranno primarie.
Salvo casi rarissimi, persino le candidature di outsider, proprio
perché curiose, originali, inaspettate, interessanti, attrarranno
l'attenzione dei mass media e quindi non resteranno prive di audience.
Fra l'altro, le primarie in zone omogenee consentono una rapida
circolazione delle informazioni e non impediscono a nessuno di farsi
una sana propaganda personale. E, naturalmente,.anche i partiti
e i sindacati e le varie associazioni possono organizzare, nelle
loro sedi, tutti gli incontri che vogliono con tutti i candidati
che vogliono. Partiti, sindacati e associazioni decideranno se rispettare
oppure no la parità di condizioni, e i mass media giudicheranno
dell'equanimità di tutti loro e dei loro dirigenti (come
si vede, una ragione in più per escludere dalle primarie
segretari e collaboratori in carica, per non mettere in imbarazzo
gli organizzatori degli incontri). In pubblico, però, tutti
i dibattiti, preferibilmente pochi, preferibilmente centrati proprio
sulla candidatura: vale a dire perché scegliere quel candidato
rispetto a tutti gli altri, quindi dibattiti sulle biografie, sulla
rappresentanza/rappresentatività e sulle proposte, dovrebbero
tenersi in sedi pubbliche offerte dai comuni oppure appositamente
affittate. Per non logorare i potenziali elettori, il numero dei
dibattiti pubblici dovrebbe essere molto contenuto. Azzardo: non
più di tre. Il resto è spreco di tempo, di energie,
di denaro e forse produttore di noia e di confusione.
Punto
sesto. All'idea di primarie secche: una volta sola in un luogo solo
in un colpo solo, qualcuno contrappone la proposta di un "percorso"
articolato e diluito nel tempo che contempli più passaggi,
più riunioni, più votazioni, addirittura l'elezione
di delegati ai vari livelli fino a culminare in un'assemblea happening,
presumibilmente di festosa (?) incoronazione, probabilmente, se
si vogliono evitare stalli, senza vincolo di mandato: decideranno
i delegati come comportarsi una volta sconfitti e usciti di scena
ad un certo punto del percorso i candidati per sostenere i quali
erano stati eletti. Secondo i suoi sostenitori, il "percorso"
avrebbe almeno tre meriti: 1) sarebbe coinvolgente e quindi farebbe
aumentare la partecipazione; 2) diffonderebbe informazioni sui candidati
e più in generale sulla politica e sui programmi; 3) darebbe
un impulso comunicativo tale da raggiungere anche elettori che non
partecipino alle primarie. Poiché sono dell'idea che questi
tre potenziali, molto potenziali, meriti siano di gran lunga inferiori
ai rischi, argomenterò, invece, il caso a favore di una unica
sede, una unica votazione, una decisione secca. Peraltro, come si
vede dal testo del mio articolo, la decisione non sarebbe secchissima
ma, se nessuno dei candidati ottiene la maggioranza assoluta, contemplerebbe
un ballottaggio per preparare il quale appare evidente che si dovranno
stringere accordi e, al limite, giungere trasparentemente, fra candidati
della stessa area di preferenze e proposte, a desistenze (chi desiste
dovrebbe spiegare a favore di chi e perché in maniera tale
da convincere i suoi elettori a spostarsi in maniera coordinata
e efficace).
Tornando ai rischi della proposta dei percorsi, in primo luogo, quanto
più i "percorsi" sono lunghi tanto più saranno
defatiganti. Sfibreranno i candidati, che hanno anche un lavoro, una
professione e altri impegni, e i potenziali elettori, ugualmente impegolati
nelle obbligazioni della vita quotidiana. Al contrario, percorsi lunghi
e potenzialmente defatiganti sono la manna per chi, come i funzionari
di partito e di sindacato, può disporre di un sacco di tempo
da dedicare appositamente all'organizzazione di riunioni, e conferiscono
loro significativi vantaggi. Quanto più lunghi sono i percorsi
tanto più diventerà probabile che la partecipazione,
invece di crescere, diminuisca: ad una/due riunioni posso anche andare,
a quattro/cinque, proprio, no. Quanto più lunghi a più
livelli in più sedi con elettorati diversi sono i percorsi
tanto più saranno suscettibili di manipolazioni, anche occasionali,
nelle quali si perderebbe la tensione, si logorerebbe l'entusiasmo,
si preparerebbero trabocchetti e trucchetti, si approderebbe alla
delusione, allo sconforto e all'irritazione. Allora, non dico che
rimpiangeremo le selezioni e le candidature ad opera dei partiti,
sempre opache e sempre discutibili, ma potremmo pensare che qualche
comitato di saggi oppure la lotteria sarebbero metodi preferibili.
E, forse, come second best, dopo primarie vere, tenute in condizioni
di parità, lineari, secche, vengono davvero le lotterie e i
saggi, magari, a loro volta, estratti a sorte. E sarebbe davvero bello
ascoltare Amato, D'Alema, Rutelli, Prodi e Cofferati affermare che
sì, si considerano tutti egualmente bravi, si riconoscono vicendevolmente
la qualità di "risorsa" per il centro-sinistra, non
hanno paura delle primarie, ma pensano che siano laceranti per l'elettorato
del centro-sinistra e quindi si affidano fiduciosi all'estrazione
sorte --che verrà logicamente e coerentemente utilizzata anche
per scegliere i candidati al Parlamento di Verdi, Comunisti Italiani,
SDI proprio perché anche loro, tutti loro si sono opposti alle
primarie, ma rimangono, almeno fintantoché non si trovi il
modo e non si inventino i criteri per procedere a convincenti misurazioni,
"risorse" per il centro-sinistra. Nel frattempo, magari,
le primarie.
Riferimenti bibliografici
Baldini,
G., Corbetta, P e Vassallo, S. (2000) La sconfitta inattesa. Come
e perché la sinistra ha perso a Bologna, Bologna, Il Mulino.
ITANES
(2001) Perché ha vinto il centro-destra, Bologna, Il Mulino.
Michels,
R. (1966) La sociologia del partito politico, Bologna, Il Mulino (prima
ed. 1911).
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