Da Il Riformista 28/11/2002
ALLARME - LA COALIZIONE SI SBRIGHI
O RISCHIA DI DEFLAGRARE
DI STEFANO CECCANTI
Primarie allargate per scegliere il leader Ulivo,
le anime e le idee sono troppe
Ecco come si può trovare un modo democratico di far vincere
la maggioranza
Pietro Scoppola ricordava recentemente a Chianciano,
tra gli applausi dei circa trecento delegati dei Comitati dell'Ulivo,
che questa innovativa esperienza della vita politica italiana è
stata resa possibile dal superamento di una duplice e simmetrica
anomalia: l'unità ideologica della sinistra e l'unità
politica dei cattolici.
Ma l'Ulivo, che a differenza dei singoli partiti è in Italia
l'unico soggetto in grado di incarnare l'alternativa di governo
(col 35 40% ha le dimensioni di un normale partito europeo) non
si è strutturato come soggetto politico autonomo, è
rimasto "Ulivo oligarchico", come ha scritto su queste
colonne Claudia Mancina.
E allora non è un caso se vediamo riemergere in più
occasioni la tentazione di ritornare al passato: in molte delle
mobilitazioni contro Berlusconi, di stile massimalista emergenzialista,
è di fatto riproposto il mito dell'unità della sinistra:
se c'è un'emergenza descritta con toni apocalittici è
più facile tornare alla vecchia rassicurante fisiologia anziché
immaginarne una inedita.
Tanto più se essa poggia su un luogo storico e concreto,
la Cgil, che come struttura è sopravvissuta alla separazione
Pds/Rifondazione, ignorando l'evoluzione ulivista che avrebbe avuto
il suo pendant sociale nell'unità sindacale. Nel contempo
assistiamo a vari conati di nostalgia della Dc: prima i ripetuti
tentativi di "terzi poli", l'ultimo dei quali guarda caso
anch'esso di matrice sindacale; ora quelli più realistici
di "democristianizzare il Polo", approfittando della deriva
massimalista di parte della sinistra per coprire le ampie praterie
dell'elettorato di centro, magari con l'ascesa di nuovi leader del
centrodestra. Sbaglia pertanto chi (in buona o cattiva fede) critica
l'Ulivo procedurale, la richiesta di regole stringenti a partire
da quella di maggioranza (l'unica dinamica) in nome del primato
dei contenuti: i contenuti in campo sono già troppi e la
loro diversità evidente.
Il problema è come scegliere tra di essi ed anche tra le
persone meglio in grado di incarnarli.
Senza regole interne, in poco tempo salta l'Ulivo e non sarà
un'unità della sinistra a produrre il ricambio di governo,
neanche se essa fosse poi coperta da un leader più centrista
chiamato a svolgere il ruolo di "maxiindipendente di sinistra".
Stante la causa persa, d'altronde, non se ne troverebbe nessuno.
Le linee dettagliate di queste regole le ho esposte ai Comitato
dell'Ulivo e per i più curiosi sono disponibili sul sito
www.ulivo.it. Qui mi interessa il senso politico.
Dovremmo sin d'ora accanto allo sforzo già prodotto dai parlamentari
di Artemide, che merita decisioni pronte che le recepiscano incardinare
primarie più aperte possibili, a tutti i cittadini che si
riconoscano pubblicamente nell'Ulivo, per scegliere dopo le europee
il candidatopremier da opporre a Berlusconi. Dovremmo farle comunque,
anche se il candidato competitivo fosse uno solo.
La nostra coalizione parte infatti da un deficit di credibilità:
3 premier e 4 governi in una legislatura. Non è compattata
artificialmente dal potere dei soldi e dei media: quale metodo migliore,
evidentemente alternativo, se non una larga partecipazione? Si è
detto che Prodi cadde
anche perché era stato designato in modo ristretto: chi lo
scelse poteva inevitabilmente anche revocarlo. Se la scelta fosse
ora dei cittadini si renderebbe evidente che ad essi si dovrebbe
tornare: la coalizione potrebbe garantire quella compattezza interna
senza la quale molti elettori preferiscono freddamente quella attualmente
al governo, proprio perché cementata dal conflitto di interessi.
Un altro cemento, democratico, è possibile. Tra l'ottobre
e il dicembre del 2004 in alcuni turni di voto ciascuno di noi potrebbe
già votare, regione per regione, i delegati su liste legate
a candidatipremier a un'Assemblea nazionale chiamata a pronunciarsi
o proclamando il vincitore (se il primo fosse giunto a una maggioranza
assoluta) o a sceglierlo direttamente.
Questo strumento si potrebbe estendere anche ai parlamentari, dove
c'è un'esigenza ulteriore di equili brio politico? Lì
la democrazia può farsi valere diversamente.
L'Ulivo dovrebbe avere organismi a ogni livello, dai collegi della
Camera sino al nazionale, con le sue 3 componenti rappresentate
in modo equilibrato: dirigenti di partito e eletti nelle istituzioni,
già in grado oggi di incidere, e una quota di cittadini eletti
direttamente dal basso da tutti coloro che si riconoscono nella
coalizione. Così quest'ultima componente, la parte oggi ignorata,
verrebbe valorizzata. Sarebbero queste dirigenze della coalizione
a scegliere, a seconda dei casi, se e dove convocare una primaria
larga, se decidere direttamente sui candidati (anche ai fini di
un riequilibrio complessivo) o se varare forme intermedie. La "casa
comune dei riformisti" può (ri)nascere solo su basi
come queste, anche correndo il rischio che le spinte di radicalizzazione
possano manifestarsi all'interno delle procedure democratiche e
prevalere.
Più esse saranno aperte all'insieme dei cittadini e meglio
sarà, ma il rischio è da correre perché sono
invece i metodi oligarchici ad essere inevitabilmente travolti dalla
richiesta di discontinuità che, quando non trova regole adeguate,
scivola nel radicalismo dei contenuti.
Chi non vuole il ritorno dell'ideologica unità della sinistra
deve varare oggi regole e strumenti per l'unità dei riformisti.
Il filo da tessere si sta esaurendo.
--->Scarica
il documento in formato Word<---
|