|  
              
              PERCHÈ NON CREDO NELLE PRIMARIE 
             
            Da tempo, soprattutto 
              negli ambienti del centro sinistra, è sul tappeto la questione di 
              introdurre la procedura delle primarie nel sistema elettorale maggioritario 
              italiano. La questione è complessa e presenta moltepllici sfaccetttaure 
              ma certo non può essere respinta o adottata in base a frettolose 
              considerazioni o improvvisate parole dordine. Per avviare 
              un dibattito, riportiamo perciò il testo dellamico liberale 
              Andrea Bitetto che, al di là della sua scelta di contrarietà, è 
              molto ragionato e fornisce spunti per una discussione argomentata 
              dalla quale non crediamo si possa prescindere. 
            Se scommettete su 
              quale ragazza vincerà il concorso di bellezza, ammoniva John Maynard 
              Keynes, non puntate su quella che vi piace di più, ma su quella 
              che ritenete piacerà di più agli esaminatori. Il ragionamento si 
              applica anche quando si deve scegliere non "la più bella del 
              reame", ma il candidato alle prossime elezioni politiche. Il 
              metodo delle primarie, che gode di grande popolarità nella sinistra 
              soprattutto in quella ulivista, passerebbe il test di Keynes o no? 
            Prima domanda: perché 
              uno dovrebbe voler votare alle primarie? E' noto il paradosso del 
              votante: votare costa tempo per informarsi, per recarsi al seggio, 
              ecc.; il vantaggio che ogni singolo elettore può attendersi dal 
              suo voto è infinitesimo; quindi in teoria nessuno dovrebbe andare 
              a votare. Se ciò non accade é perché al calcolo razionale si contrappone 
              la soddisfazione di esprimere la propria volontà. Questo nelle elezioni 
              politiche, quelle in cui l'elettore indica da chi vuole essere governato. 
              Quando, come nelle primarie, si indica il candidato che correrà 
              per il proprio partito, la bilancia tra ragioni di interesse e motivazioni 
              alla autoespressione é tutta spostata su queste ultime. Dato che 
              non si sceglie chi ci governerà, le ragioni di interesse praticamente 
              non esistono, conta solo la voglia di manifestare la propria identità 
              politica. E' quindi logico che alle primarie si presentino in pochi, 
              e molto motivati.  
            Secondo: chi ha diritto 
              a votare alle primarie? Di solito, per evitare abusi o rischi di 
              manipolazioni, si chiede di registrarsi, eventualmente versando 
              un piccolo contributo. In tal modo si introduce un elemento che 
              ulteriormente riduce il numero dei partecipanti e favorisce ulteriormente 
              la selezione a favore dei più politicizzati. Corollario: poiché 
              nelle primarie non è determinabile il numero degli aventi diritto, 
              per definizione nelle primarie non esiste lastensione, che 
              è invece anchessa lespressione di una volontà politica 
              di cui si deve tenere conto.  
            Conclusione: l'insieme 
              di chi partecipa alle primarie non é un campione significativo dell'insieme 
              di chi ha diritto di partecipare alle elezioni; il risultato delle 
              primarie non può in alcun modo essere preso come un sondaggio indicativo 
              delle preferenze degli elettori. La probabilità che la differenza 
              tra risultato delle primarie e risultato di un sondaggio sia elevata, 
              é tanto maggiore quanto meno omogeneo é l'insieme di tutti gli elettori 
              quanto a preferenze verso i candidati. Se poi la propensione a partecipare 
              alle primarie é positivamente correlata alla preferenza per un determinato 
              candidato, aumenterà ancora la differenza tra il profilo politico 
              del candidato che raccoglie i maggiori consensi alle primarie, e 
              il profilo di quello che può raccogliere i maggiori consensi nelle 
              elezioni. In questo momento a sinistra si constata: poca omogeneità, 
              profonde divisioni di natura ideologica; forte correlazione tra 
              ben identificabili scelte ideologiche e preferenze politiche e propensione 
              a votare alle primarie. Ci sono dunque tutte le condizioni perché 
              il tipo di ragazza su cui punteranno quelli che assistono al concorso 
              (cioé che votano alle primarie) sia molto diverso da quella che 
              selezioneranno i giurati ( cioè gli elettori). In realtà il gioco 
              é ancora più complicato del modellino di Keynes: perché qui chi 
              scommette non si accontenta di scegliere tra ragazze selezionate 
              da altri, ma vuole fare lui anche la selezione. E questo desiderio, 
              di per sé assolutamente legittimo, non fa però delle primarie un 
              metodo né efficace, né efficiente, né "democratico".  
            Non é efficace: perché 
              per scegliere il candidato con maggiori probabilità di vincere bisogna 
              spogliarsi delle proprie preferenze personali, per concentrarsi 
              invece a cercare di prevedere le reazioni degli elettori; i quali 
              probabilmente sono più numerosi di un ordine di grandezza dei simpatizzanti, 
              e di due ordini di quanti partecipano attivamente alla vita politica. 
              Questa obbiezione non è certo condivisa da quelli secondo cui scopo 
              dell'azione politica non é vincere le elezioni, ma preservare la 
              propria identità e testimoniare le proprie convinzioni. Lo so, dato 
              che sovente mi è stato ricordato, anche con qualche ruvidezza, dai 
              giornali della sinistra. Qui importa notare come questa visione 
              dellattività politica sia particolarmente diffusa tra coloro 
              che sostengono il metodo delle primarie.  
            Non é efficiente: 
              perché manca di un sistema premi punizioni. Se la scelta é stata 
              sbagliata, chi ha votato alle primarie paga solo con la propria 
              delusione. Al contrario un politico che sbaglia la scelta paga, 
              o dovrebbe pagare, con la propria carriera. Egli ha dunque un incentivo 
              razionale e non solo emotivo a scegliere il candidato giusto. Il 
              sistema elettorale uninominale maggioritario potrebbe far pensare 
              ad analogie con le primarie americane. Ma l'analogia è fuorviante. 
              Quel che fa la differenza è che lì le primarie si applicano a un 
              sistema bipartitico. Dunque misurano l'influenza dei diversi covenant 
              di un medesimo partito all'interno di una stessa costituency. 
              in caso di sconfitta elettorale del candidato prescelto, scatta 
              in maniera inesorabile l'inevitabile diminutio - a livello 
              locale, e nel partito - del covenant che aveva indicato il 
              candidato. Da noi, con coalizione multipartitiche, le primarie inevitabilmente 
              misurerebbero invece l'influenza dei diversi partiti dell'alleanza. 
              E in caso di confitta è inevitabile che non scatti alcuna responsabilità, 
              potendosi attribuire l'esito alla molteplicità contraddittoria dei 
              comportamenti degli alleati.  
            Non é "democratico": 
              a dispetto dell'apparenza. La sovranità é nel popolo degli elettori, 
              non nel popolo delle primarie. Quello di poter scegliere da chi 
              essere governati é un diritto: se il candidato che esce dalle primarie 
              é diverso da quello che potrebbe avere il voto della maggioranza, 
              la conseguenza per lui é che verrà bocciato, ma per gli elettori 
              è di trovarsi privati del diritto ad essere governati da un candidato 
              a loro gradito.  
            E comprensibile 
              che le primarie possano acquisire grande importanza agli occhi di 
              chi oggi a sinistra intende innanzitutto scrivere "regole dello 
              stare insieme", per risolvere il travaglio dei conati cui assistiamo 
              da un anno e mezzo a questa parte. E legittimo chiedere che 
              la selezione del candidato sia fatta in modo efficiente e trasparente. 
              Le primarie solo in apparenza soddisfano queste esigenze. Vincere 
              le elezioni, con chiari meccanismi di responsabilità in caso di 
              sconfitta, è però tutt'altro paio di maniche.  
            Andrea Bitetto 
            novembre 2002  |