da: http://www.edicola.org/movdipartecipazione/articolo/art0084.htm
Ancora sulle primarie
Che la proposta delle primarie avesse ben altre intenzioni di quelle
pubblicamente sostenute ("far partecipare i cittadini alle
decisioni politiche") lo avevamo già "sospettato"
- "il bluff delle primarie", settembre 2004-.
In verità non era affatto necessario possedere le qualità
intellettive di un Pico della Mirandola per capirlo: era sufficiente
riflettere sul contenuto della proposta. Se poi questo non fosse
bastato poteva sopraggiungere, a conforto del sospetto, quella considerazione
molto usata a Genova e riassumibile nel detto "conosco i miei
polli".
Ciò che conto tuttavia, al di là delle facili previsioni,
sono i fatti e questi confermano, purtroppo, le interpretazioni
dietrologiche.
Diventa difficile sostenere ad un tempo il proposito di far partecipare
tutti ad una scelta, con la volontà di preordinarne l'esito.
Gli scienziati della politica hanno riempito interi scaffali di
biblioteca con opere nelle quali hanno reso edotti i lettori su
quali fossero le condizioni minime di una elezione democratica:
la prima e più elementare delle quali consiste appunto nella
presenza di candidature alternative. Se l'elezione non rispetta
questo requisito minimo - sono sempre gli scienziati della politica
a parlare - essa diventa un'altra cosa (la quale infatti ha un altro
nome: plebiscito).
Le "primarie alla Prodi" contengono in sé questa
ambiguità: vogliono essere un'elezione partecipativa e allo
stesso tempo sono un'acclamazione plebiscitaria. Il primo intento
è sbandierato, il secondo celato.
Ora è chiaro che i diversi soggetti coinvolti si comporteranno
diversamente a seconda che facciano riferimento al primo o al secondo
intento, cosiccome è possibile che uno stesso soggetto faccia
riferimento ad entrambi in momenti diversi in base alle proprie
convenienze contingenti.
Così può avvenire che chi interpreta le primarie come
un'elezione partecipativa - non importa se sulla base di un convincimento
democratico autentico oppure sulla base di considerazioni tattiche
particolari - si scontri con le reazioni di chi, invece, nella sostanza,
pur se in maniera recondita e non confessata, sia a favore di un
esito plebiscitario.
Soltanto tenendo presente questo doppio binario di ambiguità
si può capire perché un'eventuale candidatura di Bertinotti
susciti le compatte reazioni negative di coloro i quali sono più
entusiasti sostenitori delle primarie.
La proposta secondo la quale qualunque eventuale candidatura debba
essere appoggiata da almeno due o tre partiti, ponendo di fatto
ostacoli insormontabili a chiunque non sia Prodi, indica da quali
veri propositi siano animati i suoi estensori.
D'altra parte quando il disvelamento della doppia verità
conduce il pettine sui nodi, non ci si può che attendere
le reazioni scomposte di chi si è fatto trovare con "le
mani nel sacco".
Il "se ti candidi tu mi candido anch'io" rivolto da Fassino
a Bertinotti, assume un tono di minaccia solo se si intendano le
primarie come un evento plebiscitario, perché diversamente
nulla vi sarebbe di più naturale che il segretario del più
grande partito della coalizione si candidasse.
Il nervosismo del Segretario dei DS non è privo di ragioni;
lui che ha appoggiato la proposta adesso vede come un incubo un
Bertinotti candidato pescare a piene mani nel "correntone"
in via di disfacimento. Certo i DS avrebbero preferito un'elezione
che coinvolgesse i delegati dei partiti e dei movimenti, una consultazione
dei "grandi elettori" ma una soluzione incompatibile con
l'ipocrita intento sbandierato ai quattro venti.
E così la partita delle primarie si giocherà sul terreno
dei reciproci rapporti di forza, sul peso che ciascun candidato
riuscirà a conquistarsi a forza sulla bilancia degli equilibri
interni alla coalizione (ma anche su questo era facile profetizzare).
Nel frattempo, e nel completo silenzio dei loquaci protagonisti
della querelle appena descritta, i candidati continuano ad essere
designati dai ristretti vertici dei partiti (vedi elezioni politiche
suppletive, vedi candidatura di Piero Marrazzo).
Arturo Parisi sul "Corriere" del 16 ottobre, invita accoratamente
il centrodestra ad adottare le primarie "alla Prodi" per
le future scelte del loro leader. Avanzando questo suggerimento
egli è sicuro che un giorno il centrodestra gli sarà
grato quando la successione di Berlusconi diverrà per quello
schieramento un problema.
Naturalmente il collaboratore del "Professore" non ha
dovuto suggerire agli avversari di non utilizzare il metodo delle
primarie per la scelta di tutte le candidature, perché in
uno schieramento nel quale vige tutt'ora la prassi dell'investitura
dei "soldatini di piombo" da parte del "capo supremo"
sarebbe stato fiato sprecato.
Invece aver consigliato agli avversari di adottare lo stesso progetto
di elezioni primarie pensate per il centrosinistra, può essere
in futuro motivo di soddisfazione: stante l'assenza di qualsiasi
valenza partecipativa del progetto, chissà che il centrodestra
non finisca per adottarle veramente.
Un'ultima considerazione: la regione Toscana sta discutendo di un
progetto relativo ad elezioni primarie. Ci auguriamo di poterlo
commentare positivamente.
Paolo Bertolotti
movdipartecipazione@libero.it
ottobre 2004
03-11-2004 Paolo Bertolotti
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